Nel vivace dibattito in corso sulle speranze ancora una volta deluse del Governo Conte 2, piomba, come un fulmine in un cielo non proprio sereno, un outsider. Un non politico. Un non appartenente alla casta.
Urbano Cairo, è un imprenditore di successo con un track record di risoluzione di casi aziendali critici, risolti brillantemente con una formula apparentemente molto semplice: lavoro, lavoro, lavoro.
Chi ha operato con lui, lo descrive come un infaticabile lavoratore, capace di concentrarsi per ore e ore su dossier diversi, con una memoria mostruosa e con un talento particolare nell’individuare aspetti del problema, apparentemente marginali ma invece centrali nella crisi di quell’impresa. Se il diavolo sta nei dettagli, Cairo è uno che conosce nel dettaglio anche più marginale tutte le sue imprese.
Dopo aver messo a posto i conti de La 7, oggi Cairo, dopo due anni della sua cura, presenta un bilancio della Rcs in attivo, con una marginalità ormai rarissima nel mondo degli editori.
Insomma, ci troviamo di fronte a un imprenditore che pur operando in un contesto-paese complicato, riesce a gestire brillantemente aziende in settori altamente competitivi e contaminati negativamente dalla rivoluzione digitale in atto.
Negli ultimi mesi il Presidente della Rizzoli è stato più volte “tirato per la giacca” riguardo all’ipotesi di una sua discesa in campo in politica.
Un grande ristrutturatore di aziende che si mette al servizio del Paese per finalmente avviare una ristrutturazione virtuosa del bilancio pubblico.
Cairo si è sempre trincerato dietro risposte improntate al politically correct, negando questa ipotesi e dicendo: “In questi ultimi anni ho acquistato 5 aziende che complessivamente perdevano 400 milioni di euro l’anno, ora ne guadagnano 100. E oggi ho la fortuna di fare le cose che mi piacciono, sono le mie passioni, non mi pesa lavorare e seguire le mie attività: i giornali, i libri, la televisione, il calcio e ora anche l’editoria on line, settore quest’ultimo dove stiamo investendo in Italia e in Spagna”.
Detto ciò, però, in qualche occasione pubblica il Presidente della Rizzoli si è lasciato andare a qualche commento, sempre “low profile”, sullo stato del suo Paese che dice di amare tantissimo: “L’Italia ce la potrebbe fare alla grande – ha dichiarato recentemente a Capri in occasione dell’annuale evento organizzato dai Giovani Industriali di Confindustria – ma dipende da come vengono allocate le risorse”.
Qui Cairo ha aperto una parentesi e si è addentrato su una specifica manovra adottata recentemente dal precedente Governo Conte 1, la famosa “quota 100”: “Non condivido ad esempio la misura deliberata dal Governo Conte 1: per la “quota 100” spenderemo infatti 20 miliardi di euro per mandare in pensione solo 200 mila persone. Ma perché non spostarli sul tavolo del cuneo fiscale? Se vuoi che la gente torni a consumare, cosa c’è di meglio che ridurre di 20 miliardi le tasse sul lavoro e non come gli 80 euro che sembrano una mancia?”.
Per Cairo, il problema italiano sta nella gestione della spesa pubblica, nella incapacità della classe politica ad intervenire con efficacia su una sua ristrutturazione non solo quantitativa ma anche qualitativa.
“La spesa pubblica – ha dichiarato Cairo sempre nel corso del suo intervento al convegno Confindustria di Capri – in beni e servizi in Italia vale circa 140 miliardi, se riuscissimo a tagliare sprechi ed inefficienze del 25%, vorrebbe dire che potremmo recuperare immediatamente 35 miliardi, da riutilizzare in modo molto più efficiente e virtuoso. Aggiungo che l’Italia con il 70% dei beni artistici mondiali dovrebbe avere il primato nell’industria del turismo e non essere al quinto posto come è oggi. Per questo dovremo però investire molto di più nel settore”.
Dichiarazioni dunque precise, accurate anche se apparentemente banali e già rilasciate da altri uomini politici e non.
La novità risiede, a mio avviso, nel fatto che Cairo ha dimostrato nella sua carriera professionale ed imprenditoriale di saper effettuare con grande lucidità e visione solidale, reali tagli alle spese eccessive delle sue imprese.
Ha davvero combattuto gli sprechi e le inefficienze senza con questo mettere in atto provvedimenti da “macelleria sociale”.
Insomma, come probabilmente anche altri imprenditori italiani che però si stanno occupando esclusivamente delle loro imprese, Cairo ha l’esperienza e la competenza giusta per poter contribuire al risanamento del nostro sistema pubblico.
Che questo possa diventare anche una sua ambizione a breve, lo dirà soltanto il futuro. Personalmente credo che la sua storia, il suo orgoglio di essere italiano, la sua voglia di mettere a disposizione del paese le sue competenze, prima o poi lo porteranno a “scendere in campo”, ripetendo in fondo un format, speriamo tutti con risultati diversi, già adottato da quell’imprenditore che fu il suo primo e importante datore di lavoro e al quale Cairo ha sempre riconosciuto un grande talento.
Riccardo Rossotto