Dal 10 dicembre 2024 al 4 febbraio 2025, la Capitolium Art Gallery di Roma ospita “Ettore Colla. Assalto al cielo”, una mostra curata da Enrico Mascelloni che celebra uno dei protagonisti più innovativi della scultura italiana del secondo dopoguerra. Autore di opere visionarie, tra cui la monumentale “Spirale”, esposta dal 1968 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Colla torna al centro della scena artistica con un evento capace di risvegliare l’interesse su una figura tanto influente quanto spesso sottovalutata.
La riscoperta di un Maestro
Le mostre personali dedicate a Ettore Colla dopo la sua morte, avvenuta nel 1968, sono state rare e distanziate nel tempo. Tra queste spiccano l’esposizione del 1995 alla Rocca di Umbertide, curata da Roberto Lambarelli ed Enrico Mascelloni e quella del 2009 curata da Beppe Meneguzzo alla Galleria Fonte d’Abisso di Milano.
Nonostante questa rarefatta attività espositiva, gli studiosi del Novecento concordano sull’importanza di Colla nel delineare un nuovo corso per la scultura italiana. Le sue composizioni di rottami di ferro, raccolti nelle discariche urbane, hanno aperto un capitolo innovativo nell’arte contemporanea, ma la scarsità delle opere realizzate ha limitato la sua diffusione presso il grande pubblico.
Come afferma Gherardo Rusconi, amministratore delegato della Capitolium Art: “L’intera produzione di Colla conta meno di 300 opere, un elemento che ha influenzato significativamente la sua diffusione sul mercato, soprattutto internazionale, dove non è riuscito ad affermarsi pienamente. Tuttavia, il valore artistico riconosciuto dello scultore, anticipatore e indiscusso caposcuola del secondo dopoguerra, ha mantenuto stime elevate, in particolare per le sue opere più iconiche, oggi rarissime sul mercato”.
Rusconi aggiunge: “Siamo orgogliosi di esporre Ettore Colla, uno dei grandi protagonisti dell’astrattismo italiano. La sua opera rappresenta un ponte tra tradizione e innovazione, una sintesi perfetta di rigore formale e visione poetica. Questa mostra è un tributo doveroso a un Maestro che ha saputo anticipare il linguaggio della scultura contemporanea”.
Un equilibrio tra rigore e intuizione
La carriera di Ettore Colla si distingue per una singolare precisione: un perfezionismo estremo che lo portò a distruggere le opere figurative realizzate prima della Guerra, ripudiando il proprio passato artistico. Dopo un lungo silenzio negli anni Quaranta, l’artista tornò sulla scena reinventandosi completamente: abbandonò la scultura tradizionale per abbracciare l’assemblaggio di rottami di ferro, trovati nei luoghi segnati dal conflitto. Un gesto radicale che trasformò materiali abbandonati in un’armonia formale sorprendente.
“Le opere in mostra tracciano un percorso ambivalente”, spiega Rusconi. “Da un lato troviamo le sue sculture più celebri, veri capolavori del Novecento; dall’altro i dipinti, una produzione meno conosciuta ma straordinariamente affascinante”.
Tra scultura e pittura: il dialogo della materia
La mostra non si limita a restituire la forza delle sculture di Colla, ma offre anche uno sguardo sulla sua produzione pittorica, una dimensione meno nota del suo lavoro ma di fondamentale importanza per comprendere l’evoluzione della sua poetica. I dipinti presenti in mostra, come “Da Pigmalione” e “Da Ciriaca”, raccontano un artista che, pur partendo dal linguaggio tridimensionale della scultura, esplora la superficie della tela con disciplina e cura.
Questi lavori, nella loro apparente semplicità formale, rivelano una continua tensione verso la ricerca del segno, elemento centrale nella sperimentazione artistica del dopoguerra. L’opera pittorica di Colla può essere letta come una trasposizione bidimensionale della stessa armonia compositiva che caratterizza le sue sculture, evidenziando il dialogo costante tra forma e materia.
In questo contesto, il legame con il gruppo Origine, fondato nel 1950 insieme a Capogrossi, Burri e Ballocco, diventa un punto di riferimento imprescindibile. L’associazione, nata in un clima di rinnovamento artistico, si propose di superare il figurativo per andare incontro ad un linguaggio essenziale e universale, fondato sulla purezza dei materiali e sull’esplorazione del segno primitivo.
Colla abbandonò la modellazione tradizionale per abbracciare l’assemblaggio di frammenti metallici nelle sue sculture e traspose questa tensione verso l’essenziale anche nei dipinti. Le tele di Colla non sono, infatti, semplici studi preparatori per le sculture: esse ne amplificano l’idea compositiva, restituendo sulla superficie un rigore geometrico che richiama l’ordine formale delle sue strutture tridimensionali. In mostra, questa dualità viene resa evidente dalla contrapposizione tra opere come “Verticali doppie” (1967) e i dipinti esposti. I lavori pittorici sembrano quasi “scolpiti” sulla tela, con una tensione verso l’equilibrio compositivo che riflette la stessa logica delle sue sculture: un’arte che trasforma il segno in una sintesi di rigore e intuizione.
Un’eredità senza tempo
Tra le opere più celebri di Colla spicca “Spirale”, la scultura realizzata con rottami di ferro e presentata per la prima volta alla mostra “Sculture” nella città di Spoleto nel 1962. Dopo la sua morte, la critica e storica d’arte Palma Bucarelli decise di collocarla davanti alla GNAM trasformandola in un simbolo della capacità di Colla di “lanciare un assalto al cielo” con materiali dimenticati e reimmaginati.
Tuttavia, attorno a questa scultura persiste una controversia ancora irrisolta. Il Museo umbro ne rivendica la paternità espositiva, sostenendo che l’opera appartenga di diritto al contesto della storica mostra del 1962. Questa diatriba, mai sopita, continua ad alimentare il dibattito nel mondo dell’arte, a riprova del valore straordinario dell’opera di Colla. La mostra alla Capitolium Art Gallery rappresenta non solo un’occasione di riscoperta, ma anche un tributo a un artista che ha saputo trasformare il ferro, i segni della guerra e i materiali di scarto in pura poesia visiva.
Martina De Tiberis