La comunicazione è ormai tutto, nel senso che è quasi più importante non ciò che dici, ma come lo dici e come lo comunichi sui “social”.

Ora il giorno di Pasqua Luca Morisi, lo “stratega” della comunicazione via web della Lega, ha pubblicato su Facebook il seguente proprio messaggio:


Sotto al messaggio appariva, in bella evidenza, la foto di Salvini (chiamato il Capitano, non si sa di che) che ammirava, tutto compreso, con sguardo attento ed interessato, un mitra che teneva in mano.

Ora, anche se già in molte altre occasioni Salvini era apparso in foto con mitra, fucili e pistole, il testo e la foto costituiscono un vero salto di qualità ed un messaggio non trascurabile: noi non ci faremo intimidire ed anzi, per attuare il nostro programma, ricordiamo a tutti che “noi siamo armati e dotati di elmetto”.

Naturalmente vi è chi dirà che la comunicazione in oggetto è ironica, che era uno scherzo, seppur di cattivo gusto, e con poco rispetto per i valori cristiani a cui la Lega ogni giorno dice di ispirarsi.

La realtà è ben diversa, posto che le parole hanno sempre un fondo di verità, soprattutto quando sono usate in politica.

Lo ha ben rimarcato Filippo Ceccarelli sulla Repubblica del 23 aprile, ricordando come già Bossi, per anni, avesse affermato di avere “300 mila bergamaschi pronti a insorgere in armi”, parlato a più riprese di golpe, di munizioni da acquistare, milizie da arruolare, e così via.

La memoria (e non la comunicazione) corre però ad un altro Capitano (che in realtà raggiunse solo il grado di caporale durante la guerra 1915/1918) che aveva affermato, in un articolo del 15 dicembre 1917, apparso sul Popolo d’Italia, quindi ben prima di giungere al potere, il primato morale e politico dei combattenti, riconoscendo il valore, di per sé, “del bel colore del sangue”, delle trincee e delle bombe a mano:

“Lanciare una bomba è un esercizio brillantissimo ……. si gettavano o si gettano sul grugno degli austriaci. Bellissimo!”.

L’ulteriore affermazione è la più sconvolgente di tutte:

“Non si capisce perché nessuno, in Italia, abbia mai preso l’iniziativa di fondare una scuola per addestrare i futuri soldati nel lancio delle bombe”!

Vi sono in nuce tutti gli elementi del futuro fascismo: l’esaltazione della guerra, il primato dei combattenti e degli arditi, il valore delle armi e della necessità di addestramento ad esse, in vista del loro utilizzo, dapprima contro il “nemico” interno, all’epoca i socialisti, e venti anni dopo, all’esterno, inseguendo i destini imperiali di Roma e di Hitler.

Non stupisce, quindi, che pochi anni dopo, giunto al potere nel 1922, Mussolini abbia subito dichiarato che il proprio governo si sarebbe basato sulla forza e non sul consenso; concetto rimarcato ancor più chiaramente nel discorso alla Camera del 3 gennaio 1925, dopo l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti:

“Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione è la forza. Non c’è mai stata altra soluzione nella storia e non ce ne sarà mai”.

Va unicamente ricordato che il “nemico” contro il quale lottare, allora, non era più rappresentato dal socialismo, ormai sopraffatto con le buone o con le cattive, ma la stessa democrazia, che venne infatti trasformata in regime.

Alessandro Re

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