All’inizio del 2016 il regista statunitense Steven Spielberg aveva iniziato a programmare la produzione di un film, a titolo provvisorio “The Kidnapping” (Il rapimento), riguardante le vicende occorse in Italia, nella seconda metà dell’Ottocento, al fanciullo Edgardo Mortara.

Il Caso Mortara dal Sant’Uffizio a Hollywood

Queste vicende erano state raccontate diffusamente dallo storico statunitense David Kertzer (Premio Pulitzer 2015) nel suo libro del 1997 “The kidnapping of Edgardo Mortara” che aveva ispirato il regista. Dopo tre anni però Spielberg annunciò di aver rinunciato al film e l’dea di produrne un altro sullo stesso argomento passò a Marco Bellocchio. Il regista italiano iniziò le riprese nel giugno 2022 e le concluderà probabilmente nella prima metà del 2023 con il titolo provvisorio di “Rapito”. Il “Caso Mortara” è stato all’epoca all’ordine del giorno per diverso tempo e una ampia biografia digitale sul tema è presente presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna e presso l’Archivio del Sant’Uffizio del Vaticano.

L’invitiis parentibus del Concilio di Toledo

Edgardo Mortara, nato a Bologna il 27 agosto 1851, era il sesto degli otto figli (le gemelle Ernesta e Erminia, Augusto, Arnoldo, Ercole, Edgardo, Imelda, Aristide) di Salomon (detto “Momolo”) mercante bolognese e di Marianna Padovani, entrambi ebrei, che abitavano nel ghetto di Bologna al numero civico 196 della via Lame. Ricordiamo che, all’epoca, Bologna faceva parte dell’omonima Provincia dello Stato Pontificio sotto Papa Pio IX , Giovanni Maria Mastai Ferretti (noto antisemita divenuto tale nel corso del suo esilio a Gaeta nel 1848 all’epoca della Repubblica Romana anticlericale). Arcivescovo era il Cardinale Michele Viale-Prelà e Inquisitore provinciale il domenicano Pier Gaetano Feletti. In quel tempo, nello Stato Pontificio, vigevano le norme emanate nel IV Concilio di Toledo ( 633 d.C.) il cui “Corpus juris canonici” prevedeva – al 60° Canone – che “era dovere della Chiesa di sottrarre alle famiglie non cristiane i bambini che fossero stati “oblati” (cioè donati alla Chiesa) tramite il battesimo, anche “invitiis parentibus” (cioè contro la volontà dei genitori) affinchè fossero allevati secondo la fede cattolica”.

Quel battesimo inaspettato che cambia la vita di un bambino

Questa disposizione era stata emanata affinchè questi bambini non venissero considerati “apostati” (cioè lontani dall’ordine religioso) e quindi preclusi alla vita eterna dopo la morte. Questa norma era stata abolita nel 1765 dal Papa Clemente XIII con la Bolla “Apostolicum pascendi”, ma era stata ripristinata da Papa Leone XII nel 1850 e quindi appena tornata valida al momento del “Caso Mortara”. Questo fanciullo, quando aveva appena superato l’anno di età, era stato colto da una grave malattia, per cui, temendone la morte, la domestica di casa Mortara, Anna (“Nina”) Morisi ventenne cattolica, l’aveva battezzato di sua iniziativa, senza avvisarne nessuno, per consentirgli di accedere alla “vita eterna”. Il bimbo guarì l’anno dopo (1853) e la Morisi solo dopo altri quattro anni rivelò in confessione a un frate domenicano di aver battezzato a suo tempo un fanciullo ebreo che aveva creduto in pericolo di vita.

Prelevato dalla famiglia pr ritornare “fra le braccia della Chiesa”

Il frate riportò questo fatto all’Arcivescovo Viale – Prelà e questi ne parlò con l’Inquisitore Pier Feletti il quale – dopo aver avvisato la S. Sede a Roma – dispose che Edgardo venisse prelevato a casa dei genitori e portato “fra le braccia della Chiesa”. La sera del 23 giugno 1838 alcuni gendarmi pontifici agli ordini del Tenente Colonnello Luigi De Dominicis si presentarono nel ghetto ebraico nella casa dei Mortara per prelevare il piccolo Edgardo (che aveva sette anni) e portarlo a Roma. I genitori del bambino si opposero fermamente a tale prelievo per cui il Tenente Colonnello concesse loro 24 ore di tempo per contattare le Autorità ecclesiastiche competenti al fine di fare annullare l’ordine di prelievo. Trascorso tale tempo senza che i Mortara avessero potuto conferire con l’Arcivescovo Viale-Prelà, i gendarmi presero Edgardo il mattino dopo e lo portarono a Roma “invitiis parentibus” (secondo i genitori il bimbo era “piangente e recalcitrante” mentre secondo i gendarmi era “tranquillo e sereno”).

