Ormai è storia, ma ai giovani, forse, la storia è meglio ricordarla. L’occupazione della Sardegna subito dopo la seconda guerra mondiale da parte del popolo italiano, consisteva, come da accordi presi col governo di Roma e con gli Stati Europei, nella sola zona nord. Precisamente una buona parte della Gallura. Ma le promesse, mai mantenute, pian piano hanno portato ad una enorme espansione di quel territorio ad opera di continui insediamenti da parte degli italiani, soprattutto piemontesi e romani, che hanno costretto, con l’aiuto dell’esercito italiano, le popolazioni locali a un continuo abbandono delle proprie terre e spiagge.
Malcontento e lotte di rivendicazione
Il malcontento, in tutti questi anni, ha portato a continue lotte di rivendicazione (anche intestine) e a innumerevoli atti di terrorismo che spesso sfociavano nei sequestri di persona. Una lotta che per decine di anni è stata impari. L’’Italia ha sempre avuto dalla sua il sostegno dell’Europa e dell’America, la Sardegna solo della Corsica e delle Baleari. Insomma, cosa restava ai sardi vessati, respinti in spazi sempre più ristretti, privati di ogni diritto, fino al divieto di uscire dalle proprie zone recintate e controllate da un esercito diventato sempre più crudele, se non difendersi con le proprie mani? La Sardegna, lo sappiamo, ha ricevuto aiuti dalla Corsica (in realtà dalla Francia) da qualche paese arabo, e anche dall’Europa, aiuti finanziari sostanziosi, certo. Ma erano aiuti che dicevano “Vi stiamo dando un sacco di soldi, ma non pretendete di sentirvi liberi nella terra che vi permettiamo ancora di calpestare”. In realtà con gli aiuti, non posso dimenticarlo, sono arrivati sempre più restringimenti e italiani.
No passaporti, no aeroporti, perfino l’acqua razionata
Cinema, teatri e università li vedevamo costruire nei territori aldilà delle recinzioni che man mano venivano occupati. All’ingresso delle nostre scuole cadenti, i militari col mitra controllavano perfino i quaderni degli scolaretti, e se qualche ragazzino aveva disegnato all’interno di un libro la bandiera sarda dei 4 mori quel libro veniva sequestrato. Forse questo era vivere da uomini? Ditemi voi. Come avremmo potuto evitare che nelle nostre comunità non nascesse un sano spirito orgoglioso del proprio passato e del proprio esistere, e che non si tramutasse in feroce ribellione e quindi in terrorismo? I giovani del ghetto di Varsavia furono eroi, e noi? Il nostro libro più letto è sempre stato “Se questo è un uomo” era diventato il nostro Vangelo, ma da 10 anni è vietato, pena l’arresto, e le prigioni degli italiani ve le raccomando!
La Sardegna è un popolo e ha diritto al suo territorio
Gli accordi presi a Zurigo nel 2000, ormai questa è storia recente, presenti tutti i capi di Stato europei, e di altre nazioni, e le tv di tutto il mondo, avevano decretato che la Sardegna era un popolo. E aveva diritto alla sua isola, e a tenere in vita la propria cultura identitaria, insomma, la Sardegna era una Nazione. Ma ormai conoscete la nostra storia, noi, in realtà, non esistiamo più. Dopo 70 anni, in faccia agli accordi, siamo stati costretti in un fazzoletto di terra, giù in fondo nel Sulcis a sud ovest dove una volta vivevano neanche 40.000 sardi, ora siamo assiepati in un milione e mezzo. Si sopravviveva come ergastolani ma continuiamo a dire che in fondo si sopravviveva. Questo fino al disastro di due settimane fa, un disastro annunciato che sarebbe stato meglio non accadesse, perché eravamo ben coscienti di quale maledizione ci sarebbe piovuta addosso. Soprattutto gli anziani hanno cercato in tutti i modi di dissuadere le cellule più focose dal mettere in atto azioni di forza.
