Il terzo incomodo che rischia di rovinare l’epica di un evento.

Sto per raccontarvi un episodio che integra una pagina della storia del ciclismo sintetizzata da una fotografia divenuta l’icona di questo sport.

68 anni fa, il 6 luglio 1952, si corre la sesta tappa del Tour de France, Bourg d’Oisans – Sestriere.

Una delle classiche tappe di montagna, sulle nostre Alpi, con “sconfinamento” in Italia, a Sestriere.

Questa tappa, di per sé, non sarebbe passata alla storia anche se il vincitore fu Fausto Coppi che arrivò poi Maglia Gialla a Parigi, quell’anno.

Sarebbe diventata una delle tante puntate della più famosa corsa a tappe del ciclismo mondiale, una puntata dell’epica narrazione del Tour de France densa di gesti sportivi eroici, di episodi passati alla storia grande e piccola della corsa francese, di miserie e di tragedie della fatica e forse anche purtroppo, della chimica.

Invece, in quella faticosissima tappa di montagna, nel luglio di sessantotto anni fa, nacque probabilmente la prima grande operazione di marketing sportivo internazionale.

L’icona di cui sto parlando è una fotografia che comparve, per la prima volta, sul numero 28 della rivista illustrata “Ciclismo illustrato”.

L’immagine è potente, indimenticabile.

I protagonisti sono due: i grandi rivali che, in quegli anni di ricostruzione fisica e morale del nostro Paese, si dividono la passione degli italiani.

Non solo degli appassionati di ciclismo, ma di tutti gli italiani che si stanno, in quegli anni, riappropriando con orgoglio della propria identità nel mondo.

Parliamo, ovviamente, di Fausto Coppi e di Gino Bartali (chissà perché li sto citando in questo ordine? Forse anche io sono schierato, senza volerlo, nel permanente e mai sopito derby tra sostenitori di Fausto e di Gino?).

Nella foto, sono immortalati di fianco, mentre pedalano sulle pendici di una cima rocciosa e assolata, il Col du Telegraphe.

Hanno un’espressione affaticata, i lineamenti tesi.

Gli esperti ci dicono che siamo probabilmente nel momento clou della tappa.

Stringono i denti: si vede e si sente che hanno staccato tutti e sono rimasti soli, là davanti a contendersi la vittoria finale.

Due uomini soli al comando” avrebbe gridato nel microfono il famoso radio cronista Mario Ferretti, padre di Claudio, figlio d’arte e voce indimenticabile di “Tutto il calcio minuto per minuto”, scomparso di recente.

Il gesto che passò alla “Storia” è immortalato in primo piano, nello scatto del fortunato e per lungo tempo anonimo fotoreporter.

Attenti alla scelta delle parole: la borraccia, con la tanto desiderata acqua per lenire lo sforzo, calmare la sete e resistere alla tremenda calura di quella scalata, in piena estate, su una vetta da 2000 metri sulle Alpi italo-francesi, la borraccia, dicevo, “passa dalle mani di uno dei due campioni a quelle dell’altro”.

Chi-ha-passato-a-chi?” è rimasto sempre misterioso.

Ha scatenato dibattiti, polemiche, interpretazioni varie.

A tutt’oggi rimane un “non detto”!

Il più bel gesto di uno sport, l’aiutare il rivale, il concorrente, in un momento di difficoltà. L’epica della solidarietà e dell’amicizia nonostante la concorrenza, non è mai riuscita però ad attribuire i ruoli esatti dei protagonisti di quel gesto.

Di chi era la borraccia, chi-ha-fatto-il-bel-gesto-a-chi?

Forse una delle ragioni del mito di quello “scatto” risiede proprio in questo mistero.

L’incertezza ha permesso ogni interpretazione, ogni sogno, ogni immaginazione, ogni ricostruzione.

Bartali negli anni ’90 raccontò che quella foto era più grande e che in quel momento della corsa lui e Coppi non erano soli.

A quelle parole però non fece mai seguito alcun documento fotografico.

