Nell’anno che sta per finire sono ricorsi 210 anni dalla nascita a Napoli di Luigi Settembrini, figura di liberale, letterato, protagonista del Risorgimento, e per questo perseguitato – come già il padre Raffaele – dai Borboni, tanto da essere condannato all’ergastolo nel carcere di Santo Stefano.
A dedicargli una biografia, che va ben oltre la testimonianza che egli stesso ci ha dato nelle sue “Ricordanze della mia vita” è la giornalista Barbara Minniti, che ben premette al suo lavoro, non è quello della studiosa né della storica. Ma, appunto, di una giornalista che ama la storia, come ha già rivelato nel suo precedente libro sulla figlia di Carlo Marx “Miss Marx, una biografia pop”, edita dalla Oltre edizioni. La biografia di Settembrini è, in realtà, un po’ dedicata a tutta la sua famiglia, padre, moglie, figli e, non a caso, il titolo è “I Settembrini, patrioti, letterati, gay e scavezzacollo”, edita da Porto Seguro. A Barbara Minniti, un passato di cronista presso il quotidiano romano “Paese Sera” e diuffici stampa nel terzo settore, abbiamo rivolto qualche domanda.
Luigi Settembrini, per quanto protagonista di spicco del Risorgimento italiano, in nome del quale ha trascorso diversi anni di carcere duro, è però un po’ dimenticato dalla storiografia, tanto che è l’ultima edizione delle sue “Ricordanze” risale al 1944 per i tipi dell’editore Paravia. Tu come sei arrivata a lui?
È un peccato che certe figure del Risorgimento siano dimenticate. In particolare quelle del patriottismo meridionale che sognavano e lottavano per l’unificazione italiana a rischio della vita. Ma è il destino d’intere pagine della storia del nostro paese. Comunque, poiché io amo l’Ottocento, mi sono imbattuta in vari personaggi nelle mie ricerche, mentre scrivevo la biografia di Eleanor Marx, l’ultima figlia di Karl Marx. Luigi Settembrini è uno di questi. E approfondendo non mi aspettavo di trovare una vita così avventurosa, così interessante e per certi versi sorprendente. Si può dire che Settembrini sia a pieno titolo il prodotto di quell’epoca, con in più una sua indole fuori dagli schemi, certamente non conformista, e anche insofferente alla inutile retorica tipica dei suoi tempi.
Nel tuo libro vedremo Settembrini in cella con Silvio Spaventa, filosofo, zio di Benedetto Croce, il quale, incontrando in Germania Thomas Mann, gli chiese se il Settembrini de “La montagna incantata” fosse ispirato al Settembrini che aveva trascorso alcuni anni in cella con suo zio Silvio Spaventa. Quali elementi del personaggio suscitavano in Croce questa curiosità, visto che nella “Montagna incantata” Settembrini si chiamava Lodovico e non Luigi?
Sull’argomento ho trovato diverse ipotesi avanzate da germanisti, studiosi delle opere di Mann. Anche a loro non è sfuggita, come a Benedetto Croce che s’incontrò col grande scrittore tedesco, la scelta del nome e delle caratteristiche del personaggio Lodovico Settembrini ne La Montagna incantata (Lodovico in tedesco è Ludwig, cioè Luigi). Difficile però dire quale sia la verità.
Nelle avvertenze premesse alla tua biografia hai scritto di aver scoperto l’esistenza di un racconto omoerotico del Settembrini e che questa scoperta ha un poco cambiato il progetto iniziale che avevi in mente. Cosa ti intrigava?
Quella scoperta è stato un vero colpo di scena! In realtà, fino a quel momento ero incerta se scrivere qualcosa su Settembrini. Ma la rivelazione che il patriota, studioso e grecista, recluso nell’Ergastolo di Santo Stefano per reati politici, avesse scritto un racconto omoerotico parecchio esplicito, è stata la chiave di volta che mi ha permesso di dare il via al mio progetto. Mi sembrava di aver trovato l’angolazione giusta per rendere un personaggio ottocentesco più vicino alla realtà e a certi temi dei nostri giorni. Cioè, affrontare anche l’argomento omosessualità con un taglio del tutto originale.
Non ti sei limitata comunque a scrivere solo su Luigi, come ho anticipato, ma anche sulla sua famiglia. Che cosa hai trovato di particolare in essa da sentire la necessità di allargare il tuo sguardo?
Settembrini non sarebbe Settembrini senza la moglie Luigia, e anche i figli Raffaele e Giulia. In particolare, la moglie è una figura luminosa come tante nel Risorgimento. Era una donna coraggiosa e intelligente, capace di affrontare la carcerazione del marito e la sua lontananza dalla famiglia con animo battagliero, mantenendo i rapporti con chi voleva aiutare i prigionieri politici nelle carceri borboniche a ritrovare la libertà. Al figlio Raffaele, poi, si deve la liberazione del padre e dei suoi compagni di sventura con un’azione degna di uno 007… Ma alla famiglia si aggiungono anche personaggi storici e protagonisti di primo piano del Risorgimento, che hanno cercato vie di fuga per i patrioti incarcerati. E parliamo di Garibaldi, Panizzi, Bertani, Pisacane, Bixio e gli aristocratici inglesi che parteggiavano per l’indipendentismo italiano.
