Mancava circa un anno al colpo di stato dei colonnelli in Grecia quando, nel 1966, uscì il romanzo “Lo sbaglio” di Antonis Samarakis, uno scrittore non particolarmente prolifico che aveva esordito nel 1954 con un libro di racconti “Cercasi speranza”, al quale seguirono altri due libri di racconti e un romanzo “Segnale di pericolo”, nel 1959, per poi arrivare a “Lo sbaglio” che gli diede fama internazionale, tradotto com’è stato in più di trenta lingue, vincitore nel 1970 del Gran Prix de Littérature Policière, e con giudizi di grande stima da parte di scrittori come Graham Greene, Arthur Koestler e il nostro Ignazio Silone (“Nel suo genere considero Lo sbaglio un capolavoro”).

Nel 1971 il libro fu pubblicato anche in Italia da Mondadori, per la traduzione di Anna Cortese, ma dall’inglese, non dall’originale greco. Questa arriva soltanto ora, da una piccola casa editrice, Aiora, che ha sede ad Atene, ma pubblica in italiano libri di autori greci, classici e moderni. La traduzione è di Maurizio De Rosa, uno dei massimi traduttori dal greco, al quale dobbiamo la conoscenza di tanta letteratura moderna di quel paese, anche attraverso preziosissimi studi come “Bella come i greci 1880-2015: 135 anni di Letteratura Greca” (Universitalia, 2015) e “Voci dell’Agorà – Fotostoria della letteratura greca del Novecento” (Effigie, 2005).

Il colpo di stato dei colonnelli sicuramente contribuì alla fortuna del libro di Samarakis, perché la storia che racconta ne “Lo sbaglio” è molto immersa nell’atmosfera autoritaria che già si viveva in Grecia, da quando, finita la guerra civile con la sconfitta dell’Elas, l’esercito di liberazione guidato dal comunista Markos Vafeiadis, dopo aver sconfitto i nazisti che avevano occupato il Paese, voleva arrivare alla vittoria finale instaurando un regime socialista alla stregua di quello sovietico e dei paesi dell’Est. Per farlo non esitarono a opporsi con le armi alla logica di Yalta che assegnava la Grecia all’occidente atlantico. Una posizione che incontrò l’ostacolo delle grandi potenze, compresa l’Unione Sovietica che, a un certo momento, abbandonò all’isolamento i compagni greci, condannandoli non solo alla capitolazione e all’esilio (il Comitato Centrale del KKE, il partito comunista greco di ispirazione stalinista, si sarebbe trasferito a Bucarest, in Romania), ma anche alla messa al bando del loro partito, aprendo il lungo periodo dei cosiddetti “anni di pietra” che sarebbero poi precipitati in una dittatura vera e propria con il colpo di stato del colonnelli del 21 aprile 1967. Bisognerà attendere la loro caduta, nel 1974, con il ritorno da undici anni di esilio in Francia del vecchio liberale Kostantino Karamanlis affinché in Grecia venisse ristabilita la piena democrazia, compreso il riconoscimento del KKE, che d’allora, comunque, conobbe una serie di scissioni che hanno portato all’attuale frammentazione della sinistra greca.

“Lo sbaglio”, invece s’inquadra nel clima degli anni di pietra, prologo di quelli che sarebbero venuti dopo con i colonnelli e la cui storia offre uno spaccato della Grecia di allora, ma lancia anche alcuni segnali, per la logica che ispirava il potere, dei quali dovremmo tener conto anche oggi, in tempi in cui assistiamo da parte dei governi alla diffusione della paura – nel nostro caso del Covid 19 – per attuare provvedimenti dal sapore autoritario emanati, all’ombra di uno stato unilateralmente definito di emergenza, in assenza pressochè totale del Parlamento.

La paura, al tempo dei colonnelli in Grecia, era altra: il virus era rappresentato delle stesse libertà democratiche. Non dimentichiamo che le elezioni del 1963 videro democraticamente la vittoria del vecchio Ghiorgos Papandreou, liberale, che con il suo partito Unione di Centro formò nel 1964 un governo per poi, solo un anno più tardi, essere estromesso per contrasti con il re Costantino, a cui seguì un lungo periodo di confusione e disordini, che finirono con i soldati nelle strade e il famoso colpo di stato.

