Come spesso succede nei momenti drammatici della storia, la comicità fa capolino nei momenti più imprevisti. Il passaggio di consegne tra Donald Trump e Joe Biden è stato come è noto uno dei punti di crisi più profonda mai vissuti dagli Stati Uniti. La Beverly Hills del cinema e della musica, da sempre schierata con Joe Biden, ha organizzato uno scoppiettante ricevimento per il nuovo presidente chiamato innanzitutto al compito di far dimenticare gli atteggiamenti pubblici del suo predecessore. E come sempre, quando un regime cambia in maniera non del tutto pacifica, volano gli stracci e si distruggono i simboli. Io ho ancora negli occhi la statua di Lenin e quella di Saddam Hussein circondate da robuste corde e fatte crollare al suolo dove si sono rotte in mille pezzi. Quando questo non è avvenuto è perché vestigia evidenti del precedente regime non erano reperibili: ad esempio, nella Berlino del maggio 1945 non si vedeva una sola aquila del terzo Reich per il semplice motivo che i bombardamenti avevano distrutto l’intera città, come tre anni dopo ci mostra magistralmente Roberto Rossellini in Germania anno zero.
Non sono un politologo e non so dire se quello di Trump sia stato o no un regime. Però devo constatare che i sintomi della “fine di un’epoca” ci sono tutti. Compreso il più clamoroso di tutti, almeno ai miei occhi. La casa produttrice ha annunciato che sarà cancellato elettronicamente The Donald nella sua apparizione nella commedia Mamma ho riperso l’aereo, seguito del fortunato film con Macauley Culkin. Trump appare per qualche secondo ed è facile capire perché: la sequenza è stata girata all’interno della Trump Tower, evidentemente il suo proprietario ha preteso un cameo. Questo gesto pone molti interrogativi. Non quello della preservazione dell’integrità artistica del film, visto che The Donald appare per pochi secondi ed è facilmente asportabile. Ma quello sui valori morali forse si: si cancella Trump ma si lascia un ragazzino (il già citato Culkin) che è stato sfruttato senza pietà ed è finito alcoolizzato e tossicodipendente ben prima di compiere vent’anni?
Il cinema ha cercato spesso e in molti modi di adeguare i suoi prodotti ai tempi che erano cambiati. Lasciamo perdere i discorsi un po’ idioti sui negri che parlano all’infinito in Via col vento e che alcuni vorrebbero ridoppiati con un linguaggio politicamente corretto. Parliamo invece di un capolavoro del cinema mondiale come Casablanca. Chi vedesse il film con il doppiaggio italiano dell’immediato dopoguerra di stupirà vedendo che i cattivi tedeschi sono tutti biondi e ariani meno uno che è visibilmente con i tratti latini. Il mistero è presto svelato se sentiamo il film in originale: quel tipo con i tratti mediterranei è in realtà un italiano, ma nel clima del dopoguerra pensarono bene di far sparire ogni traccia del nostro affratellamento con i nazisti (peraltro, in un altro dialogo, il protagonista Humphrey Bogart dice di aver combattuto “per la libertà”, mentre in originale apprendiamo che ha combattuto in Etiopia contro i colonialisti italiani). Insomma, l’idea di cambiare i film perché la storia è cambiata ha origini lontane, molto lontane. Ci torneremo.
Steve Della Casa
Con questa prima Versione di Steve s’inaugura la collaborazione tra Steve Della Casa e L’Incontro. In questo spazio si parlerà di politica, società, di tutto quanto propone la contemporaneità tra lo sguardo stretto e acuto del suo autore e il campo lungo del cinema. Non si tratta, solo di critica cinematografica, quindi, ma di andare oltre la pellicola, sapendo che Steve è prima di tutto un intellettuale che vuole ragionare sul nostro tempo e, come nel dna della nostra testata, prendere una posizione per elaborare una discussione sul futuro. Benvenuto Steve.
La redazione de L’Incontro