Non potevamo permetterci di affrontare la tremenda vendetta degli italiani
Ma come puoi tenere a freno i giovani a cui negli anni hanno rubato le greggi, i pascoli, gli uliveti, ucciso i padri perché protestavano, o ragazzi a cui hanno massacrato l’intera famiglia? Come puoi imbrigliare l’orgoglio, la dignità dei sardi dopo così tanta crudeltà e per così tanto tempo? Lo sapevamo, soprattutto i vecchi lo sapevano, il vulcano era in ebollizione e il tappo stava per saltare, ed è saltato, incendiando le nostre ultime speranze di pace. L’8 febbraio è stata decretata la nostra fine. Purtroppo tutto è drammaticamente peggiorato quando è stato scoperto in un giacimento minerario vicino a Carbonia un ricchissimo filone d’oro. La notizia, che sapevamo per noi pericolosa, è trapelata fuori dal nostro recinto, e ne abbiamo avuto contezza non perché l’abbiamo letto sui nostri due quotidiani che, pur controllatissimi, ci permettevano ancora di stampare, è non certo dai cellulari che non possiamo avere.
Continue provocazioni
L’abbiamo capito da come i militari ci trattavano quando entravano nella nostra riserva (così la chiamano). Le provocazioni continue erano aumentate di cento, mille volte, roba da farti venire una rabbia incontrollabile, e infatti il governo e l’esercito italiano hanno ottenuto ciò che volevano: far saltare il tappo. L’8 febbraio cento dei nostri, dopo il tramonto, hanno tagliato il filo spinato nell’unica zona senza controllo e fatto irruzione in un teatro di Arbus (5.643 abitanti, adesso ci vivono 55.000 italiani) stracolmo di persone che assistevano beate a una pièce teatrale. Un massacro. Alcuni dei nostri, rubata una macchina, sono riusciti ad arrivare fino a Oristano dove, si dice, abbiano assassinato quasi cinquanta persone. Loro subito dopo sono stati accoppati.
Mentre scrivo siamo sotto costante bombardamento
I soldati Italiani smettono solo quando ci fanno la grazia di urlare ai megafoni che dobbiamo lasciare la riserva e imbarcarci tutti per l’isola di Sant’Antioco. L’ultima speranza che ci rimane, ma sarebbe come far vivere 100 scarafaggi in una scodella per il latte. Avevamo una cultura, i nostri canti, le nostre feste, ci hanno tolto tutto. Siamo morti che camminano, sotto sequestro da decine d’anni. L’unico ospedale di Carbonia adesso è un lazzaretto di urla e imprecazioni. Le donne partoriscono bambini morti col taglio cesareo senza anestesia e senza anestesia amputano gambe e braccia ai bambini. Non ci sono medicine, insulina; i diabetici, come i talassemici senza trasfusioni, muoiono come mosche. il cibo e l’acqua sono un ricordo.
Quel maledetto giacimento aurifero ci ha dato l’ultima spallata. Non potevamo, noi pastori analfabeti, così ci chiamano, restarne proprietari. In compenso ci hanno fatto il dono di stoccare nel nostro fazzoletto di terra migliaia di containers pieni di batterie al litio scadute che arrivano dalla Cina! In questo fazzoletto non c’è più un centimetro non contaminato! Avevamo già perso tutto: le spiagge se le sono divise. Metà alberghi 5 stelle e ville, l’altra metà in affitto ai militari che vengono per esercitarsi da tutto il mondo.
Provateci voi a sciacquarvi quel sapore di ferro dalla bocca
Io ho provato a fare l’artista, era quella la mia vita, avrei dato l’anima. Ma un giorno i militari sono piombati nel mio studio, (una baracca) mi hanno fatto capire, mitragliando due tele che raffiguravano l’isola con dentro la nostra bandiera con 4 teschi, che era meglio per la mia salute cambiare genere. Paesaggi, marine, nature morte sarebbero andate benissimo. Ho smesso di dipingere coltivando solo il desiderio di vendicarmi. Il sangue che mi scorreva dentro aveva il sapore del ferro che senti sulla canna di un fucile quando gli passi sopra la lingua. Sapore di vendetta. Sapore che sento dal giorno in cui ero vicino a un pastore che teneva in braccio il figlioletto ucciso dai soldati perché aveva tirato loro un sasso, e il pastore, piangendo e urlando, ha maledetto quei militari che a qual punto, ridendo, hanno finito il lavoro uccidendo anche il pastore. Provateci voi a sciacquarvi quel sapore di ferro dalla bocca. Non immaginate quante ne ho visto. Vi ricordate il massacro di Santa e Catilla? 3.000 morti, donne e bambini. No? Meglio così. Ma d’altronde nelle comodità delle vostre vite quel sapore di ferro non lo conoscerete mai, almeno, ve lo auguro di cuore.
