Questa volta l’articolo presentato nella sezione “In Primo Piano”, che apre il giornale, è scritto sotto forma di narrativa. Attraverso questa scelta stilistica, con “Racconto nero”, il Maestro Salvatore Garau scrive quello che, secondo me, è il più lucido, acuto e al tempo stesso struggente atto d’accusa finora pubblicato contro l’assurdità della guerra in corso in Europa e contro chi ci si arricchisce.
Milo Goj
Soldato Ucraino 23 anni
Sapevo che prima o poi sarebbe successo. Ma ero talmente stanco, assuefatto, da non avvertire più la paura. Mi sentivo protetto dai carri armati vicini, in realtà presto ho capito che, assieme ai miei compagni a piedi, in formazione sparsa, eravamo corpi utili per ripulire il terreno attorno ai carri; i nostri piedi sensori di morte. Quando sono saltato sulla mina ricordo di aver sentito un dolore lancinante solo una frazione di secondo, poi, mentre il mio corpo volava, più niente.
Volavo in molti pezzi che tracciavano scie di sangue come tristi geometrie, e quando tutti i miei pezzi sono caduti a terra mi sono ritrovato il culo proprio davanti alla mia faccia. L’unica cosa che mi confortava era la foto di mia madre che spuntava dal portafoglio che avevo nella tasca posteriore dei calzoni. Mi sorrideva come ogni sera quando la guardavo in queste settimane prima di riposare qualche mezz’ora, proprio come immaginavo mi avrebbe sorriso se fossi tornato a casa intero. Mamma, continua a sorridere, ti prego, fai finta che la mia testa sia ancora sopra il mio collo. Come? Cosa dici? Sì, certo, non vedi l’ora di vedermi, anche io non vedevo l’ora, ma adesso… Stai certa che quando anche tu morirai sarò il primo a venire ad abbracciarti e baciarti.
Io questa guerra non la volevo fare e non perché sono un codardo, ma volevo solo finire l’università e mandare avanti la mia vita. Proprio adesso che avevo iniziato una storia con la ragazza che desideravo da quando eravamo bambini! Dio santo che bella! Ancora mi domando; potevamo evitare di finire in questo modo? Chi comanda al riparo da tutto questo mostruoso inferno non ha idea, nessuna idea, di cosa vuol dire ritrovarsi a guardare il proprio sedere di fronte. Adesso, mamma, il mio sangue lentamente ti sta coprendo anche gli occhi. Ti mando un bacio.
Soldato russo, 23 anni
Sapevo che prima o poi sarebbe successo. Ma dentro il carro armato ero talmente stanco da non avere la forza di pensare più a niente. Ho provato a immaginare cosa sarebbe successo se fossimo stati centrati da una bomba. Con i miei compagni ero già dentro una bara di ferro, con un rumore che ti fa impazzire, non basta la cuffia sulle orecchie, dovreste provarlo. Quando la bomba ci ha centrato per davvero ho pensato… lo so, non mi crederete, ma ho pensato, finalmente, non ne potevo più, sarei morto comunque di angoscia che qui dentro è talmente densa da strozzarti il collo, e sarebbe stata una morte più lenta e infinita. Invece, quando tutto l’acciaio ci ha premuto addosso e si è arroventato è stato un attimo senza tempo: ci siamo sciolti fondendo le nostre carni insieme come buoni fratelli, purtroppo poi resta l’odore di arrosto che mi porto addosso anche in questa vita da morto.
Maledizione, uno schifo sentire la pelle che brucia e si scioglie. Forse sono rimasto in vita un secondo in più dei miei compagni, ma quel secondo non lo auguro a nessuno, tranne a chi ci ha costretti in questa guerra, con tutta quella storia degli ideali o roba del genere, che, se sentisse l’odore d’arrosto della propria carne, vi garantisco cambierebbe idea, eccome! Quei figli di p… scusate, ora che sono anima non voglio più offendere nessuno. Fanculo. Neanche mi fregava che fossimo dentro un carro di ultima generazione, ma che mi fregava? Anche la bomba che ci ha colpito era di ultima generazione. La foto di mia madre che avevo nel portafogli nella tasca sul petto si è incenerita senza avere il tempo di darle un ultimo saluto. Ci provo a guardare la foto, adesso ho questa proprietà, ma era meglio lasciar perdere, Il sorriso di mia madre è diventato nero e triste.
