Dalla Germania arriva l’avvertimento di Peter Huber, il giudice che ha redatto la sentenza della Corte costituzionale tedesca sulla Bce e il Quantitative easing, che in un’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung allerta sui rischi di un’eventuale procedura d’infrazione della Commissione europea nei confronti della Germania. Una mossa che secondo il giudice Huber innescherebbe una “significativa escalation, portando potenzialmente la Germania e altri Stati membri in un conflitto costituzionale che sarebbe molto difficile da risolvere”. Nel lungo termine, una simile iniziativa “indebolirebbe o addirittura metterebbe in pericolo l’Unione europea”.
Nella sua intervista, come riporta il Financial Times, il giudice Huber ha affermato che la questione stava maturando da anni e che negli ultimi 50 “quasi tutte le Corti costituzionali o supreme nazionali hanno contestato” l’affermazione della Corte di giustizia europea sul primato del diritto europeo rispetto a quello nazionale. Il giudice costituzionale tedesco sostiene che, sino a che non esiste uno Stato europeo, ogni Stato membro dell’Ue deve rispettare la propria legge costituzionale.
E lo stato del diritto nell’Ue, scoppiato con la sentenza della Corte costituzionale tedesca, i cui effetti di contrapposizione al Corte di giustizia europea potrebbero rapidamente estendersi ad altri paesi, a cominciare dalla Polonia, è uno dei tre elementi di crisi dell’Unione evidenziati dall’Economist. Gli altri due fattori sono la quantità di sussidi tedeschi alle proprie imprese – 1.000 miliardi su 1.900 autorizzati dalla Commissione europea, che determineranno nuovi squilibri tra le economie dei vari paesi – e i rischi che corre la moneta unica nel momento in cui, a causa del blocco delle attività per il coronavirus, l’indebitamento di diversi paesi, a cominciare dall’Italia, rischia di salire a livelli insostenibili.
Secondo il settimanale britannico, “la pandemia in Europa non è solo una crisi economica, come altrove nel mondo, ma sta rapidamente diventando anche una crisi politica e costituzionale. Ciò sarebbe risolvibile in linea di principio, ma i membri dell’Ue non possono concordare su ciò che è necessario per rendere la loro unione più resiliente, né su come attuare le riforme”. “Una tragica occasione mancata”, nel momento in cui Usa e Cina sono in contrasto.
Per uscire da questa crisi, secondo l’Economist, servirebbe una revisione dei Trattati, come avvenuto ripetutamente in passato, sin dai tempi di Schuman, ma “anche il meccanismo di riforma si è rotto” e la modifica dei Trattati è diventata un tabù. “Se i membri traballanti dell’Europa non ottengono aiuto, l’euro e il mercato unico potrebbero alla fine implodere. I leader europei che stanno attualmente negoziando in videoconferenza devono quindi essere audaci”. Secondo il settimanale, sebbene difficili, sarebbero necessari “trasferimenti più consistenti e una significativa mutualizzazione del debito”. Una sorta di “acconto per evitare la catastrofe e per impostare l’Ue sulla strada della stabilità”.
E sull’altra sponda dell’Atlantico, la Federal Reserve statunitense ha stimato che circa il 40% delle famiglie con un reddito inferiore ai 40.000 dollari comprende almeno un membro della famiglia che ha perso il lavoro da febbraio. E sul New York Times, in un commento intitolato “Come creare una depressione pandemica”, il Nobel per l’Economia Paul Krugman mette in guardia sui rischi della fretta di Trump e dei Repubblicani di riaprire le attività economiche.
In pochi mesi di coronavirus, la disoccupazione negli Sati Uniti è salita ufficialmente al 14,7% ma lo stesso Ufficio delle Statistiche del Lavoro dice che in realtà potrebbe essere di almeno cinque punti superiore. Questo, scrive Krugman, significa che “l’America ha già un livello di disoccupazione da Grande Depressione. Ma questa non è la stessa cosa che dire che siamo in una depressione. Non sapremo se sarà così finché non vedremo se una disoccupazione estremamente elevata durerà a lungo, ad esempio un anno o più”.
“Sfortunatamente, l’Amministrazione Trump ed i suoi alleati stanno facendo tutto il possibile per rendere più probabile una depressione su vasta scala”, afferma Krugman, che richiama la necessità non solo di appiattire la curva dei contagi, ma di schiacciarla. “Ma si deve mantenere ferma la rotta. E questo è quello che Trump e compagnia non vogliono fare.
Per un certo periodo è sembrato che l’Amministrazione Trump fosse intenzionata, finalmente, a prendere sul serio il Covid-19. A metà marzo la Amministrazione ha deliberato le linee guida sul distanziamento sociale, per quanto in realtà senza imporre alcun regolamento federale.
Ma recentemente tutto quello che ascoltiamo dalla Casa Bianca è che abbiamo bisogno di riaprire l’economia, anche se non siamo neanche lontanamente al punto in cui dovremmo essere per farlo senza rischiare una seconda ondata dell’infezione.
Nello stesso tempo, l’Amministrazione e i suoi alleati sono in apparenza fermamente contrari a fornire l’aiuto finanziario che ci consentirebbe di sostenere il distanziamento sociale senza gravi difficoltà finanziarie.”
Krugman parla di una “fuga dalla responsabilità”, che “non soltanto comporterà migliaia di vittime. Essa potrebbe anche trasformare la recessione del Covid in una depressione”, perché di fronte ad una nuova ondata di contagi la gente si chiuderà in casa, con il risultato che “il periodo della disoccupazione a due cifre, che poteva durare solo pochi mesi, andrà ancora avanti”, trasformando “una grave ma temporanea recessione in una depressione in piena regola”.
Beniamino Bonardi