“Papa Francesco si scaglia contro i negazionisti climatici” (La Repubblica). “Laudate Deum, l’esortazione apostolica green di Bergoglio contro il negazionismo” (Il Fatto Quotidiano). “Sul clima non stiamo facendo abbastanza, i negazionisti sprezzanti e irragionevoli” (Famiglia Cristiana). “Papa: cambiamento climatico evidente, no al negazionismo” (SiciliaNews24).
Questi i titoli pubblicati da testate nazionali e locali nei giorni scorsi, a commento dell’esortazione apostolica Laudate Deum, con la quale Sua Santità Francesco primo avrebbe (il condizionale è d’obbligo, data la propensione della stampa a sparare titoli enfatici) preso una posizione netta sul climate change e, di conseguenza, fustigato i cosiddetti negazionisti climatici. Dal sacro al profano: lo scorso luglio il co-portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli, aveva proposto una legge contro chi nega i cambiamenti del clima. O, meglio, contro chi sostiene che per questi mutamenti l’uomo avrebbe una responsabilità irrilevante.
Non ho alcun titolo per entrare nel merito della questione e non ho idea se i cambiamenti siano davvero preoccupanti e tantomeno se la loro origine sia antropica. Come sociologo e comunicatore sono interessato all’uso delle parole “negazionismo” e “negazionisti”. Entrambi i termini hanno una connotazione negativa (scusate il bisticcio di parole). Sono balzati alla ribalta in occasione degli studi sull’olocausto ebraico della Seconda guerra mondiale. Chi lo negava (o anche solo ridimensionava), veniva accusato di negazionismo. Il che, in diversi Paesi, è reato.
In altri è vietato negare anche altre forme di genocidio, come quello degli armeni da parte dei turchi o i crimini stalinisti contro gli ucraini (ndr: sullo sterminio dei nativi americani da parte degli Stati Uniti, invece le organizzazioni internazionali hanno preso pochi provvedimenti). Bene, l’utilizzo di un termine tabù, come negazionista (tabù appunto perché associato a chi è scettico sulla portata della Shoah) per indicare chi è contrario, in ogni ambito, al pensiero del mainstream, è una prassi corretta? Oppure si tratta di un’espediente manipolatorio per screditare chi ha opinione distoniche rispetto a quelle delle élite? In sostanza, un attentato alla libertà di opinione e di espressione. Mi riservo di realizzare indagini su questo tema delicato. Naturalmente ogni intervento dei lettori è auspicato è gradito.
Nestar Moreno Tosini