Spoils system sì, spoils system no: il dibattito è sempre più infuocato. I due attuali schieramenti sono chiari. I favorevoli sostengono che il metodo fa parte integrante della democrazia e dell’alternanza delle coalizioni al governo. Che non c’è nessuna violazione della normativa se il governo rappresentante la maggioranza in Parlamento desidera che l’attuazione del programma sul quale si è votato, sia gestita e accompagnata da dirigenti pubblici in sintonia con le intenzioni della nuova maggioranza.
Non esistono opzioni giuste o sbagliate
Dall’altra parte, i contrari, obiettano che il sistema tende a premiare più la fedeltà, anche ottusa, che non le competenze. Un dirigente fedele ed efficiente può velocizzare le pratiche, rendere più snella la burocrazia, permettere l’attuazione del programma in maniera più efficace. Anche se, proprio perché più fedele che non bravo, può fare molti più danni di un funzionario meno “fedele” al capo, ma più scrupoloso e prudente. Il dibattito è annoso e non crediamo esista un’opzione giusta o un’opzione sbagliata. Dipende dalle scelte che il governo, legittimamente eletto dalla maggioranza uscita dalle ultime elezioni politiche, intende fare. Vale la pena, a questo proposito, fare un passo indietro e capire le radici storiche della questione, risalente ad oltre 200 anni fa negli Stati Uniti.
Due visioni dello Stato e due sistemi di organizzazione della Pa
Un modello, definito francese, fondato sulla preminenza dello Stato e sulla permanenza del suo assetto organizzativo rispetto ai governi che cambiano. La priorità di questo sistema è la lealtà dei burocrati verso lo Stato, non verso le maggioranze politiche che si alternano al governo. L’esecutivo può cambiare ma l’apparato della pubblica amministrazione garantisce la continuità e resta impermeabile all’alternanza. Questo modello che ha le sue radici in una visione napoleonica dell’istituzione statale, conta anche su delle scuole di formazione proprio per i dirigenti pubblici di altissimo livello, come avviene appunto in Francia per l’ENA, la Scuola di Amministrazione Pubblica.
Le buone regole della Legge Bassanini
Il secondo modello, definito invece americano, si fonda proprio sul meccanismo dello spoils system. Il vincitore delle elezioni ha il diritto di portare con sé un team di dirigenti con cui intende attuare il programma. Noi italiani scegliemmo il modello americano e nel 1998 il Ministro della Pubblica Istruzione, Franco Bassanini, studiò una disciplina che venne poi approvata dal Parlamento e divenne legge dello Stato. Quella norma ha aperto importanti spazi per rinnovare, cambiare, immettere nell’amministrazione dirigenti nuovi e spesso più giovani, ad ogni cambio di maggioranza governativa. La legge Bassanini prevede che i dirigenti vengano nominati non per tutta la vita ma per un periodo pluriennale, in modo da poterne verificare attitudini e risultati. La politica deve dare loro obiettivi precisi e nel caso di mancato raggiungimento dei risultati previsti può sostituirli.
Spoils system all’italiana
Ci sono due eccezioni: per i vertici dei ministeri (capi dipartimento e segretari generali) si è scelto invece il modello dello spoils system all’italiana. Ogni nuovo governo ha tre mesi di tempo per decidere conferme o sostituzioni. “Perché un nuovo governo – ha dichiarato recentemente l’ex Ministro Bassanini, il padre della legge – che nasce dal voto degli elettori ha il diritto di avere i mezzi e i poteri per attuare il programma sul quale è stato eletto e dunque di scegliere i dirigenti più adatti”. Bassanini è stato anche preciso nel riaffermare i razionali della sua riforma. “La situazione che ho ereditato nel 1996 prevedeva che i vertici di tre ministeri fondamentali come l’Interno, gli Esteri e la Difesa (i prefetti, gli ambasciatori e le alte cariche militari) fossero in qualunque momento sostituibili dal governo su proposta del loro ministro: dunque spoils system all’italiana. Così è ancora oggi”.
Due principi costituzionali: merito e imparzialità
“Negli altri ministeri la regola era diversa – ha sottolineato Bassanini – quando si liberava un posto di direttore generale, il Ministro poteva proporre un nome di un dirigente che aveva vinto un concorso, ma anche no. Decideva il Consiglio dei Ministri. Dopo di che, una volta che era stato nominato in quell’incarico, restava a vita perché, si diceva, in questo modo era garantita la sua imparzialità”. Il prof. Sabino Cassese, Presidente emerito della Corte Costituzione e Ministro della Pubblica Istruzione nel governo precedente a quello di Bassanini, da trent’anni si batte contro questa norma. “Tradisce almeno due principi costituzionali, merito e imparzialità – sostiene Cassese – l’accesso non avviene tramite concorso o esame comparativo aperto a tutti e il principio di imparzialità, che dovrebbe ispirare la pubblica amministrazione, viene conseguentemente meno… Il concorso o l’esame comparativo aperto consentirebbe di scegliere persone veramente qualificate, con i titoli giusti”.
Ma come dovrebbero essere questi concorsi o esami comparativi? E chi dovrebbe giudicare i candidati?
Cassese è stato molto puntuale nella risposta. “Dovrebbero essere concorsi aperti a tutti e competitivi, nel senso con più candidati per i posti da occupare. Questi dovrebbero essere giudicati da una commissione composta da persone in grado di giudicarli. Lo si è fatto e lo si intende fare per cariche importanti come quelle delle autorità indipendenti”. Alla luce di questo quadro politico e giuridico, al di là della stucchevole polemica lanciata da alcuni esponenti della sinistra su presunti eccessi del governo Meloni in ordine alla decisione di sostituire molti (troppi per i critici!) funzionari dello Stato, un punto ci sembra dirimente. La Legge Bassanini ha disciplinato un diritto (non un obbligo!) della maggioranza di poter scegliere i funzionari pubblici con i quali concretizzare il programma elettorale premiato dagli italiani. E’ questa una opzione che legittima il governo in carica a decidere e lo responsabilizza a modificare le risorse professionali esistenti nei ministeri, sostituendo, a suo piacimento, i soggetti ritenuti o per i profili professionali o per la loro opinione politica coerenti con gli obiettivi del governo.
“I governi hanno il diritto – ha dichiarato il costituzionalista Alfonso Celotto, dell’Università di Roma 3 – di scegliere per i ruoli apicali persone di loro gradimento. E’ un problema di consuetudine, di sintonia, di comunanza, di ideali!”
Tutto qui!
Il resto, a nostro avviso, è miope polemica partitica, non costruttiva. Bisognerebbe invece riflettere sull’opzione Cassese che immagina, come abbiamo visto, un accesso ai ruoli della pubblica amministrazione basato su merito e imparzialità. Bisognerebbe, secondo Cassese, che il governo che intenda sostituire alcuni funzionari dei ministeri, indica un bando con il dettaglio dei profili richiesti; un bando mirato a selezionare davvero i migliori, con i titoli giusti per i ruoli indicati. Una commissione composta da esperti dovrebbe valutare i candidati e scegliere i più adeguati ai profili richiesti. Salvo i tempi di questa ipotesi di procedura, forse potrebbe rappresentare la giusta formula per equilibrare il diritto allo Spoils system coniugato con una selezione competitiva dei candidati.
Riccardo Rossotto