C’è una bolla che si annida nel mondo della finanza internazionale e di cui nessuno vuole parlare.

Meglio lasciarla magari ingrandire ma sempre occultarla in un angolo senza affrontarla “nelle stanze dei bottoni” dei banchieri e degli economisti mondiali.

Provo a spiegarvela introducendovi nelle ragnatele di un mondo ovattato che determina le politiche dei governi, l’economia internazionale … poi, anche, le nostre vite private. Le nostre famiglie, i nostri conti di fine mese. Le nostre ansie, le nostre paure, le nostre rabbie che poi trovano sfogo nelle proteste di piazza, nell’assenteismo elettorale oppure nel voto contro le élite/caste che ci governano e che hanno la responsabilità di un modello di coesione sociale che sta andando in pezzi in tutto il mondo. Tutto ciò avviene a prescindere dal tipo di regime, dal colore politico della maggioranza al governo, da chi sta al potere. Le piazze di Santiago, di Beirut e di Baghdad ce lo ricordano drammaticamente tutti i giorni.

Torniamo alla “bolla” volutamente nascosta finora sotto i tappeti.

Siamo soliti leggere sui media da qualche anno notizie di questo genere “La banca X, nei giorni scorsi, ha finalizzato l’acquisto di un portafoglio di mutui ipotecari in bonis, per un valore nominale di circa 900 milioni di euro dalla filiale italiana della banca Y. I mutui, prevalentemente destinati all’acquisto di prima casa, sono stati erogati a clientela italiana”.

Succede in tutto il mondo. Anche e soprattutto per i crediti deteriorati. Quelli a rischio di insolvenza. Quelli che le banche, ormai obbligate a fare pulizia nei propri bilanci, cercano di fare fuori in fretta, anche a valori di saldo.

L’importante è pulire il magazzino crediti. Togliersi di dosso degli attivi apparenti (proprio quei crediti lì, verso la clientela) per dimostrare la solidità reale del proprio patrimonio.

Ebbene, se pensiamo che queste centinaia di milioni di crediti più o meno deteriorati, che passano di mano anche numerose volte nel giro di un anno, non ci riguardino, ci sbagliamo di grosso.

Viviamo anche noi in una bolla virtuale di disinformazione che non tiene conto della realtà.

Dietro quelle transazioni milionarie, realizzate dalla grandi istituzioni finanziarie di tutto il mondo, ci siamo noi. Noi cittadini, normalmente titolari di un contratto di mutuo ipotecario con il quale ci siamo comprati la prima casa o l’abbiamo, vista la crisi, comprata ai nostri figli o nipoti, in occasione del loro matrimonio.

Siamo noi i debitori di quelle rate che ogni mese costituiscono i piani di rientro del debito contratto per comprarci la casa in cui viviamo o dove vive un pezzo della nostra famiglia.

La crisi del 2008 ha morso drammaticamente le carni dell’economia mondiale.

Ha inciso profondamente sui livelli dei nostri risparmi, erodendoli in misura rilevante.

Il welfare famigliare, quello che sta sostituendo il welfare pubblico ormai in fase di vistoso arretramento, si alimenta con i risparmi di una vita: quelli che ci permettono di far sopravvivere dignitosamente il nucleo dei nostri affetti più cari.

Le prime avvisaglie di una crisi economica di sistema arrivano proprio dalla morosità/insolvenze dei mutui ipotecari.

Quando il debitore non rispetta le scadenze rischiando la perdita della prima casa, quella dove abita, la situazione diventa delicata, a rischio di irreversibilità.

La tragedia dei subprime americani (“figli” della finanziarizzazione dei mutui sulle prime case delle classi meno agiate e più fragili ai venti della crisi) avrebbe dovuto insegnarci qualcosa.

Invece pare proprio di no!

La gravità della situazione attuale risiede in questa amara e disperata constatazione: mentre la gestione della morosità con la propria banca era relativamente possibile (il direttore della filiale aveva uno stretto rapporto personale con il debitore, gli dava una mano, chiudeva un occhio sulle rate saltate: gestiva con lucida attenzione umana i casi difficili) oggi il “film” cambia drasticamente.

L’acquirente dei cosiddetti NPL (Non Performance Loan: i mutui con debitori insolventi) è, di solito, un ente finanziario speculativo.

La sua mission è comprare crediti deteriorati ad un prezzo più basso del nominale, lucrando sulla differenza tra quanto ha pagato e quanto riuscirà ad incassare (i) rivendendo a terzi il credito oppure (ii) cercando il recupero forzoso nei confronti del debitore originario, con la escussione dell’ipoteca sull’immobile dato in garanzia.

Dunque questo ente non ha nessuna relazione diretta con il debitore né vuole averla.

Il tempo è la variabile del suo affare. Meno ci metterà a smobilizzare il suo credito acquistato a valori molto bassi più ci guadagnerà.

Quindi nessuna pietà, nessuna disponibilità a cercare soluzioni stragiudiziali.

Quali le conseguenze di questo cambiamento delle relazioni tra il creditore e il debitore?

Sicuramente un aumento delle procedure esecutive contro i debitori insolventi o morosi.

Molti saranno escussi, molti rischieranno di perdere la casa: il loro bene primario per la sopravvivenza.

Di qui uno scenario di ulteriore malessere, di feroci proteste, di grande disagio sociale in tutto il paese.

In un contesto economico in cui si perde il lavoro ed è difficilissimo trovarne un altro, con la conseguente mancanza di ricavi per il sostentamento e la continua erosione dei risparmi, la perdita della casa potrebbe costituire la goccia che fa traboccare il vaso.

Le piazze si riempirebbero di gente che non ha più nulla da perdere e che protesterà violentemente contro una situazione ormai ingestibile.

Di qui il rischio che la coesione pacifica, finora in qualche modo gestita, possa rompersi e deflagrare in scontri e tumulti.

Una volta lo Stato avrebbe potuto avere un potere di moral suasion nei confronti degli istituti di credito italiani in qualche modo coinvolti nel tentativo di evitare il peggio.

Oggi i cessionari degli NPL sono nella maggior parte dei casi enti finanziari o bancari stranieri nei confronti dei quali è quindi difficile immaginare una moral suasion efficace da parte del nostro Governo.

La bolla ha numeri sottostanti enormi. Incredibili e ingestibili.

Di qui il silenzio omertoso e il “far finta di niente”.

Il non parlarne però non serve: lascia soltanto “sotto il tappeto” un problema che a breve esploderà.

E a quel punto il rischio di uno shock violento e improvviso senza rete di protezione, potrebbe avere effetti imprevedibili.

La politica dovrebbe porsi questo tema oggi incominciando a studiare i rimedi ad una situazione estremamente delicata.

La finanza internazionale e nazionale dovrebbe a sua volta offrire soluzioni non traumatiche.

Noi dovremo preparaci comunque al peggio.

Riccardo Rossotto

 

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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