Non avrei voluto fare questa guerra, no, che mi fregava di riconquistare pezzi di terra? Io volevo solo finire l’università, niente di complicato e poi, certo, ambizioni ne avevo, anche la ragazza avevo, magari non avrei sposato proprio lei, che ne so, era un’idea che adesso, comunque, è tutta carbonizzata. Quando rincontrerò mia madre avrà di nuovo il suo dolce sorriso, solo questo mi conforta.
Figlio di un americano fabbricante di armi da guerra, 23 anni
Ultimamente mio padre è sempre sorridente. Non litiga quasi più con mia madre. Gli affari vanno bene di brutto e anche io, ovviamente, sono felice. Abbiamo decuplicato, anzi, molto, molto di più i guadagni, e quel sorriso stampato sulla faccia di mio padre mi conforta. Oggi compio 23 anni e il party nella nostra mega villa sarà speciale, parola d’ordine non badare a spese. Stavolta verranno anche tre mie amiche che inseguo da tempo, vi giuro, super fighe; due fotomodelle e una spogliarellista, ma mia madre questo non lo sa, e non è importante lo sappia. Ho prenotato per loro un jet privato. Figurone! Per non parlare del gruppo rock che mi costa una follia.
Ora, non ci crederete, sono in cucina ad aiutare mia madre. Avremo un catering pazzesco, ma due stronzate mia madre vuole comunque preparale per dire che perfino noi cuciniamo, e poi, quando le sto vicino lei s’intenerisce. Sto affettando degli… porc… put… Ma che male! Me l’aveva detto mio padre di stare attento con i coltelli di ceramica. Dio che male! Come quando ti tagli con la carta, se non vi è mai capitato non immaginate il dolore. Ecco mio padre che si affaccia in cucina “Che succede?” gli dico che mi sono tagliato e, buonanotte, gli parte l’ansia. Vuole vedere la ferita, non è niente di grave, gli dico “Ma questo taglio non è bello! Ti avevo avvertito! Sei proprio imbranato accidenti. Quei coltelli sono armi! Andiamo al pronto soccorso, ci vorranno almeno due tre punti!” Io insisto che non è niente mentre avvolgo il dito in un tovagliolo. Niente da fare, è preoccupato da morire. Il suo sorriso stampato da giorni è un ricordo. Mannaggia essere l’unico figlio maschio!
Al pronto soccorso siamo in attesa. Io sono tranquillo ma a essere sinceri la ferita brucia terribilmente, un dolore che non vi auguro, accidenti ai coltelli di ceramica. Mio padre adesso sta esagerando con l’ansia. Gli dico di essere sicuro che il tendine non è rotto. Mi guarda il sangue che ha imbevuto il tovagliolo e si agita guardando la porta da dove dovrebbe apparire l’infermiere. “Allora? Quanto ci vuole? Mio figlio ha urgenza!” Ecco che riceve una telefonata e in un secondo cambia espressione “Come? Altra commessa? Quanti carri? 50? Ma è fantastico! E… come? Missili quanti? Grande! Per il contratto? Sì, sì, certo…”
Ecco, finalmente si è distratto. La sua fabbrica è la sua vita. Ora che con la guerra in Europa gli affari vanno a gonfie vele non lo tiene più nessuno. Si augura che questa manna continui per molto tempo. In verità a me ora interessa di avere la medicazione e andare via da questo pronto soccorso. Ho il party accidenti, e… non capisco, comincio a sentire un odore strano, come di carne bruciata, qui, proprio dove era seduto mio padre, e a destra… ma che è? Sembrerebbe odore di sangue, ma che schifo di ospedale, sangue a destra e puzza di arrosto a sinistra, ma io me ne frego, ho altro a cui pensare. Certo, proprio oggi che ho il party mi da fastidio avere il dito fasciato; accarezzare le fighe magari da loro fastidio… Ma? dio santo! Questa puzza sta aumentando. Mi alzo ed è come se mi seguisse. Ma che paranoia, che schifo!
Salvatore Garau