75 anni fa, proprio in questi giorni (il 6 agosto 1945 a Hiroshima e il 9 a Nagasaki) esplose la prima bomba atomica che ci evitò altre guerre totali.
Il paradosso della bomba più devastante di sempre è che ci salvò da altre catastrofi belliche
È stato tale il trauma di quella notizia, di quei filmati sulle popolazioni giapponesi devastate da ustioni gravissime e da invalidità mai viste prime, di quella devastante contabilità dei morti uccisi nelle prime ore dallo scoppio ma poi, anche, nel primo mese successivo e, ancora, negli anni a venire, che quella bomba rappresentò quasi un vaccino contro la guerra.
L’inno ad una pace mondiale permanente!
Fu un evento tragico che mise l’umanità intera di fronte alla concreta dimostrazione che un’altra guerra totale, come quella conclusasi proprio in quell’estate del ’45 (il Giappone si arrese a seguito di quella catastrofe, il 2 settembre e la firma della fine del conflitto fu immortalata per sempre da quella fotografia dei dignitari dell’Imperatore, in perfetto tight, a bordo della ammiraglia della flotta americana, di fronte ad un trionfante generale Douglas MacArthur, con la sua immancabile pipa tra le labbra) sarebbe stata fatale “per tutti”, vincitori e vinti.
Proprio da quel 9 agosto 1945, iniziò un’altra storia: una lunga e mai vissuta prima dall’umanità, pace mondiale, scandita “soltanto” da conflitti locali, tragici, per la verità, ma mai tali da distruggere la vita di tanti esseri umani come aveva fatto la bomba atomica.
Iniziò la fase dell’equilibrio del terrore, della deterrenza reciproca, della guerra fredda, della lucidità delle classi dirigenti delle nazioni in possesso della bomba, di non pigiare mai il bottone rosso.
Di minacciarne l’uso ma di non dare mai concretezza a tale spaventosa minaccia.
Soltanto nell’ottobre del 1962 il mondo rischiò davvero l’utilizzo della bomba atomica: la crisi dei missili cubani portò ad un braccio di ferro a Kruscev e Kennedy che rischiò davvero di arrivare al “bis” della tragedia giapponese.
Poi, grazie alla mediazione virtuosa e silenziosa di Papa Giovanni e della diplomazia vaticana (e questo è un episodio poco conosciuto della recente storia mondiale che meriterebbe di essere divulgato) le due grandi potenze, proprio sull’orlo del burrone, si fermarono, fecero un passo indietro e la bomba rimase nei depositi.
Da allora, da quel trauma cicatrizzato con difficoltà soprattutto a Mosca, le due nazioni protagoniste della guerra fredda iniziarono una lunga, complessa ma virtuosa negoziazione per “gestire” in modo pacifico il reciproco armamento atomico.
Da una parte col Trattato sul bando degli esperimenti nucleari (CTBT del 1963) e sulla non proliferazione delle armi atomiche (NPT del 1970), dall’altra parte, siglando tutta una serie di accordi minori che prima limitavano e poi riducevano la corsa ad armi atomiche sempre più numerose e potenti.
La filosofia della politica estera di quegli anni a Washington e a Mosca, soprattutto, era quella di dare una solida base di “stabilità strategica” al non uso dell’arma nucleare, come ha scritto recentemente su La Stampa Stefano Stefanini.
Adesso, esattamente tra 6 mesi, il 4 febbraio 2021, scade l’ultimo sopravvissuto di quella stagione dei trattati: il New Start del 2010 che fissa una reciproca soglia di 1550 testate nucleari strategiche per gli Stati Uniti e per la Russia: una autolimitazione che ha indubbiamente avuto il merito di limitare la corsa alle nuove armi.
Non c’è molta attenzione sul punto: il mondo è distratto, terrorizzato dal Covid-19, con la testa altrove concentrata sui disastri delle economie causate dall’emergenza sanitaria.
La scadenza del prossimo febbraio 2021 rischia di essere sottostimata e ciò costituirebbe un errore che potrebbe rivelarsi fatale per tutti noi.
Quali scenari si aprono di fronte a questa inquietante scadenza politica e giuridica?
Come detto, il contesto internazionale non spinge all’ottimismo.
Mai, nel recente passato, USA e Cina hanno registrato un livello così basso delle loro relazioni politiche e commerciali. Stesso discorso vale per India e Pakistan.
Accanto ai tre grandi, sono nate realtà nazionalistiche più piccole ma con ambizioni imperiali come la Turchia e l’Iran.
La Corea del Nord, in possesso della bomba, rappresenta una variabile impazzita del sistema: forse guidata da Pechino, forse da Mosca.
Forse anche … da nessuno però!
Il trattato New Start deve essere assolutamente rinnovato: forse rivisto, allargato ad altri paesi, riconoscendo alla Cina un ruolo importante e paritetico. Ma deve essere evitata l’opzione di una sua estinzione.
Proprio in questi giorni è stato sottoscritto un appello da una cinquantina di personalità politiche, militari, accademiche e diplomatiche, americane, russe ed europee che mira proprio a sollecitare Mosca, Berlino, Londra, Pechino e Washington a inserire al primo posto dell’agenda dei prossimi summit internazionali, il tema del rinnovo del Trattato New Start.
L’appello è pubblicato su internet a questo indirizzo e ve ne consiglio fortemente la lettura.
L’Incontro, proprio nel solco della sua tradizione pacifista voluta dal fondatore Bruno Segre, vuol fare la sua parte in questa battaglia per la pace mondiale.
Riccardo Rossotto
Nella foto: Atto di resa del Giappone sulla Corazzata Missouri, 2 settembre 1945