Proprio sull’onda e all’interno del dibattito scatenato dall’intervento del neo Ministro di Giustizia, Carlo Nordio, che abbiamo appena commentato su queste colonne, vale la pena approfondire un argomento specifico e molto delicato e importante per la libertà di tutti noi cittadini italiani. Il processo mediatico che si instaura prima e a prescindere dagli sviluppi dell’istruttoria giudiziale in corso. Un processo che, sui giornali, sancisce già una condanna preventiva agli imputati di turno senza, troppo spesso, ascoltare la loro opinione, la loro tesi difensiva oppure senza rispettare, comunque, gli sviluppi dell’inchiesta. Si torna al fatidico “sbatti il mostro in prima pagina” tanto per ottenere audience a breve, fregandosene nella maniera più assoluta degli esseri umani coinvolti, della loro reputazione, della loro privacy e delle loro famiglie.
Tra i diritti dell’imputato e la riservatezza
Torniamo alla violazione del segreto istruttorio e alla impropria diffusione di intercettazioni telefoniche su individui non ancora condannati dopo un regolare processo. Il prof. Vittorio Manes, titolare della cattedra di diritto penale all’università di Bologna, è un esperto della materia. Ha pubblicato il volume “Giustizia mediatica. Gli effetti perversi sui diritti fondamentali e sul giusto processo”(Il Mulino) che si occupa di questo tema delicatissimo dell’equilibrio – anche se sarebbe meglio parlare dello squilibrio – tra i diritti dell’imputato alla riservatezza. E ancora dei diritti della stampa a informare l’opinione pubblica, i diritti della magistratura a svolgere le indagini in modo efficace e riservato. E’ interessante ripercorrere i ragionamenti del prof. Manes sviluppati nel suo citato volume.
Il rischio della centrifuga mediatica
L’autore ritiene che l’adozione e l’attuazione della direttiva europea sulla presunzione di innocenza, rappresenta un passo avanti certamente positivo “in termini di civiltà giuridica, al di là di aspetti tecnici certamente migliorabili” . Secondo Manes, il tema in discussione non lo si risolve con delle leggi, ma con una diversa cultura. “Deve maturare una sensibilità nuova in questo campo, un approccio sensibile ai diritti in gioco, che conservi al diritto-dovere di cronaca giudiziaria la giusta importanza senza annichilire i diritti contrapposti, ossia senza sacrificare diritti e garanzie degli indagati e dei soggetti coinvolti sull’altare dell’interesse pubblico e dell’audience, ma cercando un equilibrio sostenibile tra i valori in campo”. I recentissimi casi della Juventus e del deputato del PD, Soumahoro, auto sospesosi dalla carica di parlamentare, sono esempi importanti di tale centrifuga mediatica.
Dalla Juventus a Soumahoro: quella gogna che uccide il diritto
Sia la società calcistica sia il sindacalista, per la stragrande maggioranza dei media sono già colpevoli, senza bisogno di ulteriori indagini. In una recente intervista al periodico Il Dubbio, il prof. Manes è intervenuto proprio su questi due casi. “Direi che sono casi molto diversi – ha sottolineato il professore – perché uno concerne una narrazione mediatica che coinvolge direttamente i protagonisti della vicenda giudiziaria, l’altro solo indirettamente, essendo il soggetto solo un terzo “coinvolto”, solo in ragione di un rapporto affettivo-famigliare con l’indagata, e qui l’interesse pubblico è generato solo da motivi di opportunità (o sconvenienza) politica. In questa vicenda siamo, dunque, tecnicamente fuori dal perimetro della cronaca giudiziaria. In ogni caso, le notizie riflettono solo ed esclusivamente la fase delle indagini preliminari, una fase dominata dalle tesi dell’accusa, dove le argomentazioni della difesa sostanzialmente sono assenti. Anzi: nel caso della Juventus mi pare che le notizie principali siano tratte dall’ordinanza cautelare, atto adottato dal GIP su richiesta dei magistrati inquirenti senza interlocuzione con la difesa. Chiaro che la prima vittima – insieme al diritto di difesa – è la presunzione di innocenza: gli indagati sono visti come presunti colpevoli o come “colpevoli in attesa di giudizio”“.
La spinosa questione delle intercettazioni
Anche sul controverso tema della pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, l’opinione del prof. Manes è molto netta, L’autore del volume che sviscera tutti gli aspetti di questa delicatissima questione, ritiene che sia un aspetto deprecabile perché la divulgazione e pubblicazione delle intercettazioni trasforma quello che è un mezzo di ricerca della prova in una prova agli occhi di chi legge, senza che ci sia stata alcuna verifica nel corso dell’istruttoria. Questo crea nell’immaginario collettivo il convincimento di una colpevolezza tutta da verificare in sede giudiziaria. “Nelle intercettazioni – precisa il prof. Manes – si usano spesso locuzioni gergali, approssimative, spesso esagerate ed enfatiche, o persino pure millanterie, che non sempre corrispondono alla realtà dei fatti”.
Quanto possono influenzare il corso del procedimento giudiziario e quindi anche il verdetto finale dei giudici?
E’ il quesito che si pone Manes, rispondendo che purtroppo tale rischio è rilevante perché tutta una serie di elementi che il giudice del dibattimento non dovrebbe conoscere, vengono divulgati e possono quindi contaminare la sua “verginità cognitiva”. Quali potrebbero essere le soluzioni per cercare di arginare queste derive che impattano sul concetto di Giustizia … giusta? Il manifesto di Nordio individua alcune linee di intervento proprio per ovviare a tali contaminazioni negative. “Difficile trovare rimedi ad un problema ormai epidemico e sistemico – spiega Manes – che è quasi il frutto di una irresponsabilità organizzata”.
“Certo, servirebbe un approccio più sensibile ai diritti degli indagati e dei terzi e servirebbero una “ecologia dell’informazione” ed un “giornalismo responsabile” che dovrebbe condurre a selezionare con molta cautela il materiale pubblicato … gli antidoti sono anzitutto culturali e la loro diffusione dovrebbe consentire all’opinione pubblica di avere consapevolezza che quella “mediatica” è una “giustizia senza processo”, una giustizia sommaria che travolge destini professionali, imprenditoriali, politici, calpestando anche vite personali e famigliari, una improvvisa “discesa agli inferi” che comprende soltanto chi ha la sventura di viverla”.
Il pensiero del prof. Manes ci dovrebbe aiutare a leggere con minor emotività e maggior conoscenza gli indirizzi contenuti nel manifesto del Ministro Nordio, perché su certi titoli l’ex magistrato cerca proprio di individuare delle soluzioni a questo rischio di un massacro mediatico preventivo per dei cittadini innocenti.
Riccardo Rossotto