Mi sono sentito a casa.
Avendo vissuto, negli ultimi anni da testimone, la vita di questa testata indipendente, fondata oltre settant’anni fa dal centenario Bruno Segre, la lettura dell’opera collettiva “Rimediare, Ri-Mediare” (Franco Angeli, 2020), mi ha fatto sentire una forte condivisione di valori di riferimento e di visioni prospettiche.
Ho respirato l’aria stimolante di una comunità di autori, provenienti da diversi percorsi culturali e professionali, ma uniti da alcuni valori condivisi: la curiosità verso la vita e verso il mondo che ci circonda.
L’attenzione sulle distorsioni del modello di coesistenza che abbiamo scelto negli anni e che si sta dimostrando fallimentare; la preoccupazione, i dubbi e le angosce per il futuro che ci aspetta, coniugate però con un realismo proattivo che, isolando il pessimismo o l’ottimismo, si concentra su un pragmatismo positivo.
Insomma, ho ritrovato nell’opera coordinata e promossa da Francesco De Biase un sentire che appartiene alla storia e ai valori di riferimento de L’Incontro che, già nel contenuto lessicale della sua denominazione, esplicita la sua filosofia e la sua scelta di campo: l’inclusione e non l’esclusione.
La costruzione di ponti e non di muri.
La partecipazione, anche ricca di confronti appassionati e ruvidi, sempre ispirata però alla capacità di ascolto delle opinioni altrui, senza eccessi di autoreferenzialità o di narcisismo e snobismo intellettuali.
Devo dire che negli ultimi due anni, su questa rivista, abbiamo cercato di capire e approfondire molte delle tematiche sviluppate nel volume curato da Francesco De Biase.
Sempre con lo strumento del dubbio virtuoso, quello che conduce alla continua ricerca, mai sazia, dei “perché della vita”; non quello che porta a derive di indecisione o autoavviluppamento.
Ho trovato nel testo importanti e dovuti approfondimenti dei temi collegati all’importanza della competenza in un mondo sempre più complesso (parte 1: Saperi).
Riflessioni, preoccupazioni, opportunità e sogni derivanti da un’analisi lucida della rivoluzione digitale e della delicatezza della comunicazione nella Rete (parte 2: Tecnologie e Comunicazione).
Una stimolante analisi del come bisognerebbe valorizzare meglio e senza snobismi o velleitarismi il nostro patrimonio culturale, apparentemente unico ma sostanzialmente “dimenticato” e non valorizzato (parte 3: Culture).
Finalmente una meditazione accurata, visionaria, e stimolante sul ruolo e sull’importanza del concetto di comunità.
Recuperando il lessico caro ad Adriano Olivetti, il capitolo IV del libro si occupa proprio dell’importanza del concetto aggregativo e inclusivo della comunità. In un mondo che diventa sempre più un villaggio globale omologato, torna prepotentemente al centro dei pensieri degli esseri umani visionari l’importanza delle comunità di luogo, di cultura, di solidarietà. La tragica esperienza del Covid-19 ci dimostra quanto dovremo tornare su questo argomento per valorizzarlo nei termini di una coesione pacifica più virtuosa di quella attuale (parte 4: Comunità).
Una sezione del libro si occupa del concetto di partecipazione, dei rapporti esistenti o inesistenti tra gli esperti e i cittadini desiderosi di essere informati.
Particolarmente attuale ed interessante è il saggio sulle luci ed ombre della partecipazione (parte 5: Esperti e Partecipazione).
Infine, il libro si chiude con una amara fotografia del “presentismo”. Quest’ansia di immediatezza, di presunta efficienza che la rivoluzione digitale ci obbliga a vivere male, con angosce e frustrazioni (parte 6: Persone).
Insomma, il libro curato da De Biase, ci invita a non seguire quel concetto sintetico ma a mio parere devastante “There is no alternative”: non è vero, non ci serve pensarla così, dobbiamo reagire ponendoci, come fanno gli autori di questo saggio, temi collegati proprio al “come uscire dall’attuale malessere”, dal disagio di vivere una società che ha costruito un modello economico intessuto sulle disuguaglianze e su varie forme di razzismo.
Rilevo un tema “assente”: i Beni Comuni come strumento per una rivisitazione sia giuridica sia economica sia sociale della partnership pubblico-privata.
Una rivalutazione di un istituto che potrebbe rappresentare un grimaldello per trovare nuove forme di coesistenza pacifica e virtuosa tra i cittadini delle nostre comunità. “Rimediare, Ri-Mediare” rappresenta a mio avviso un prezioso manuale per attrezzarci al non abdicare alla filosofia del “There is no alternative”.
Dobbiamo ricordarci che siamo i protagonisti del nostro futuro, che non dobbiamo subirlo ma programmarlo e gestirlo in modo virtuoso.
Non subendo passivamente la rivoluzione tecnologica in atto ma affrontandola, rimettendo al centro il pensiero degli esseri umani e utilizzandola come uno strumento di miglioramento della qualità delle nostre vite e della nostra convivenza con i nostri simili.
Ho trovato, infine, suggestiva ed emozionante la metafora del trekking.
Gli autori ci dicono “Non sappiamo se sceglierai di percorrerlo tutto di un fiato seguendo il tragitto da cima a fondo, oppure se opterai per gite mirate nei luoghi – i contributi – per te più interessanti o adatti alle tue esigenze. L’auspicio di tutti noi che abbiamo lavorato al testo è che tu possa trovare in questo viaggio punti di vista nuovi, diversi, comunque interessanti che ti permettano di tornare alla tua casa vedendola e vivendola con maggior consapevolezza.
Buona passeggiata”.
Non possiamo sottrarci a questa suggestione: abbiamo soltanto il rischio di arricchirci di preziosi strumenti per vivere meglio questa difficile fase della storia dell’umanità.
Riccardo Rossotto