San Francisco, la Silicon Valley, e forse il mondo intero seguono da mesi la vicenda Twitter. Elon Musk, l’uomo (forse) più ricco del mondo, e da anni utilizzatore accanito di Twitter, decide di comprarsi la società per ben 44 miliardi di dollari.
Firma il contratto.
Tenta di recedere.
Viene trascinato in Tribunale in Delaware per essere costretto a perfezionare l’operazione.
Si oppone.
Capisce che perderà la causa.
Completa quindi l’operazione.
Cessa la quotazione di Twitter in Borsa, diventando effettivamente il “padrone” di Twitter.
Licenzia subito il 50% del personale.
Costringe l’organico rimanente a lavorare giorno e notte, ma soprattutto a tornare in ufficio.
Il personale si rivolta ed una parte importante si licenzia.
Chiude gli uffici.
Tutto questo nel giro di pochi mesi…e poi vedremo
Un uomo forse strano e complesso, ma indubbiamente geniale, ideatore di Tesla e di SpaceX, gestore di aziende complicate e di alta tecnologia. Un uomo che inciampa fondamentalmente sull’acquisizione di una banale piattaforma di opinione, di un giornale, se vogliamo, e soprattutto si scontra per la prima volta con la cultura del “tech” californiano. Questo con la marea di giovani ingegneri e programmatori appartenenti ad una generazione che mal sopporta i diktat e la gestione padronale ed autocratica che lui era invece riuscito ad imporre nelle sue aziende industriali.
Chi vincerà?
Il banco scommesse è aperto (perfino a Las Vegas), ed io scommetto che…Netflix ne farà una serie televisiva come fece per Uber (SuperPumped: The Battle for Uber) e Theranos (The Dropout). Rimaniamo sintonizzati per le prossime puntate. Peccato che, con Twitter non più quotata, non si possa scommettere in Borsa.
Antonio Valla