La richiesta del padre per riavere suo figlio fu respinta

Nella Capitale il bambino venne ospitato nella “Casa dei Catecumeni” (i neofiti da convertire al Cristianesimo). Appena giuntovi, venne nuovamente battezzato, con tutti i crismi religiosi, dal Rettore Enrico Sarra col nome di Pio Maria in onore del Papa Pio IX. Solomon Mortara, nell’intento di riavere il figlioletto rapito, inviò prontamente (1859) un corposo memoriale al Cardinale Giacomo Antonelli, Segretario dello Stato Pontificio, richiamando il caso della bambina ebrea Regina Bianchini, battezzata a Padova all’età di 4 anni da un’altra bambina di 6 anni, compagna di giochi, cattolica, e il cui battesimo era stato decretato non valido dal Sant’Uffizio (peraltro solo a causa della giovane età della battezzante. Ma non ebbe alcuna risposta.

Sacerdotale nell’Ordine Agostiniano Padre Pio Edgardo Mortara si diede alla predicazione

L’anno dopo Salomon si appellò a un editto di Papa Innocenzo IV (1250) in virtù del quale era vietato battezzare individui di età inferiore a 7 anni (Edgardo era stato battezzato all’età di 17 mesi) , ma anche in questo caso non ebbe risposta. Frattanto Edgardo era stato trasferito dalla Casa dei Catecumeni alla foresteria della Chiesa di San Pietro in vincoli e di qui (1860) per breve tempo in una Abbazia in Tirolo e successivamente, per perfezionare la sua cultura cristiana, nella Casa dei Canonici lateranensi di Poitiers in Francia. Quivi, nel 1871, pronunciò i primi voti solenni e l’anno dopo nel Monastero di Beauchene a Cerizay ottenne il diaconato. Infine, nel 1873, a Poitiers fu ammesso all’ordinato sacerdotale nell’Ordine Agostiniano.

Parlava correttamente francese, tedesco, inglese, spagnolo, latino, greco ed ebraico antichi

Dopo un periodo di studio trascorso nell’Abbazia di Mattincourt nei Vosgi (1875) , Padre Pio Edgardo Mortara si diede alla predicazione, all’ apostolato e soprattutto alla conversione degli ebrei, viaggiando molto in Francia, Spagna, Germania, Austria, Gran Bretagna, Ungheria, Polonia, Belgio e persino nel Nord America. Di grande cultura (aveva conseguito il dottorato in teologia a Poitiers, parlava correttamente francese, tedesco, inglese, spagnolo, latino, greco ed ebraico antichi) rifiutò per tutta la sua vita i numerosi inviti della sua famiglia ( del fratello Riccardo e della madre Marianna) a rientrare nella comunità ebraica , dichiarandosi sempre “figlio di Papa Pio” (che l’aveva “adottato” segretamente nel 1860). Morì l’11 marzo 1940 all’età di 89 anni in Belgio nel Monastero dei canonici regolari lateranensi di Bouhay (Liegi).

Suo padre Solomon era morto nel 1871 e sua madre Marianna nel 1895. Nina Morisi, che era rimasta al servizio della famiglia Mortara, nel 1862 si era rifiutata, su invito di una altra domestica, di battezzare Aristide, il minore dei figli di Salomon che si era ammalato, ricordando quanto avvenuto dopo il battesimo praticato a Edgdardo. Morì nel 1916 all’età di 65 anni. Egdardo lasciò numerose omelie, articoli e un libro autobiografico “Das kind Mortara” e lettere nelle quali confermava sempre fermamente la sua fede cristiana.