Nel romanzo accade che ai Servizi Speciali, come Samarakis chiamerà i servizi segreti di questo ipotetico Paese non nominato, ma che è la Grecia, arriva un messaggio anonimo, frutto di una delazione: “Domani pomeriggio, 16 c.m., alle ore 6.15-6,30 al Bar dello Sport, potrete trovare il responsabile di un’organizzazione contraria al Regime”. Al messaggio è allegata anche una foto dell’uomo. Ed ecco che due agenti vengono mandati ad appostarsi al Bar dello Sport dove la persona viene individuata. Certi che si trovasse lì per un incontro clandestino aspettano l’evento per coglierla in flagrante. Intanto questa, un uomo seduto al tavolino in attesa della sua amante, non fa altro che pensare a lei, ai suoi seni in particolare, uno un po’ più piccolo dell’altro, tanto da spingerlo a disegnarli facendo sul tovagliolo di carta due cerchi diversi per misura con un puntino al centro da rappresentare i capezzoli. È in quel frangente che un altro uomo, uscendo dalla toilette prossima al tavolino dove siede l’uomo, inavvertitamente gli pesta un piede che sporgeva dal tavolino. Tra loro c’è un breve dialogo, con la protesta dell’uomo per essere stato pestato al piede destro dove aveva proprio un callo, ma l’altro non può fare altro che scusarsi e andarsene. Tutto ciò, per quanto casuale, viene interpretato dalla polizia politica come un segnale in codice tra i due, in realtà sconosciuti, e così, senza perdere tempo, uno dei poliziotti segue il pestatore di callo, che morirà poco dopo, mentre l’altro si avvicina all’uomo al tavolino. Qualificatosi come agente dei Servizi Speciali, gli ordina di seguirlo.

Inutilmente l’uomo chiede i motivi: la risposta è una sola, deve seguirlo in sede per essere interrogato. L’uomo pensa all’amante che non lo troverà al bar, né può avvertirla, ma è fiducioso che, non avendo commesso assolutamente nulla, tutto si risolverà molto presto. Invece, comincia da quel momento “un incubo kafkiano”, come commenterà Arthur Koestler il libro che, da una parte, denuncerà l’arbitrarietà dell’azione, fondata su una denuncia che probabilmente era stata dettata da gelosia o invidia per la relazione clandestina dell’uomo o solo per mero moralismo, e dall’altra porterà alla luce la logica che ispira parti dello Stato.

Leggiamo nel romanzo di Samarakis: “Ai Servizi Speciali tutto e top secret. Negli archivi conservati nel caveau, tutte le informazioni riguardanti chiunque sia sospettato di agire e cospirare o nutrire sentimenti e stati d’animo contrari alle linee-guida del Regime sono top secret. Ma top secret è anche tutto ciò che accade tra i muri, nei corridoi, sulle scale, negli ascensori, nel cortile interno, sul tetto, davanti alle finestre, sui balconi e nella toilette. Per esempio, nello sciacquone di una toilette è molto probabile che siano stati collocati microfoni altamente sensibili – qui nei Servizi Speciali soltanto ai dispositivi elettronici è richiesto di essere sensibili – in grado di captare qualsiasi rumore, da quelli consueti in una toilette fino agli eventuali monologhi o dialoghi degli utenti”.

La cosa divertente, quanto assurda, è che il piano per far parlare l’arrestato era stato architettato in modo da prevedere un lungo viaggio verso la capitale in macchina, la finta rottura di questa, una notte in albergo e poi al mattino su un traghetto che appositamente perderanno, tutto artificiosamente allungato per dare modo agli agenti che accompagnano il prigioniero di diventargli amici e sodali, in modo da ammorbidire le sue difese e spingerlo così alla confessione. Ma il piano stesso provocherà un esito del tutto diverso, che lasciamo alla sorpresa del lettore, non senza riportare alcune chicche, tipo quella del dirigente che, interrogando il sospettato gli chiede che significano i due cerchi con il puntino al centro che aveva lasciato sul tavolino del bar,  ma la reticenza dell’uomo che si rifiuta di rispondere perché si vergogna di dirgli che rappresentano i seni della sua amante, diventa subito sospetta. Un’altra significativa assurdità è la richiesta all’arrestato, sempre durante l’interrogatorio, di togliersi scarpe e calzini perché, sempre il dirigente, voleva assicurarsi che quello della pestata al piede e relativo dialogo non fosse un messaggio in codice tra i due. Naturalmente l’uomo aveva il callo sul piede destro e nulla da confessare.

Il povero malcapitato si limita a difendersi, ripetendo di essere un pacifico cittadino, al che il dirigente gli ribatte: “Questo lo abbiamo capito. Solo che non dimostra niente. E soprattutto non dimostra che lei è innocente. Per i Servizi Speciali le persone si suddividono in due categorie: i sostenitori del Regime e quanti al Regime si oppongono. Per essere considerati oppositori del Regime non occorre agire contro di esso. È sufficiente non esserne sostenitori”.

Un percorso, questo, che sembra impossibile da percorrere, ma lo è finché le circostanze e una certa perdita di senso critico nei confronti dei piccoli sfregi che giorno dopo giorno finiscono per incidere sui valori costituzionali, non facciano correre il rischio di renderlo reale.

Diego Zandel

Antonis Samarakis, Lo sbaglio, Aiora (Atene), traduzione di Maurizio De Rosa, pag. 247

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