Sono i giorni intorno alla festa della Liberazione. Scarpe da trekking e bicicletta, in giro per il basso Monferrato, tra le province di Asti e Alessandria.
Viene naturale ripensare ai tanti che in questi stessi giorni, quasi 80 anni fa, scavalcavano queste colline, attraversavano corsi d’acqua, si appostavano lungo le strade o nei boschi per quelle azioni che sono passate alla storia come guerra partigiana. Le colline di Fenoglio non sono lontane.
Mario Calabresi ne parla nel podcast “Hai presente il 25 aprile?” in cui l’autore interroga gli storici Colombini e Pezzino su quei due lunghi inverni di occupazione nazista, su chi e quanti fossero i partigiani, se tra loro ci fossero anche donne. La voce degli studiosi ci accompagna lungo il tragitto. Un buon ripasso o l’occasione per saperne qualcosa di più.
Se oggi sono i podcast a rappresentare la frontiera più avanzata della comunicazione, negli anni ’40 del secolo scorso, in clandestinità, come si comunicava? Con quali mezzi si contrastava l’informazione di regime?
Viene in soccorso il sito “Stampa clandestina”, progetto realizzato dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri – rete degli istituti per la storia della resistenza e dell’età contemporanea. Riprendo testualmente il passaggio introduttivo.
Come ha scritto lo storico Gianni Perona nel Dizionario della Resistenza edito da Einaudi «Poche congiunture storiche hanno visto la stampa svolgere un ruolo tanto importante quanto la Resistenza. Essa è portatrice di messaggi operativi, politici, propagandistici, morali, tutti d’importanza cruciale per i produttori come per i destinatari, comunicatrice di una cronaca vera da opporre alla falsità della stampa fascista, affermazione d’identità e simbolo di libertà per il fatto stesso di esistere. Per pubblicarla, trasportarla, riprodurla si mobilitano energie immense, si corrono gravi rischi e, letteralmente, si può morire».
“Stampa clandestina” ha censito oltre 850 testate. I numeri digitalizzati sono liberamente consultabili. Nello spazio di ricerca per luoghi digito – Moncalvo – è qui che siamo in pausa per il pranzo, e appare “Libero Monferrato”. Non è certo il giornale più famoso tra quelli in banca dati, 3 numeri pubblicati con prima uscita nel marzo 1945, poche settimane prima della liberazione. È l’organo di coordinamento della settima divisione Autonoma Monferrato operante in quel territorio e già ricordata su questo giornale come protagonista della liberazione di Torino. La scheda di presentazione racconta che su incarico del comandante della divisione viene individuata nel comune di Moncalvo (da qui l’origine della collocazione geografica) una tipografia che si presta a stampare il giornale, un unico foglio fronte/retro. L’intera tiratura di 6.000 copie viene poi trasportata a Cocconato, sede del comando della Divisione, per essere distribuita tra le varie brigate e nei territori di operazione.
Scorrono sullo smartphone le immagini della pubblicazione, la carta ingiallita dal tempo. Il numero 3, datato 21 aprile 1945, contiene notizie sulle azioni militari della Divisione, riporta l’ultima lettera di un Eroe e a fianco degli articoli principali, “Ultimo monito” e “Questa socializzazione…”, il breve trafiletto “Oltre la Morte” e quello intitolato “Giustizia”. Non entro in dettagli, quello che appare interessante, anche in quella situazione, è il voler affiancare alle notizie operative ampie riflessioni più politiche. La stampa, pur se clandestina, confermava il suo ruolo centrale nella Resistenza.
Risalgo in sella con qualche conoscenza in più. Sulla piazza principale di Moncalvo sorprende la presenza di una piccola Sinagoga, oggi di proprietà privata. Vento in faccia lungo la discesa, senso di libertà e di pace. Ancora oggi però il frastuono mortale delle armi risuona in troppe parti del mondo. E neppure così lontano da noi.
Alfredo Valz Gris