Direi che il tuo sguardo è andato anche oltre la famiglia, arrivando agli anni del Novecento. In rapporto a Settembrini hai allargato lo sguardo anche a personaggi come Thomas Mann e a suo figlio Klaus, oltre che a Benedetto Croce. Il filo che li lega a Settembrini al primo sono il nome ripreso dallo scrittore tedesco nel suo “La montagna incantata” e al secondo il legame del Settembrini con lo zio Silvio Spaventa. Ma hai voluto approfondire il rapporto dedicando a entrambi un capitolo nelle preziose appendici al tuo racconto. Perché?
Come detto, è un fatto che Benedetto Croce s’incontrò con Mann e gli chiese notizie sul personaggio Lodovico Settembrini che, anche a suo dire, aveva molto in comune con l’amico e compagno di cella dello zio Silvio Spaventa. Ma sulle risposte di Mann esistono varie versioni come se, sia Croce sia Mann, non volessero fare chiarezza. Mann sostenne di non conoscere l’esistenza del patriota Settembrini e spiegò di aver adottato il cognome del suo personaggio derivandolo dalla data della Presa di Roma il 20 settembre 1870. Un spiegazione poco convincente e che poi Mann stesso disconobbe. Mi ha colpito questo bisogno dei due grandi intellettuali di creare confusione e mi sono chiesta se nascondesse qualcosa. Quindi ho avanzato solo alcune suggestive osservazioni personali, destinate a restare tali. È possibile che di mezzo ci fosse la scomoda questione dell’ omosessualità?
Per restare alle “appendici”, troviamo, tra esse, la chicca, pressoché inedita altrove, del racconto omoerotico “Neoplatonici” attribuito a Luigi Settembrini, anche se questi si presenta come traduttore del testo dal greco, che attribuisce a un presunto Aristeo di Megara..
Il breve racconto non è esattamente inedito. Dopo la prima pubblicazione di Rizzoli nel 1977 che fece molto discutere i critici letterari, ha visto diverse riedizioni. Peccato solo che attualmente sia circoscritto al solo mondo delle pubblicazioni LGBT+ e oggetto di “gay studies”. Del resto, è stato inserito, unico testo italiano, nell’Antologia della letteratura gay. La mia intenzione era quella di farlo riemergere insieme con il suo autore, come esempio dell’espressione di un uomo, che al di là della sua identità di genere, appartiene a tutti e fa parte della nostra storia comune. Però forse non ci sono riuscita. Il mio libro ha ricevuto finora segnali di apprezzamento solo dal mondo LGBT+.
Passando dal personaggio Luigi Settembrini al Risorgimento italiano. Secondo te perché una delle pagine più importanti della storia d’Italia oggi è così dimenticata?
Discorso difficile. Forse c’è una volontà di cancellare l’importanza delle difficili scelte fatte in quel periodo da tanti uomini e donne per conquistare l’Unità d’Italia e l’indipendenza, come se ci fosse qualcosa di sbagliato… Eppure le nostre radici di nazione sono lì. Si può sottoporle a severe e spietate analisi storiche, ma dovremmo comunque conoscerle, studiarle e possibilmente amarle. Io stessa mi ritengo figlia del Risorgimento. Senza l’unificazione italiana, probabilmente non sarei qui, avendo avi di origine meridionale che arrivati a Roma Capitale per lavoro alla fine dell’Ottocento, hanno sposato donne di altre varie regioni. Come mi dico spesso: io sono il prodotto di “un’insalata mista all’italiana”. E questo mi piace molto.
Vedo, dalla tua bibliografia, che tu hai invece una passione soprattutto per l’Ottocento. Immagino che starai lavorando a un altro protagonista di questo secolo. Ci puoi dire chi e perché?
Sì, amo molto l’Ottocento, così come non amo il Novecento. Forse perché più lontano, mi sembra un periodo romantico ed eroico. E, come dico nelle mie premesse “il Risorgimento è un periodo storico troppo dimenticato, eppure così carico di suggestioni romantiche, eroiche, avventurose, e anche di stramberie e di figure che oggi definiremmo anticonformiste e singolari. O addirittura rivoluzionarie, ribelli, sovversive e antagoniste”. Effettivamente ora sto lavorando ad una nuova storia, questa volta non una biografia “pop”, ma un romanzo con una trama che vede protagonisti anche personaggi storici. Naturalmente si svolge nella prima metà dell’Ottocento…
Diego Zandel