Caro Riccardo,
ho letto con molto interesse il tuo articolo pubblicato recentemente su L’incontro sulla posizione della borghesia liberale, che in questo momento appare “smarrita, apatica, e gravemente incapace di risollevarsi”.
La crisi economica, specie quella di questi ultimi anni e non solo, ha dato il colpo di grazia ad un ceto borghese illuminato, costituito in gran parte da professionisti, piccoli e medi imprenditori e commercianti, annientati e vilipesi da forze politiche, di governo e non, che hanno approfittato del loro potere costringendolo a deporre le armi del buon senso, della libera iniziativa, del fare per gli altri, che da sempre l’avevano contraddistinto e che ancora aveva carattere, aspirazioni, senso dello Stato.
Quella crisi si è accompagnata inevitabilmente ad una crisi di quei valori morali che costituivano il suo asse portante, la sua linfa tramandata di padre in figlio e che ha avuto come conseguenza anche l’abbandono di ogni interesse per la cosa pubblica, lasciando la stessa agli “interessati”, i quali hanno avuto purtroppo campo libero di fare i loro comodi.
Questo è stato il grave errore della borghesia: la paura di sporcarsi le mani, di rimanere coinvolti, capri espiatori di una realtà creata ad arte da personaggi che hanno inteso la politica come un taxi per arricchirsi.
Hai giustamente scritto che non spingiamo i nostri figli ad occuparsi della cosa pubblica, a studiare quanto è costata la nostra libertà di espressione, la nostra democrazia.
Ma come posso invitare mio figlio, integerrimo professionista e non lo dico solo io, che rinuncia a committenze e lavori per osservare i principi che sin da bimbo gli ho inculcato, quegli stessi principi con i quali io sono stato educato da mio padre?
Non è rinuncia ad una battaglia, come tu hai ben illustrato nel tuo articolo, è la constatazione di una amara realtà alla quale ci si può opporre, a mio sommesso parere, con un dignitoso comportamento per evidenziare che non siamo tutti uguali, non siamo massa, che ci sono persone che ancora credono in certi principi, di onestà correttezza e altro.
Allora forse con l’esempio, quella borghesia liberale potrà superare “il silenzio opportunistico” al quale tu accenni.
Non è né rinuncia né remissione: all’arroganza di questa classe politica non puoi opporre soltanto la lucidità dei ragionamenti e delle azioni, mi sovviene il ritornello della canzone “… … e qui comando io e questa è casa mia…..”. Gli esempi sono quotidiani perché ormai la gente (il popolo bue) è disincantata, pensa solo all’oggi, tira a campare e si lascia illudere dalle promesse che non hanno fondamento.
Purtroppo anche la Chiesa con tanti esempi negativi ha fatto la sua parte. Chi ti scrive è cattolico praticante da lunga tradizione familiare, ma bisogna essere obbiettivi riconoscendo che l’Istituzione è fatta di uomini…..tralasciando le parole e l’impegno di Papa Francesco, spesso non raccolto dalla sua Corte, salvo sporadici episodi.
Molto bello il tuo articolo sul Papa che condivido in pieno, ma sono molto scettico che Bergoglio, certamente l’unico che, non avendo interessi terreni, ha una chiara visione della situazione e dei metodi per uscire da una crisi mondiale economica e morale, riesca a convincere chi ha le leve del comando e non solo ad attuare il suo programma.
Mario Bianchi