Un ‘rapimento’ effettuato dalla Chiesa Cattolica

Il fatto che la Chiesa cattolica aveva “rapito” un giovane ebreo, venne in breve a conoscenza dell’opinione pubblica di tutta Europa e provocò una “levata di scudi” contro l’operato del Vaticano da parte di personalità politiche e di cultura oltrechè delle Comunità ebraiche internazionali. Si mossero, a favore della famiglia Mortara, tra il 1858 e il 1862, il Presidente del Consiglio del Regno d’Italia Camillo Benso di Cavour, l’Imperatore dei francesi Napoleone lll tramite il suo Ambasciatore presso la S.Sede duca di Gramont, l’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, il Re di Prussia Guglielmo l, il Senatore del Regno d’Italia Gioacchino Napoleone Piepoli parente di Napoleone lll, il Ministro degli Esteri francese conte Alexandre Walewski, il Rabbino capo di Germania Ludwig Philipson, il filantropo inglese sir Moses Montefiore, l’abate francese Vincent Delacouture e, a Bologna, il notaio Enrico Bottrigari.

Quel battesimo non doveva considerarsi valido…

Particolarmente critiche sulle decisioni del Cardinale Antonelli furono la Scottish Reform Society, l’Alleanza Evangelica Universale e le varie Comunità ebraiche europee che si unirono nella Alliance Israélite Universelle nel 1862 a Parigi. Nel corso di queste rimostranze venne fatta presente, fra l’altro, la scarsa attendibilità della Nina Morisi, della quale venne rilevata l’estrema ignoranza e analfabetismo, condizioni che rendevano dubbie le capacità di somministrare un battesimo, rendendolo quindi nullo. Venne anche riportata la testimonianza del medico della famiglia Mortara il quale dichiarò che, in quel tempo, Egdardo Mortara, se pur gravemente ammalato, non era mai stato in pericolo di vita e quindi il battesimo praticato dalla domestica non era avvenuto “in articulo mortis” (come previsto dal Canone) e pertanto non poteva esser considerato valido. Furono anche presentati al Cardinale Antonelli altri esempi di conversioni forzate di giovani ebrei da parte della Chiesa cattolica non riconosciute dalla S.Sede.

Nascosti dietro il Non possumus

Oltre a quella di Regina Biancheri gli fu ricordato il caso di Giuseppe Cohen, ragazzo ebreo di 11 anni, prelevato dalla sua famiglia da truppe pontificie nel 1864, portato a Roma nella Casa dei Catecumeni per esservi battezzato e di cui non si seppe più nulla dopo che il suo “rapimento” era stato giudicato illegale. E il caso della bimba ebrea francese Sarah Linnerviel di 18 anni che, nel 1861, era stata sottratta alla sua famiglia a Cambrai (Alta Francia) da membri della Congregazione cattolica di Notre Dame de Sion e trattenuta nel loro Convento di Cambrai per esservi educata nella religione cattolica poiché avventurosamente battezzata in giovane età, che fu però ricuperata dalla famiglia l’anno dopo. A tutte queste considerazioni il Papa Pio IX oppose sempre e drasticamente il suo
“Non possumus” (non mi è possibile) formula ecclesiale usata per esprimere un rifiuto assoluto.

Un caso scottante fino ai giorni nostri

A Bologna iI Governo pontificio cadde nel giugno 1859 a seguito della sconfitta dell’esercito austriaco (che lo sosteneva) ad opera dei francesi e piemontesi a Magenta nel corso della Seconda guerra di Indipendenza italiana e contemporaneamente venne meno il Tribunale dell’Inquisizione. L’Inquisitore Pier Feletti venne processato per il rapimento Mortara presso il tribunale del Regno d’Italia nel 1861 e fu assolto dopo aver dimostrato di aver agito su ordini della S.Sede. Il Cardinale Antonelli non subì alcuna accusa e non venne processato per lo stesso rapimento. Pio IX morì il 7 febbraio 1878 all’età di 85 anni e fu beatificato da Papa Giovanni Paolo ll nell’anno giubilare 2000. La causa per la sua successiva santificazione è stata sinora sospesa anche per l’intervento contrario di diverse Associazioni laiche internazionali a causa della sua presa di posizione nel “Caso Mortara”.

Gustavo Ottolenghi

 

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