Come promesso nell’ultima intervista con Bruno Segre, di rievocazione della storia de L’INCONTRO, siamo tornati a discorrere con lui in merito a tre argomenti fondamentali della nostra vita: LA PACE, IL SOCIALISMO e I DIRITTI CIVILI, che erano già stati posti a base della sua lunga attività sia come giornalista, sia come avvocato. Iniziamo proprio con il primo di essi, argomento che dovrebbe essere “pacifico” e che, oggi è, viceversa, divisivo quant’altri mai.
Come si spiega che, a parole, tutti vogliamo la pace, ma poi, nei fatti, è da sempre che l’uomo combatte guerre feroci e sanguinose?
Occorre partire, a mio avviso, da una considerazione di fondo e cioè che l’uomo è naturalmente un essere aggressivo. Basti pensare alla vita che doveva condurre l’uomo primigenio, in perenne lotta per difendere sé e la propria famiglia dalle bestie feroci, dalla natura selvaggia e dagli altri uomini, vicini e/o nemici.
È solo con la nascita delle città e delle loro multiformi attività (dai fabbri ai mercanti, dagli artigiani agli architetti) che l’uomo comprende che “lo stare insieme” e il progresso, originato non solo dalle scoperte scientifiche o tecniche, ma soprattutto dalle diverse competenze concorrono a formare “il consorzio umano di reciproco rispetto”, come afferma Rousseau.
È così che gli uomini comprendono che la pace è un valore e una conquista da difendere il più possibile.
Diversamente si tornerebbe al principio, affermato già da Plauto e poi ripreso da Locke, del “tutti contro tutti”, cioè dell”homo homini lupus”. Quando però la lucidità mentale diminuisce l’uomo torna ai suoi peggiori istinti che emergono con prepotenza: basti pensare a ciò che avviene quando l’uomo, ad esempio, beve smodatamente e si ubriaca o quando abusa di droghe. Già Nietzsche aveva affermato che l’uomo è un “angelo sospeso sull’abisso” e che basta poco per farlo ritornare all’originario stato bestiale.
In definitiva, se ho ben compreso, la pace (un po’ come la democrazia) non è data per sempre, ma va conservata giorno per giorno, sia come conquista individuale, sia come conquista dell’intera società.
È vero ed è solo grazie a secoli di ipocrisia che gli uomini riescono, talora, a stemperare la violenza subita ed i torti ricevuti. Basti pensare a ciò che avviene normalmente nei rapporti sociali, nel lavoro, in famiglia, ecc. Quante volte prevale un aspetto esteriore bonario o pacifico (mentre nel nostro intimo pensiamo e faremmo ben altro!). Poi, talora, l’atteggiamento litigioso, se non addirittura violento, esplode improvvisamente. Occorrerebbe spendere molte più parole sull’ipocrisia, ma mi limito a constatare che è proprio la politica il settore nel quale l’arte dell’ipocrisia reciproca si è maggiormente manifestato.
Sinora ci siamo soffermati piuttosto su dati genetici, caratteriali, dell’uomo. E’ però indubbio che molte guerre si sono scatenate per fattori diversi: da quelli economici a quelli geo-politici, dal razzismo alle religioni. Che ne pensa?
È indubbio che nei secoli le cause scatenanti di guerre sanguinose siano state varie e difficilmente catalogabili, anche in considerazione del fatto che spesso vi sono fatti o fattori imponderabili che hanno determinato crisi globali. Basti pensare a fenomeni materiali quali inondazioni o siccità, terremoti o glaciazioni che hanno determinato fenomeni migratori imponenti e l’inevitabile scontro tra popoli diversi. Ne è un esempio ancor oggi drammatico l’Africa: quanti paesi avrebbero risorse materiali per il benessere di tutti i cittadini, mentre a paese potenzialmente “ricco” corrispondono milioni di poveri, spesso in lotta feroce tra di loro, con pochissimi arricchiti che vivono nel lusso.
Venendo ad oggi non si può non evitare di commentare la guerra in corso in Ucraina e il perenne conflitto tra Israele e la Palestina. Che cosa ne pensa? E soprattutto quali potrebbero essere le soluzioni?
Sul primo punto, premesso che Putin è un dittatore e l’invasore, la situazione è assai complessa e meritevole di approfondimenti non possibili in questa sede. Ricordo come già Hitler e la Germania nazista attuarono un programma di conquista dei paesi vicini basato sul principio della presenza in essi di popolazioni di origine e/o di lingua tedesca e come il tentativo di ridurli alla ragione rimase senza esito.
Ora, mentre per la Crimea la conquista russa è avvenuta sostanzialmente senza contrasti, al contrario in Ucraina la politica di Putin si è scontrata con la incredibile resistenza del Paese aggredito e con una solidarietà dell’Occidente che non era affatto ipotizzabile. La soluzione di tale conflitto è sicuramente complessa e difficile e, a mio avviso, dovrebbe passare attraverso un’azione, da parte dell’ONU, ben più “forte” di quella attuale. Proprio pochi giorni fa il giornalista Rampini, sul Corriere della Sera, indicava come un esempio di “pacificazione”, pur senza che essa sia mai stata dichiarata formalmente, quello della Corea con la creazione di due Stati e di una “terra di nessuno” in mezzo ad essi. E’ una soluzione, lo ribadisco, notevolmente complessa ma, in Corea, è ormai da più di cinquant’anni che funziona.
Per quanto riguarda, viceversa, il rapporto tra Israele e la Palestina ritengo che non si possa prescindere dalla creazione definitiva di due Stati liberi e sovrani con territori ben definiti.
La situazione attuale di continui lutti, assalti, vendette reciproche, non porterà da nessuna parte, specie ora che Israele è governata da un reazionario quale è Netanyahu. Il nazionalismo, etnico, culturale e religioso, sia da una parte, sia dall’altra, non ha creato che, dal dopoguerra ad oggi, lutti infiniti che vengono alimentati già dalle scuole per i bambini: sarebbe assolutamente preferibile che venissero chiuse tali istituzioni che incitano solo all’odio reciproco.
Alessandro Re