La “digital art”, ovvero la forma artistica che prevede l’uso di tecnologie digitali come parte integrante del processo creativo, è entrata ostinatamente nel mondo artistico, divenendo oramai un fenomeno mainstream. Viviamo in un’epoca in cui le nostre vite sono a portata di “click”, in cui basta un semplice tasto per connetterci con l’intero mondo, rendendoci protagonisti nella nostra quotidianità. Facile, comodo e smart sono i tre concetti idonei per descrivere la rivoluzione digitale che è in atto. Ovviamente, neanche il settore dell’arte si sottrae a ciò. L’arte è bellezza e cultura; essa è in grado di risvegliare il subconscio nei meandri della mente, in una società nella quale è sempre più difficile apprezzare lo stupore di un momento.

“L’arte non è uno specchio per riflettere il mondo, ma un martello per forgiarlo” affermava il poeta russo Vladimir Majakovskij. Quale contenuto culturale ha la capacità e l’abilità di catturare un’emozione nel tempo e scalfirla in perpetuo, se non la sensibilità artistica? Già il filosofo Aristotele ne aveva sottolineato la funzione catartica: la visione di un’opera d’arte, nella sua bellezza e complessità, ed il suo diretto contatto, devono superare la mera soddisfazione estetica per generare un coinvolgimento emotivo che ci inviti ad entrare in relazione con le nostre emozioni. Resta un quesito irrisolto: la tecnologia digitale rappresenta davvero il futuro per l’arte e quest’ultima è pronta a sfidare le vetuste consuetudini? Alcuni esperti del settore sostengono che l’arte si apprezzi solamente dal vivo, recandosi direttamente nei musei, visitando i siti archeologici o partecipando a mostre. Ahimè, in una realtà dominata da internet, la questione è assai più complessa. Negli ultimi anni, infatti, stiamo assistendo ad un cambiamento di paradigma nell’interazione uomo-computer, processo che prende il nome di ‘Metaverso’. Il termine venne coniato per la prima volta nel 1992 per descrivere uno spazio tridimensionale all’interno del quale le persone possono interagire.

Il mondo dell’arte ha accolto positivamente le capacità esponenziali della digitalizzazione, offrendo la possibilità di esplorare le opere in una dimensione virtuale. Con l’avvento della rivoluzione digitale il concetto di museo ha mutato la sua accezione, poiché sono cambiati i linguaggi artistici e con essi l’utilizzo delle opere d’arte esposte. Si pensi ad un paese come l’Italia, che detiene il più grande patrimonio culturale a livello mondiale e alla quantità di opere ‘dimenticate’ nei magazzini, in attesa di essere portate alla luce per essere viste ed apprezzate. La digitalizzazione dell’arte, in tal caso, può venire in soccorso, mettendole al servizio della comunità: da una parte organizzando mostre, dall’altra favorendo la diffusione dell’arte. Un tempo, al contrario, la partecipazione democratica era vincolata dall’ ‘hic et nunc’ del luogo fisico e statico, rendendo la fruizione artistica di nicchia. Indubbiamente tutto ciò permette di abbattere notevolmente i costi, regalando esperienze coinvolgenti agli utenti, in nome dell’uguaglianza sociale.

Uno degli ultimi prodotti d’avanguardia della sensibilità digitale sono gli NFT, acronimo di Non-Fungible Token (in italiano ‘gettone non copiabile’), una sorta di certificato di autenticità digitale, volto a verificare in modo univoco l’originalità e la proprietà di un bene. Se da un lato appare come un’idea semplice e brillante, dall’altro è necessario evidenziarne il notevole impatto ambientale. Infatti, per garantire la sicurezza delle criptovalute a cui gli Nft, per l’appunto, appartengono, vi è un massiccio consumo di elettricità, paragonabile ad un’automobile a benzina che percorre 800 km. Argomento particolarmente sensibile soprattutto in un’era di cambiamenti climatici! È orgogliosamente italiano il primato della mostra d’arte interamente progettata nel metaverso, la ‘Meta Effect’, inaugurata lo scorso dicembre a Genova, con opere create sia da artisti, sia da intelligenze artificiali, che ha permesso di interrogarsi sul binomio ‘arte’ e ‘coscienza digitale’.

Come ha dimostrato una delle più famose artiste contemporanee digitali attraverso le sue installazioni, Krista Kim, è di fondamentale importanza comprendere che nessuno dei due mondi potrà mai essere surclassato dall’altro. Ambedue rappresentano esperienze che devono interfacciarsi, fornendo la possibilità di arricchire lo spettatore in toto. Circa il digitale è doveroso, altresì, porre l’accento sul lato oscuro di quello che è un processo tecnologico che sta portando la popolazione ad un’angosciante dipendenza da internet. Molti studiosi l’hanno definita “la società del controllo”, in cui sistemi informatici stanno prepotentemente cambiando le nostre abitudini. È tutto un “touch”: una specie di prigione dorata che ci immerge in un vortice di continuo bisogno di app. Nei prossimi decenni ci attenderanno sfide che permetteranno al Belpaese di interloquire a livello globale con altre Nazioni, ma ad una condizione essenziale, ovvero che l’uomo abbia un ruolo da protagonista nei confronti di questo processo sociale e culturale. Non, quindi, come un semplice soggetto passivo che rinuncia al pensiero critico, perdendo per sempre la sua originaria identità.

Martina De Tiberis

Martina De Tiberis

Laureata in Lettere Moderne e specializzata in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Ferrara con il massimo dei voti. Nel 2021 ha intrapreso il percorso per diventare giornalista pubblicista,...

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