Se facessimo un sondaggio, proprio alla luce degli esiti dell’ultimo Consiglio Europeo (dove ogni decisione in merito ad una politica comune dei flussi migratori è stata bloccata dal veto di Varsavia e Budapest), chiedendo quali siano i Paesi membri della UE che violano con dolosa sistematicità i Trattati Europei, il risultato sarebbe con ogni probabilità il seguente: nell’ordine di gravità Ungheria e poi Polonia. Abbiamo scritto diversi contributi su questa testata, negli ultimi mesi, approfondendo gli aspetti sui quali il governo di Orban, da un lato, e il governo di Morawiecki, dall’altro, nonostante le diffide e le sentenze della Corte di Giustizia, con le conseguenti sanzioni decise da Bruxelles e con una condanna internazionale mediatica e diplomatica, abbiano continuato, imperterriti, le loro condotte contrarie ai principi fondamentali dell’Unione Europea: l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, la libertà di stampa e di pensiero, il rispetto delle minoranze politiche, il rispetto dei diritti civili e religiosi dei cittadini.
La guerra russo-ucraina ha fatto stendere, di fatto, un pietoso velo di opportunismo su questo vergognoso scenario (per molti, qui a Bruxelles, nel dicembre del 2021 sembrava ormai matura la clamorosa decisione politica delle esclusioni di Budapest dall’Unione!). Oggi la Polonia è diventata “il campione europeo” nella lotta contro Putin; l’Ungheria, un alleato indisciplinato e non affidabile ma comunque un paese situato sui confini di un territorio che potrebbe rappresentare un obiettivo di nuove invasioni della potenza militare russa. In questo quadro, Bruxelles e gli altri stati membri si sono distratti o, peggio, non hanno voluto “aprire” altri due dossier molto delicati e spinosi: due casi di stati membri in una chiara e voluta situazione di manifesta violazione dei Trattati europei. Ci riferiamo a Malta e a Cipro e proviamo a spiegarvi il perché.
Malta: il paradiso del riciclaggio e delle organizzazioni criminali
La ONG “Transparency International”, ogni anno, redige una classifica che individua i paesi a maggior tasso di corruzione percepita. Malta è agli ultimi posti tra gli stati membri europei, davanti soltanto a Ungheria, Bulgaria, Romania e Croazia. A livello mondiale Malta ha lo stesso punteggio in termini di corruzione percepita di paesi come il Ruanda e l’Arabia Saudita. Non è che noi italiani ci possiamo permettere di fare i “maestrini” in materia: mentre Malta in una scala da 0 (il Paese corrotto) a 100 (il Paese non corrotto) si ferma a quota 51, l’Italia si classifica a quota 56, non molto distante quindi! Il GAFI (l’organismo internazionale di controllo sulle operazioni finanziarie) nel 2021 ha inserito Malta nella lista grigia, quella relativa ai paesi nei quali è ragionevole credere che avvengano rilevanti operazioni finanziarie illecite.
Nella lista del GAFI non compare nessun altro paese membro dell’Unione Europea e, di contro, ci sono Haiti, Filippine, Pakistan, Zimbabwe, Siria e Sud Sudan. Il governo di La Valletta proprio per cercare di evitare la vergogna reputazionale dell’inserimento dell’isola nella classifica del GAFI, ha iniziato una negoziazione con tale organismo di controllo impegnandosi a programmare una rigida serie di verifiche sulle sue banche e sulle sue infrastrutture finanziarie. Ne vedremo i risultati a breve…
Da parte sua, come dicevamo, l’Unione Europea ha fatto finta di niente: si è limitata a qualche raccomandazione a cui poi non ha fatto seguito nulla. Gli specialisti in materia ritengono che le ragioni di tale situazione della società maltese siano riconducibili a due fattori fondamentali: (i) il primo è che Malta per anni ha scelto di posizionarsi come un “paradiso fiscale”, offrendo importanti e appetibili riduzioni di tasse soprattutto agli stranieri. In più e, aggiungiamo noi, di conseguenza, è diventata un centro di smistamento di denaro “sporco”, riciclato, movimentato soprattutto da banche compiacenti. Ultimamente Malta ha acquisito un nuovo primato: la capitale delle scommesse sportive clandestine. (ii) La seconda ragione del fenomeno corruttivo che sta caratterizzando l’isola è riconducibile alla cosiddetta “vendita dei passaporti d’oro”. Si tratta della scelta del governo di “vendere” passaporti maltesi, quindi europei, a persone di tutte le nazionalità purché disposte a versare ad un fondo di investimento maltese almeno 650.000,00 euro. Denaro a fronte di… nessun controllo.
Acquisire un passaporto europeo significa entrare in possesso di una serie di diritti che riguardano i movimenti sul territorio, gli affari, la libera circolazione nell’ambito dell’Unione Europea. Negli ultimi 10 anni, come ha recentemente scritto l’Economist, molti russi e molti cinesi hanno sfruttato questa possibilità, diventando cittadini maltesi a tutti gli effetti con il conseguente libero accesso al mercato europeo, senza controlli. Dopo una sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha sanzionato Malta, pare che ci sia stato un ridimensionamento di tale politica ma comunque il danno ormai è stato fatto e l’Europa si ritrova migliaia di cittadini non europei in possesso di un passaporto concesso da un paese membro con tutti i privilegi ad esso connesso.
Vale la pena riprendere quanto ha scritto l’Economist nel suo reportage: “Malta è un paese in cui i politici hanno rapporti sconcertanti con paradisi fiscali, democrazie illiberali e vere e proprie dittature”. D’altronde l’uccisione della giornalista Caruana Galizia dimostra come il potere maltese, toccato dalle inchieste della Galizia, abbia deciso l’eliminazione fisica di quella voce che cercava di denunciare le gravi illegalità del paese.
Cipro: il paradiso dei russi
Per una questione geografica e quindi di facilità di spostamenti, l’isola cipriota è sempre stata la sede di interessi affaristici illeciti delle organizzazioni criminali russe. Specializzatasi come centro di servizi con un’offerta di fiscalità estremamente ridotta, Cipro negli anni è diventata la capitale di molti flussi finanziari illeciti provenienti dal narcotraffico e dalla compravendita di armi. Secondo un report di una commissione del Parlamento europeo, Cipro, per la verità insieme alla Grecia, è diventata anche la porta di ingresso privilegiata in Europa per sistemi di sorveglianza e hacking illegale.
Sono numerosi gli scandali che hanno fatto emergere un certo lassismo in termini di uso degli spyware e dei sistemi di sorveglianza. Casi in cui il governo locale aveva posto sotto sorveglianza, in modo assolutamente clandestino, oppositori politici, avvocati e giornalisti. Anche la Grecia è diventata un paese caratterizzato da numerose aziende che hanno insediato la propria sede operativa ad Atene e che forniscono servizi di sorveglianza a molti paesi africani dove i vari governi mantengono il potere grazie ad un rigoroso controllo sul traffico telefonico degli oppositori. I due casi di Malta e di Cipro ci spingono ad una considerazione generale: la tolleranza di fenomeni di manifesta illegalità, a volte addirittura promossa dalle stesse istituzioni locali, può creare dei precedenti gravissimi all’interno della cultura dell’Unione Europea. Non ci sono alibi: l’Unione Europea riuscirà a vincere le sue complesse sfide se al proprio interno non permetterà aree di franchigia legale. La contaminazione negativa potrebbe essere, infatti, fatale alla realizzazione del progetto europeo.
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