Per una serata che mi è stata proposta in un vivace Circolo Culturale ho riletto molto materiale sulla vicenda di Aldo Moro.
L’avevo già fatto anni fa nel quadro di una iniziativa per la formazione degli Avvocati. Era venuto da noi Ferdinando Imposimato ed era stato un pomeriggio memorabile. Questa volta ho proceduto su più binari in parallelo. Anzitutto le lettere di Moro dalla prigione delle Brigate Rosse. Poi il suo Memoriale ed alcuni libri che raccontano quei 55 giorni dal rapimento al ritrovamento. Ho avuto però una preziosa, singolare ed ormai rara fonte supplementare: il quotidiano Lotta Continua (me ne sono state regalate quattro annualità quasi complete). Ecco si, direi che l’ingrediente di maggiore originalità sia stato proprio questo giornale. Una voce del tutto fuori dal coro della stampa di allora, ricordo tutta compattissima sul “fronte della fermezza”: “con le BR non si tratta”.
Sappiamo come è andata a finire
Rileggere in modo coordinato queste fonti, oggi, ha creato le condizioni per un “registro” diverso. Volutamente omesso il capitolone dei “misteri del caso Moro”, si, insomma, delle cose che ancora “non tornano” (e ce ne sono tante e di ogni tipo), mi sono concentrato anzitutto sul contenuto delle lettere. Rilette e ri-rilette tutte, quelle note e meno note, quelle recapitate e quelle non recapitate ma ritrovate nel corso delle indagini.
Alcune sono pagine di letteratura
Alcune invece impressionano per la finezza della trama espositiva. Altre per la sapienza dei percorsi argomentativi. Col passare dei giorni cresce lo sgomento del prigioniero.
Eh si, perché la posizione dei politici destinatari è “Moro non è Moro”. “Queste lettere non sono moralmente ascrivibili all’Onorevole Aldo Moro”. I toni di Moro si fanno giorno dopo giorno più pressanti. Il linguaggio è sempre più chiaro e diretto. Incredulo per non essere creduto, stupefatto per essere ignorato, sbigottito per non essere riscontrato, Moro insiste nello spiegare le ragioni che impongono, invece, di trattare. In occasioni precedenti si è accettato di trattare in contesti ben più torbidi. Perfino inconfessabili … Ma si trova davanti un muro. Lui ed anche la famiglia.
“Moro non è Moro”
Scrive “Non assolverò e non giustificherò nessuno” … “Non creda la DC di aver risolto il suo problema liquidando Aldo Moro” … “Io ci sarò ancora come punto irrinunciabile di contestazione e di alternativa”.
Ma “Moro non è Moro”
Da Presidente della DC chiede la convocazione del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana per “rimuovere l’impedimento del suo Presidente”. Fa presente la necessità che il Partito assuma una decisione secondo le procedure statutarie: niente di niente.
“Moro non è Moro”. Ecco, di fronte alla compattezza del suo Partito sulla linea della fermezza fa davvero impressione leggere il Memoriale. Moro espone infatti la incapacità di programmazione della DC in quanto vincolata da correnti e clientele. Ammette la paralisi del Partito nell’assumere decisioni importanti per il Paese a causa dei lacciuoli dei piccoli interessi di bottega delle correnti.
Il caso Lockheed? Certo, lui, proprio lui, aveva pronunciato quel famoso discorso in Parlamento
Toni inusitatamente decisi e turgidi per lui, in genere così indiretto e paludato.
Ora allusivo. Ora concettuoso. E invece, in quell’occasione: “Non ci faremo processare nelle piazze”, aveva tuonato. Ma adesso è sotto processo, lui, nella “Prigione del Popolo”.Nel Memoriale quello scandalo viene indicato come nient’altro che uno dei casi della “boscaglia della corruzione nelle forniture militari” … “sentore di sporco diffuso … di notevole indifferenza per le esigenze ed i diritti del Paese”. Andreotti sponsor di Sindona a New York (lo indica come “il salvatore della lira”) nonostante le avvertenze preoccupate del nostro Ambasciatore? “Forse non fu un gran giorno per la DC”. Scelte politiche adottate per compiacere finanziatori del Partito? “Non è questo un bel modo dignitoso di armonizzare le proprie politiche”.
Divisa dalle correnti, unita dalle tangenti
La Dc della Ragion di Stato nel memoriale viene rivelata proprio come veniva additata dalle opposizioni: “divisa dalle correnti, unita dalle tangenti”. Solo i ragazzi di Lotta Continua insistono per la trattativa scrivendo che Moro è un prigioniero, è privato della libertà, non possono non stare dalla parte del prigioniero. Questo Stato infame non ha nulla da salvare, tratti e salvi la vita al Prigioniero. “Né con lo Stato né con le BR”, questo lo slogan. E giù, dai giornaloni, fiumi di inchiostro a deprecarli. E giù parole di fuoco del Partito Comunista e dalla DC. Il giornale esce in testata grigia invece che rossa, non ci sono i soldi per l’inchiostro, appello ai Compagni: “sosteneteci”.
“La vita di Moro è in pericolo. Loro sono già morti”
Poi il tragico epilogo. “Nessuno potrà cancellare l’infamia dell’assassinio di Moro” titola il giorno dopo Lotta Continua. A Torrita Tiberina i funerali riservati e privati della famiglia secondo le disposizioni di Moro e la volontà condivisa dai familiari. E poi invece quelli di Stato, senza salma. Surreali. Quelle facce di cera, di bronzo. Di tutto. Quel Papa nel suo grigiore sulla sedia gestatoria traballante (“Il Papa ha fatto pochino. Forse ne avrà scrupolo”, aveva scritto il Presidente nell’ultima riga dell’ultima lettera). “Melmosa ipocrisia del regime” titolava lo squattrinato e isolato giornale. Anni dopo il Presidente Cossiga in una famosa intervista ha ammesso di essersi sbagliato: Moro era davvero Moro.
Siamo sicuri di poterli tanto o poco rimpiangere?
Claudio Zucchellini