Se dovessi scegliere musica e parole per l’inno nazionale del mio Paese sceglierei la seconda aria di Sarastro nel Flauto magico di Mozart con il testo di Schikaneder. Sulla base musicale di un “larghetto” dolcemente convincente, il testo recita: “Tra queste sacre pareti la vendetta è un sentimento sconosciuto. Se una persona sbaglia, l’amore lo ricondurrà al dovere. La mano di un amico lo accompagnerà felice e sereno verso una terra migliore. Tra queste sacre mura, dove le persone si amano tra loro, non si nasconde alcun traditore perché si perdona sempre al nemico…” (traduzione dell’A.).
L’aria e le parole si contrappongono a quelle famosissime (per il virtuosismo canoro) della Regina della Notte il cui tempo è indicato come “allegro assai”, ma in effetti sarebbe un “piuttosto agitato”. Il testo, comicamente aggressivo, invita alla vendetta (“La vendetta dell’inferno ribolle nel mio cuore”). Questa contrapposizione sembra adattarsi a certe dichiarazioni di alcuni leader in guerra oggi che si esprimono con folli idee di vittoria definitiva, distruzione, vendetta e via dicendo e che dimostrano tutta la loro inciviltà. E debolezza.
Gli inni italiano, francese e britannico
Le parole di alcuni inni nazionali somigliano più a quelle della Regina della notte che alla saggezza di Sarastro. Sono vere e proprie esaltazioni della guerra e della violenza. Oggi in quanti saremmo davvero “pronti alla morte” come recita il Canto degli italiani? Per quale motivo poi? E l’“elmo di Scipio” non ce lo metteremmo in testa nemmeno a carnevale. L’Italia s’era effettivamente “destata” duecento anni fa, ma ora pare alquanto apatica. Meglio così.
Non c’è bisogno di sostituire gli inni nazionali. Lasciamoli pure come sono perché fanno parte del folklore nazionale. Come pensare a un inno diverso dalla Marsigliese per i francesi? Ci sentiremmo tutti un po’ spiazzati, non solo i cugini transalpini. Tuttavia, mentre noi italiani saremmo “pronti alla morte”, i francesi parlano di fratelli e sorelle sgozzati e auspicano di riempire i fossi con il sangue impuro dei tiranni! Per carità…
Dal punto di vista musicale, sia l’inno italiano sia quello francese sono delle piacevoli marcette orecchiabili, adatte agli eventi sportivi. I britannici si accontentano invece di un inno povero e noiosissimo per musica e parole. Pur nella sua vacuità, non riesce a fare a meno di riferirsi comunque a una vittoria militare. Ma ormai, quello è, non vale la pena cambiarlo.
I binomi patria e guerra, nazione e nemici, che sembravano accantonati, sono ancora presenti in una retorica quasi comica. Speriamo che resti tale. Per fortuna, non tutti gli inni nazionali inneggiano alla guerra.
L’inno tedesco
L’inno tedesco, per esempio, è nobile per testo e melodia. Le parole iniziali richiamano all’”unità, alla giustizia e alla libertà”. Fu composto dal poeta August Hoffmann nello stesso periodo dei versi un po’ esagitati del ventenne Goffredo Mameli. La musica dell’inno tedesco è un “poco adagio” dolce e sereno. La si deve nientemeno che a Haydn di cui invito ad ascoltare l’originale e prezioso quartetto d’archi #76 da cui è tratta. Costituiva anche la base musicale dell’inno dell’impero austro-ungarico. Il testo completo richiama all’unità dei tedeschi allora divisi in decine di piccoli Staterelli.
Anche l’inno della disciolta Repubblica Democratica Tedesca aveva parole di pace e fratellanza e una musica altrettanto dolce e melanconica dell’inno della repubblica federale. Peccato che non lo si esegua più.
L’inno russo
L’inno nazionale della federazione russa offre messaggi più interessanti e complicati, ma non controversi. Una delle abitudini intellettuali più radicate dei russi sta proprio nell’interrogarsi continuamente sulla propria identità nazionale. Questo dura ininterrottamente dai tempi di Pietro il Grande ai nostri giorni. Potremmo sostenere che l’identità nazionale russa sta nell’interrogarsi continuamente sulla propria identità nazionale. Per questo le parole dell’inno sono state scelte con grande attenzione e più volte cambiate al fine di renderlo rappresentativo dell’idea di nazione russa che di volta in volta sembrava prevalere.
La tranquilla e decisa musica ripete l’inno sovietico la cui musica e testo furono cambiati più volte. La melodia è piacevole e decisa senza essere aggressiva. Come nell’inno sovietico, è ribadito un concetto fondamentale che serve a comprendere l’anima della Federazione Russa. La Russia è, secondo l’inno nazionale in vigore e quelli precedenti, l’unione di popoli fratelli. Lo si canta in numerose lingue come succedeva per l’inno dell’impero austro-ungarico di cui esiste anche la versione italiana eseguita a Trieste, Istria e in Dalmazia. Nell’inno sovietico si nominava la Rus’, il nome antico dello Stato originario, a sancire come i popoli che compongono l’odierna federazione siano uniti da secoli e non esista alcun primato etnico, storico e morale di un popolo sull’altro, nemmeno quello dei russi etnici.
Per nostra fortuna, gli inni nazionali oggi si cantano e suonano per lo più in occasione di eventi sportivi e non sui campi di battaglia per i quali molti di essi furono composti. In questo periodo neo-militarista, forse sarebbe bene depurarli dai toni guerreschi sebbene essi siano sciocchi e lontani dalla coscienza dei cittadini. “Siamo pronti alla morte”? Anche no…
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