Pochi passi nel centro di Torino per raggiungere il palazzo della Curia Maxima o dei Supremi Magistrati, antica sede del Regio Senato e della Camera dei Conti. Ora ospita l’Assessorato alla Cura della città, verde pubblico, parchi e sponde fluviali. Qui si lavora sul verde e sui fiumi cittadini, si progetta la loro valorizzazione.
Un nastro d’argento accoglie i visitatori in cima allo scalone e li conduce passo dopo passo nel corridoio aulico, fino ad una grande tela. Quel nastro d’argento riproduce il tratto torinese del fiume Po, da Moncalieri a San Mauro, percorso sinuoso arricchito dai vari affluenti. Il quadro di 3×2,5 metri è opera dell’artista spagnolo Bernat Sansó e mostra la vista che dal Po si apre sulla Dora. Acqua placida tra due ali fitte fitte di alberi incombenti. L’impatto è notevole.
Ho sempre amato le città d’acqua
Ho sempre amato le città attraversate dall’acqua. Torino che mi adotta, Roma del lavoro, Parigi dello svago. Passeggiare lungo le sponde, percorrerle in bicicletta. Il Po, il grande fiume. Qualcuno forse ricorderà il reportage RAI di Mario Soldati (1957-1958), viaggio enogastronomico lungo la sua valle. Qui un progetto di cittadinanza attiva ha contribuito alla riapertura di un parco abbandonato lungo le rive del suo fiume, un tempo sede dello zoo torinese. Recupero e valorizzazione.
Dopo l’anno della grande siccità è bello poter tornare a parlare di fiumi, di acqua che scorre, anche se non sempre tranquilla. Se circa un anno fa titolavamo “Chiuso per mancanza d’acqua” oggi la realtà è un poco migliorata. Finalmente piove. Nessun trionfalismo, i problemi rimangono, i cambiamenti climatici non arretrano e anzi si fanno violenti. Piogge improvvise, tempistiche strette. A terra i litri d’acqua attesi nell’arco di mesi. I terreni troppo aridi che non riescono ad assorbirla.
La “Siccità calda” che fa paura
E poi c’è il problema delle temperature. Racconta il climatologo Mercalli che Torino, fino ad aprile 2023, ha vissuto la peggiore siccità degli ultimi 200 anni. Ma rispetto ad allora le temperature medie sono state superiori di oltre 2 gradi. Le conseguenze sono evidenti. Una più veloce evaporazione dal suolo e dalla vegetazione, e poi le nevi, le nostre riserve di acqua dolce, che si sciolgono in fretta. “Siccità calda” viene chiamata dagli esperti. Una combinazione micidiale di carenza e apparizione-dissolvimento in rapida sequenza.
Fiumi, acqua, verde pubblico, recupero e riuso
Fiumi, acqua, verde pubblico, recupero e riuso. Sansó, mallorquín, 60 anni, quasi 20 vissuti a Parigi, dal 2015 nel capoluogo piemontese, ripete spesso che ama lavorare con ciò che “arriva dal vento”. L’installazione alla Curia Maxima, curata da Ludovica Gallo Orsi, è completata dalla barca da fiume che naviga verso l’alto, la prua rivolta al cielo. È costruita con rami recuperati dall’acqua. Recupero e riuso. E cosi, dietro alla tela, altri rami, detriti ancora utili, compongono il cavalletto per sostenere l’opera e diventano loro stessi “opera”. Si possono apprezzare anche gli appunti a matita di Sansó. Tra questi, “La bellezza nasce dal disordine”.
Una performance nel trambusto quotidiano…
Il sogno dell’artista è poter realizzare un quadro ancora più grande, dipingendo con il pennello piccolo su una tela di 10×3,3 metri: 33 metri quadri posizionati sulla sponda del fiume, en plein air. Lavorare 8 ore al giorno, sette giorni su sette per un mese. Una performance nel trambusto quotidiano, su quei Murazzi diventati famosi per la movida. Arte pubblica a contatto con i passanti. Parlare con loro, ascoltarli e forse invitarli a dare una mano. A mettersi alla prova. A dipingere. A vivere il fiume in tutta la sua bellezza naturale. Rigenerante. In fondo, non è di acqua che siamo fatti?
Alfredo Valz Gris