DIARIO DI BORDO PER NAUFRAGHI URBANI AD AGOSTO (1. SEGUE)
In questo scampolo d’estate ho cercato strani italiani “disperatamente”. Li ho cercati in spostamento sui treni affollati dei pendolari e su quelli ad alta velocità. Ad ognuno di loro ho anche associato un film o una citazione, ecco i primi risultati di questa “pesca a strascico”.
L’EGOMANIACA
Parla, parla, parla. Non sta zitta un attimo, ha un piccolo cane in braccio: parla anche con lui, incessantemente. Né bella né brutta, si potrebbe definire incolore. Rossetto rosa acceso, occhi fiammeggianti che cercano attenzione e consenso, ampia gestualità, un desiderio esplosivo di attirare su di sé l’attenzione. Sfinisce l’intero vagone stracolmo di pendolari dicendo (come direbbe un adolescente) “solo minkiate”.
Finalmente trova un complice che l’asseconda. Sale in una stazione secondaria, trova posto di fronte all’egomaniaca e inizia a sparare luoghi comuni come fossero raffiche di un AK-47 (per capirci: è quell’arma da assalto che le cronache chiamano spesso kalashnikov).
Penso ai loro parenti: per difendersi cercheranno di mettersi in salvo in stanze difficilmente raggiungibili? Oppure il gioco del dna avrà prodotto altri fastidiosissimi distributori di dialoghi inconsistenti e luoghi comuni micidiali? Poi mi viene in mente un’ipotesi raggelante e mi chiedo: “L’egomaniaca sarà una discendente dell’insopportabile Furio, protagonista di “Bianco, rosso e Verdone?”. Vi ricordate il film? Ecco un ripasso:
Quando il treno si ferma a Torino propendo per la terza ipotesi: l’egomaniaca scende e si allontana dal vagone lanciando, come fosse una fumatrice incallita, nuove nuvole di parole.
L’EX BELLA
Sale sul treno indossando un’aria schifata, come se il mondo non fosse alla sua altezza. Guarda il panorama che scorre fuori dal finestrino come se anche quello non fosse all’altezza delle sue aspettative. Mi chiedo: “Sarà sempre così o è influenzata dalla top class del treno che solitamente impone un’aria “scazzata” come “emotional code?”. L’osservo meglio: è alta, grossa, tozza. Da giovane doveva essere una specie di “bonona”, me la immagino in una balera a selezionare il prescelto con cui ballare e gettare nello sconforto gli scartati.
In un impeto di cinismo mi viene in mente la balera di “Sessomatto” un film a episodi diretto, nel 1973, da Dino Risi in cui uno strepitoso Giancarlo Giannini incontrava e corteggiava un travestito “simil Mina” (interpretato, in modo straordinario, da Alberto Lionello) in fuga da una retata della polizia.
Risi ed i suoi attori erano riusciti a fare surf su una situazione grottesca seminando delicatezza e anche poesia. Balera e “posto di lavoro” del travestito si affacciavano sul viale che unisce piazza della Repubblica e la stazione centrale a Milano. In quel film c’era tutto il kitsch degli anni ’70 ma s’intuiva sullo sfondo anche tutta la vitalità della città di quel periodo. Ecco tutto l’episodio:
Getto un altro sguardo all’ex bella: non c’è traccia dei sogni e delle speranze di quell’epoca sul suo viso. Quella donna ha un unico bagaglio: la sua faccia arcigna. Non faccio in tempo a chiedermi se stia viaggiando per raggiungere o per scappare: lei scompare dietro ad una folla con valigie enormi, annunci di arrivi e partenze, luci al neon, aspettative e, laggiù in fondo, Milano.
LA BELLA E “LA BESTIA”
Salgono a Milano, occupano il posto dell’ex bella. Lui è tozzo, cosparso di tatuaggi: capelli corti e sguardo concentrato su uno smartphone. Lei è più elegante, ha belle gambe lunghe, un abito di seta bianco e nero che potrebbe arrivare da una boutique o da un tempio del fast fashion. In ogni caso quell’abito le segna le forme adempiendo perfettamente al suo mandato.
I due sono stranieri, parlano una lingua incomprensibile e si tengono per mano! Mi chiedo cosa li abbia attratti, quale sia il collante che li tenga ancora insieme e cosa condividano. Quei tatuaggi li hanno decisi dopo lunghe consultazioni o lui li aveva già? Lui la farà sentire protetta e sicura, data la stazza da body guard? O sarà semplicemente una sintonia nascosta a cementare quell’unione?
Mi piacerebbe che quei due fossero due attori in fuga da un film. Immagino un set messo in piedi da un emulo meno bravo di Luca Guadagnino (avete presente il bellissimo “Io sono l’amore” girato nella villa Necchi-Campiglio a Milano? Qui c’è il trailer:)
Pensate come sarebbe bello se quei due, scelti per fingere un innamoramento, fossero in fuga sul serio dopo essersi innamorati. Non male come spunto per un film (anche se fa un po’: “La rosa purpurea del Cairo”). Ma sarebbe addirittura straordinario se quella “strana coppia” fosse veramente salita sul treno per ricominciare una nuova vita.
LE ETA’ DELL’AMORE
A proposito d’amore. Guardando quei due ho pensato ad una dichiarazione di Inès de la Fressange (la musa di Yves St. Laurent) che avevo letto tempo fa. L’ho cercata combattendo contro le zone d’ombra della copertura della rete telefonica (il treno è l’ultimo avamposto dove si può dire: “Non c’è campo, non ti sento”. Ricordatevi di usare la frase per depistare qualcuno di assillante o se avete in mente una vera fuga) e l’ho trovata.
Ecco cosa diceva Inès: “C’è un tempo per ogni cosa, a 22 anni vuoi l’uomo bello, divertente, grintoso; a 25 quello che ama i libri e parla di politica; a 30 scegli il padre dei tuoi figli. A 50 accetti di non essere sempre the winner, il vincitore, a questa età conosci i tuoi difetti e le tue debolezze; ti accetti e accetti anche l’altro: sei un po’ geisha, un po’ amazzone”.
Bell’elenco, bella base di partenza. L’articolo, corredato da una foto di Inès con il suo amore di oggi (un sessantenne bruttino con la faccia un po’ antipatica), diceva: “L’amore di Inés, oggi, è Denis Olivennes: un uomo ricco e influente che è stato per un lungo periodo il consigliere dell’ex primo ministro Pierre Bérégovoy ma anche il capo di Air France e di Fnac. Adesso Denis è il presidente e il direttore generale di Lagardère Active”.
A pensar male si fa peccato ma, scivolando a 300 all’ora, mi sono detto: “Chi lo dice adesso a quelli là? Quelli che pensano veramente che: ‘Uno vale uno’ o, almeno, lo sostengono ancora perché lo richiede lo storytelling che parla di nuovo paradiso in terra?”. (continua…)
Gabriele Isaia