Bartali negli anni successivi, alla domanda dei giornalisti che chiedevano chi avesse passato la borraccia a chi, soleva rispondere con quella sua espressione indimenticabile da toscanaccio verace: “Tu per chi facevi il tifo?” e se l’interlocutore rispondeva Coppi, lui replicava pronto “E allora la borraccia me l’ha passata Fausto!”.

La fotografia è diventata quasi un gioco, una storia da tramandare, un esempio di campioni dal cuore d’oro e generoso.

Un affascinante ed incerto affresco di una rivalità che ha fatto la storia del ciclismo italiano e non solo italiano.

A rompere l’incantesimo durato 68 anni, ci ha pensato uno storico del ciclismo, Carlo Delfino, che ha trovato nell’archivio di Marino Vigna (ciclista, medaglia d’oro di inseguimento a squadre alle Olimpiadi di Roma, nel 1960) la foto originale, scattata, pare, da Carlo Martini dell’agenzia Olympia di Milano.

Ad Albissola, vicino a Savona, domenica 5 luglio 2020, proprio alla vigilia dell’anniversario dei 68 anni da quel mitico evento, si sono incontrati, come ha raccontato Valerio Arricchiello sulle colonne del Secolo XIX, Vigna e Delfino, svelando una parte del mistero dell’episodio della borraccia.

Coppi e Bartali (allora replico? Quindi sono un “coppiano” convinto?) non erano soli quel giorno, sulle pendici del Col du Telegraphe: la foto era stata tagliata!

Si voleva rappresentare i due eroi da soli, in un momento magico ed estremo dell’epica della solidarietà.

Così il “terzo incomodo” per 68 anni fu oscurato.

Solo oggi può riacquistare il suo giusto ruolo di co-protagonista, non certo di quel gesto di generosità che, forse, neppure vide, stravolto com’era dalla fatica, ma di quella sua presenza, quel giorno, in quel momento, durante quell’episodio che sarebbe diventato l’emblema di un certo modo di interpretare virtuosamente i valori migliori e più alti dello sport e della solidarietà tra esseri umani.

D’altronde chi ha mai sentito parlare del ciclista belga Stan Ockers?

Gli esperti lo ricordano come il campione del mondo del 1955 a Frascati e come il vincitore nello stesso anno della Liegi-Bastone-Liegi.

Un ciclista dunque con un rispettabilissimo albo d’oro.

Ockers, in quella foto, “non tagliata”, appare, rispetto ai due campioni che gli stanno di fianco, minuto, ingobbito sulla bicicletta; lo sguardo fisso sulla salita davanti a sé, stremato dalla fatica e troppo concentrato per accorgersi che alla sua destra si stava compiendo un gesto destinato alla Storia del ciclismo.

Ockers morì quattro anni dopo, nel 1956, portandosi dietro e dentro il mistero della foto tagliata e, forse, l’amarezza di essere stato eliminato da un’immagine divenuta storica e di cui anche lui era stato protagonista e testimone, tra l’altro giungendo secondo al traguardo di Sestriere, unico ad aver resistito ai continui strappi del vincitore, Fausto Coppi.

L’epica ha le sue ragioni e regole, anche spietate.

La memoria collettiva doveva, nella grande operazione di marketing costruita su quel potentissimo gesto del passaggio della borraccia tra i due miti del ciclismo, Coppi e Bartali, concentrarsi solo su di loro.

Non distrarsi su un comprimario che avrebbe potuto legittimamente sostenere “c’ero anch’io”.

La foto originaria, quella “allargata” del dott. Carlo Delfino, medico di Varazze e storico del grande ciclismo, fu pubblicata per la prima volta dallo stesso Delfino sul sito Tuttobiciweb.it.

Oggi quella foto ci permette di completare il quadro reale di quella scena.

Non risolve il mistero del “chi-passò-a-chi” la borraccia, ma ridà dignità al terzo protagonista “escluso” di quel momento.

Vedremo se la verità storica cambierà, contaminandola, il mito della foto della borraccia.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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