Ascolto spesso su Radio 3 la trasmissione Hollywood Party degli scoppiettanti conduttori Crespi, Della Casa, Magrelli e Zonta.

Il Veltroni di Quando tra passato e futuro

Giorni fa sono rimasto incuriosito dalle interviste al regista e ai protagonisti di Quando”, ultimo film di Walter Veltroni. Così, sono andato a vederlo.
Devo dire che, quando penso a Walter Veltroni, penso alla sua iniziativa sugli spettacoli cinematografici a prezzo ridotto nel corso della settimana, ma anche alle sale Bingo. Penso anche al suo discorso di insediamento come Segretario del PD con gli stessi toni del discorso di commiato.

C’è un Battisti di sottofondo

Mi viene poi in mente quel congresso del PD – se ricordo bene – aperto con una canzone di Cesare Cremonini. Per non parlare del suo dichiarato amore – ancora se ricordo bene – per le canzoni di Lucio Battisti sentite in sottofondo durante le riunioni della FGCI (Federazione Giovanile Comunisti Italiani – in sostanza, la Federazione Giovanile del PCI). Quest’ultima circostanza – sempre se ricordo bene – risultava da un’intervista resa ad un giornale (non ricordo quale) in occasione della morte di Lucio Battisti.

Ma soprattutto ho scolpita in mente una sua intervista in cui ha dichiarato di essersi iscritto alla FGCI perché affascinato dal liberalismo di Enrico Berlinguer. Mi erano partite due mani “a carciofo” che non riuscivano a districarsi, dovevo andare a far pipì e non ci riuscivo. So che ha fatto molto altro, ma l’avevo perso di vista. Del resto questi ricordi non mi incentivavano granché a seguirne “la vita e le opere”.

Però questo film mi è piaciuto

Non sarà un’opera che rimarrà negli annali della Storia del Cinema ma l’ho trovato piacevole. Una serie di snodi mi hanno aperto il cuore.
Penso allo strepitoso risveglio del protagonista, dopo 31 anni di coma, cantando L’Internazionale: è chiaramente surreale ma godibilissimo, roba da darsi di gomito. C’è una scena in un ristorante che avrei voluto congegnare io: condivisibile reazione davanti a un incomprensibile menù, fatto di piatti con mille ingredienti di cui non si capisce “un tubo”. Piatti che, potrei giurarci, alla fine non sanno di niente. Poi per fortuna il liberatorio approdo in una trattoria di “compagni”.

La storia si dipana facendo via via il punto sul “mondo che era” e quello nel quale il protagonista si risveglia. E che cosa dire del vibrante discorso in occasione del pur tardivo esame di maturità? La summa di un pensiero di Sinistra forse ancora possibile e forse ancor pur pallidamente progettuale? Mi piace in questi casi giocare alla ricerca della perfezione del perfettibile (lo so, “perfezione” è sempre una parola grossa, ma insomma, stiamo giocando di fantasia). Ecco, sì! Il Protagonista apprende affranto della morte di Lucio Battisti (rieccolo Veltroni) di Lucio Dalla e Fabrizio De André. Qui mi sarebbe piaciuto – chessò – un cenno a Guccini e Lolli, che, invece, c’erano ancora (il film è ambientato nel 2015 e Claudio Lolli era ancora vivo).

Peccato che sia andata come è andata

Dai, ci avrei visto bene un bel sospirone di sollievo. Consolazione per il protagonista e giusto tributo a due grandi cantautori del mondo della Sinistra.
Così, allo stesso modo, nell’osteria in cui tutti si mettono a cantare “Bella Ciao” sarebbe stata una chicca che il ragazzo con la fisarmonica avesse accennato anche a “Su in collina”, straordinaria canzone di Guccini sulla Resistenza, uscita nel 2012. Avrebbe così dato l’idea di una memoria che si nutre, si arricchisce e si rinnova. Una memoria che non rimane sempre ferma, inchiodata a una certa retorica che, diciamolo, a volte prende un sapore un tantino stantio.
I titoli di coda sarebbero stati splendidamente incorniciati con “La fine del cinema muto” di Lolli. Una geniale riflessione degli attori del cinema muto attoniti ed emarginati al sopravvenire del sonoro.

Insomma, come il “popolo della Sinistra”: oggi un popolo di “pugili suonati” dalla piega che ha preso il mondo. Tuttavia, un popolo – spero – di malinconici mai rassegnati. Penso che sarebbero state tre belle non dico “zampate”, ma almeno “zampatine”. Ma, d’altra parte, Veltroni con il suo garbo, la sua misura e il suo aplomb non è tipo da “zampate” e neppure da “zampatine”. E del resto alla FGCI facevano le riunioni ascoltando Lucio Battisti. A pensarci bene forse non è un caso che sia andata com’è andata.

Claudio Zucchellini

Claudio Zucchellini

Avvocato, Consigliere della Camera Civile di Monza, attivo in iniziative formative per Avvocati, Università, Scuole e Società Civile.

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