Le bombe ora cadono molto vicino alla mia postazione
Le bombe ora cadono molto vicino alla mia postazione, intorno e già tutto distrutto. I miei familiari sono sparsi in vari pezzi sotto le macerie della nostra casa. Dopo cinque giorni staranno già marcendo e io non riesco a piangere. L’avevo lasciata pochi minuti prima che cadesse il missile, la nostra casa, per cercare la via di fuga più sicura per l’imbarco con i miei a Sant’Antioco, ma sembra stiano cominciando a bombardare anche quella costa. Abbiamo le ore contate. Il mio compagno accanto ha posato la doppietta da caccia e controlla un cellulare fregato a un militare italiano morto. C’è ancora poca batteria, ma è riuscito a trovare la pw (un vero genio, se solo avesse avuto possibilità di studiare!) mi informa che, a quanto pare, sta succedendo la stessa cosa in Israele. Dice che gli israeliani stanno massacrando i palestinesi da un sacco di tempo, che bombardano perfino gli ospedali e la gente che si accalca per i viveri!
Presto! Non possiamo più restare!…
Non ci posso credere, no! “Ma dai” gli dico “non potrebbero mai! Stai esagerando”.
“Infatti è una balla!!!” dice. Ha attivato, pensa tu, un programma che certifica se una notizia è vera o falsa, ve l’ho detto; un genio! “Ma dai, che cazzata. Dovevano inventarla meglio” dico, riuscendo ad accennare un sorriso “proprio gli Israeliani con quello che hanno subito”. Il bombardamento ora è troppo vicino, assordante. Il genio mi chiede se anche io sento in lontananza un canto a Tenores. “Canto? Ma te lo stai sognando il canto!… Presto! Non possiamo più restare! Dio Santo, ormai qui è troppo pericol….”
Salvatore Garau
L’immagine “2024, Elegante massacro nella striscia del Sulcis” acrilico su carta cm24x33 è di Salvatore Garau.
È sempre una sorpresa la tua Sardegna, c’è la tua pittura nel raccontarla.
Grazie Salvatore!
Trovarsi nella parte sbagliata e nel momento sbagliato potrebbe succedere ad ognuno di noi. Distopico e surreale racconto che viene purtroppo superato dal dramma terribile e di realissimo del presente. Io voglio ancora sperare in un altro modo di vivere
insieme su questo pianeta e comincio dal cambiare me stesso.
Grande forza narrante. Grazie Salvatore.
TI RICORDO LA FRASE DI UN GRANDE INTELLETUALE SARDO MANLIO BRIGALIA, STUDIOSO DI STORIA DELLA SARDEGNA : SARDEGNA, TERRA SEMPRE VIOLATA MA MAI POSSEDUTA.
NOI L’ IDENTITÀ LA PORTIAMO DENTRO DI NOI, NON C ‘ E’ NESSUN INVASORE , O COLONIZZATORE .POSSIAMO PERMETTERCI DI GIRARE IL MONDO , OSSERVANDO ALTRE REALTÀ E PARTECIPANDOVI, SENZA PAURA DI PERDERE NIENTE E SENZA BISOGNO DI METTERCI LA BERRITA.
Un testo di storia molto interessante. Concordo debba essere ricordato ai giovani, e non solo. Purtroppo affoghiamo in ignoranza e volgarità-. Complimenti all’autore.
Palestina libera!