Che fare?
In un caotico e contraddittorio scenario di politiche internazionali che si confrontano e … si scontrano (ognuna con l’obiettivo di ottimizzare la propria posizione strategica e negoziale), Palazzo Chigi deve cercare, auspicabilmente entro fine anno, un proprio percorso, una propria prospettiva che permetta all’Italia di ricavarsi un ruolo degno della sua storia e della sua economia.
Che strada prenderemo dopo aver abbandonato la Via della Seta?
Una strada che, salvaguardando gli interessi domestici, soprattutto con i partner europei, possa offrire al Paese la speranza di un posizionamento adeguato del nuovo contesto internazionale e nelle nuove geo-mappe che si origineranno dal Grande Gioco. Un posizionamento che valorizzi la nostra presenza in Europa e la nostra vicinanza geografica sia con l’Africa settentrionale sia con le repubbliche dell’ex Jugoslavia. Tenendo conto anche della nostra unica e straordinaria collocazione nel centro del Mediterraneo. Dopo “l’infortunio” dell’adesione al progetto cinese denominato “Via della Seta”, ormai sostanzialmente abbandonato e finito su un binario morto, cosa può fare il nostro Governo alla luce di quello che abbiamo raccontato essere il complesso e confuso contesto internazionale, caratterizzato, da una parte, dalla volontà della Cina di diventare il leader del nuovo mondo, senza sudditanze verso gli Stati Uniti, e dall’altro, dalla uguale e contraria decisione degli americani di contrastare tale politica imperialista cinese, rafforzando le alleanze degli occidentali e, nel contempo, arricchendole con le nuove presenze dei paesi emergenti non disponibili a schierarsi sotto la protezione di Xi Jinping?
Le strade percorribili da Giorgia Meloni
Un bel dilemma, ben chiaro nella mente di Giorgia Meloni, che ha già dato precisi segnali di voler mantenere un ottimo rapporto con i paesi della Nato senza però alcuna sudditanza verso Washington; di voler attuare un nuovo piano Mattei in Africa; di considerare l’India di Modi valido e prospettico alleato per lo sviluppo di una partnership di politica commerciale sempre più rilevante. Abbiamo potuto esaminare, in questi giorni, alcuni report riservati che girano a Bruxelles dopo l’assemblea delle Nazioni Unite di fine settembre. Scritti ovviamente prima della tragica esplosione del conflitto in Israele ma sempre validi come analisi di riferimento di quello che sta succedendo nel mondo. Eccovi una breve sintesi delle opzioni e delle opportunità che l’Italia può giocarsi al meglio, negoziando non sui giornali (come purtroppo è avvenuto recentemente in qualche occasione) ma nelle silenziose sedi diplomatiche dove si stringono i veri accordi, non sempre dicibili al 100%.
IMEC, l’accordo del G20 ponte tra India e Mediterraneo
Nel G20 in India è stato firmato un accordo preliminare tra l’India, l’Arabia, gli Emirati, l’Unione Europea, la Francia, la Germania, l’Italia e gli Stati Uniti per creare una linea di trasporto diretta tra l’India medesima e il Mediterraneo, sia navale sia ferroviaria che tenda ad accorciare il tempo dei percorsi portandolo a non più di 10 giorni. Insomma, una alternativa concreta alla Via della Seta cinese. L’accordo denominato IMEC (India-Middle-Est-Europe-Corridor) disciplina la creazione di un’area economica strutturata tra i Paesi firmatari con l’obiettivo di includere anche, entro breve tempo, molti stati africani. L’America sta usando tutto il suo peso politico e diplomatico per sollecitare l’Arabia Saudita ed Israele affinché compiano un riconoscimento reciproco definitivo firmando proprio il progetto denominato IMEC. E’ proprio qui, probabilmente, risiede la ragione principale dell’attacco terroristico di Hamas che ovviamente, dal suo punto di vista, vuole cercare a tutti i costi di far cadere questa trattativa evitando il riconoscimento della legittimità di Israele di avere una sua nazione. IMEC che dovrebbe diventare esecutivo nei prossimi mesi, salvo i possibili rallentamenti dovuti alla nuova e delicatissima situazione conflittuale nel Medio Oriente, dovrebbe rappresentare l’alternativa alla Via della Seta. Un progetto che, una volta che Roma avrà esercitato il recesso dall’accordo con Pechino, potrà permettere al Governo Meloni di attivare una strategia di vantaggio in tutta l’area interessata dal progetto stesso.
Dal Pireo a Trieste a Genova…
In questo momento il terminale del corridoio immaginato nel documento IMEC sarebbe il Pireo, in Grecia. Ma come giustamente ha sottolineato Carlo Pelanda, quel porto è oggi di proprietà di una multinazionale cinese di nome Cosco che, come tutte le aziende cinesi, ha l’obbligo di avere nella sua governance, al fianco dell’amministratore delegato, un commissario politico agli ordini del partito comunista di Pechino. Una situazione non accettabile per i sottoscrittori di IMEC. Probabilmente si troverà una soluzione compromissoria ma è indubbio che questa criticità greca potrebbe aprire delle straordinarie opportunità di business ai nostri porti sull’Adriatico e sul Tirreno. Soprattutto Trieste e Genova potrebbero diventare gli hub di destinazione di tutto il traffico di IMEC. Tra l’altro, Trieste si è dotata di una moderna ed efficiente piattaforma operativa nel retroporto ferroviario con uno sbocco naturale verso tutta l’Europa centrale. Stesso ragionamento vale per Genova che una volta realizzate le infrastrutture di valico, potrebbe davvero diventare il porto concorrente di Rotterdam, con ovvi benefici in termini di tempo di trasporto delle merci a destinazione.
Uno stop all’imperialismo cinese
Uno dei passaggi chiave che il nostro Governo dovrà cercare di negoziare positivamente è proprio quello di assicurare ai nostri due porti italiani lo status giuridico di terminali nel progetto IMEC. L’Italia a quel punto potrebbe davvero assumere un ruolo di leadership nello sviluppo di un piano di sistema di tutti i trasporti e della logistica delle nove nazioni costiere nel Mediterraneo europeo. Insomma una grande opportunità strategica che dovrà prevedere anche la stabilizzazione delle relazioni con l’Egitto in relazione al ruolo e all’operatività del Canale di Suez con l’inclusione di molti dei paesi africani interessati a partecipare a questo corridoio dai potenziali volumi inimmaginabili. La tragedia israeliana crea ovviamente una situazione di incertezza sui tempi di realizzazione del progetto IMEC. Come dicevamo, ci potrebbe essere un rallentamento ma alla fine, le diplomazie di Bruxelles, sono convinte che si troverà un accordo per creare una concreta e virtuosa alternativa politica e commerciale all’imperialismo cinese sia in Africa sia nel nostro Mediterraneo.
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