Quando, domenica 30 ottobre ho sentito diversi tele e radio giornali “aprire” con la notizia del mandato, dato dal ministro dell’Interno al prefetto di Modena e al capo della polizia, di adottare, sia pure coordinandosi con le autorità giudiziarie, ogni misura per interrompere il rave party in corso e liberare l’area, ho provato un senso di fastidio. Fastidio che è aumentato il giorno dopo, quando il consiglio dei ministri ha approvato un decreto che comprende (anche modificando l’articolo 633 del Codice penale) un inasprimento delle norme penali riguardanti i raduni illegali. Con riferimento implicito ai rave party.

Perché questo fastidio?

Non ho certo adottato la parola d’ordine Acab (All cops are bastards), sono per il rispetto della legge e apprezzo il lavoro delle forze dell’ordine. Il fatto è che certe scelte, sia per la tempistica, sia per il risalto mediatico, hanno un forte valore simbolico, che si traduce in un messaggio chiaro. In Italia, come mi spiegava il mio primo direttore Franco Serra, già negli anni Ottanta, in almeno quattro Regioni, la malavita organizzata esercita un controllo del territorio superiore a quello dello Stato. La situazione non è certo migliorata, in 40 anni. Anzi, oggi, in mezzo Paese, quasi tutti i pubblici esercizi sono obbligati a pagare il pizzo, senza che le pubbliche Autorità possano (o vogliano?) intervenire. La criminalità è così diffusa da avere tra i 300 e 500 mila “addetti” (senza contare i 2,7 milioni di lavoratori in nero) per un giro d’affari stimato in 300 miliardi di euro, un settimo del Pil.

Mettere ordine nei rave party non è sbagliato

Non dico che mettere ordine nei rave party sia sbagliato. Trovo surreale che, in un Paese ad altissimo tasso di criminalità, come confermano questi dati drammatici, la prima iniziativa del ministro Matteo Piantedosi, strombazzata a più non posso, abbia riguardato non la lotta alla malavita, ma quella contro un evento non autorizzato. E, a rafforzare il segnale che la priorità per l’ordine pubblico è la guerra ai rave party, Piantedosi ha chiesto e ottenuto, appunto, che il contrasto alle manifestazioni prive di autorizzazione fosse uno dei cardini del primo decreto legge del nuovo governo. Qualcuno potrebbe obiettare che contrastare i rave party illegali non significa rinunciare a combattere Mafia & Co, che una cosa non esclude l’altra. In linea teorica sarà anche vero.

La realtà, comunque, è che la prima azione del ministero dell’Interno non è stata promuovere una retata di estorsori, bensì sopprimere un raduno di giovani. E non mi si dica che la Stato doveva intervenire anche perché i partecipanti erano strafatti di droga. In ogni città ci sono vie, piazze o giardini in cui lo spaccio avviene da anni alla luce del sole. E nessuno interviene.

Quell’humus culturale che lega il Festival di Woodstock ai rave nostrani

Ma la mia perplessità è dovuta anche a un altro motivo. Questi raduni sono i pronipoti del mitico Festival di Woodstock dell’agosto 1969. Certo, sono pronipoti degeneri e di basso livello: al rave party di Modena non erano previsti artisti come Joan Baez, i Santana o Joe Cocker. Resta il fatto che anche Woodstock non era il regno della legalità. Fu trasgredita almeno una dozzina di leggi. In particolare, erba, acido e (un po’ meno) eroina giravano a fiumi. Tra gli spettatori vi furono almeno un paio di morti, probabilmente per overdose. Eppure oggi il festival è diventato leggenda: viene ricordato come un grande momento di musica, pace e amore. Certo, Woodstock rappresentò l’apoteosi della filosofia hippy, mentre è più difficile trovare un humus culturale che pervada la manifestazione di Modena. Ma ogni generazione fa storia a sé e i rave party sono una delle espressioni, piuttosto diffusa, visto i numeri dei partecipanti, delle ultime generazioni. E contrastare un fenomeno sociale solo con le forze dell’ordine, raramente si rivela una scelta saggia.

Il governo Meloni rischia la schizofrenia

Una repressione a muso duro, condita addirittura dalla richiesta di leggi speciali, mi sembra un approccio sbagliato e soprattutto sproporzionato, quando in alcune città ci sono zone dove la polizia entra a suo rischio e pericolo e spesso le viene impedito di fare un arresto. Bonificare dalla malavita uno di questi quartieri sarebbe stato, ai fini dell’obiettivo di ripristinare l’ordine nel Paese, un segnale più forte che sgomberare l’area dove si sta tenendo un rave party. Un’ultima annotazione. Il Governo Meloni rischia la schizofrenia. Da un lato si comporta da destra libertaria, quando reintegra i sanitari no vax e toglie contestualmente le multe agli over 50 non vaccinati. Mostrandosi comprensivo con chi ha scelto di non obbedire al “sistema”. Dall‘altro fa la destra perbenista e legalitaria e si accanisce non contro la vera criminalità, ma contro chi ha un comportamento trasgressivo.

Milo Goj

Milo Goj

Milo Goj, attuale direttore responsabile de L’Incontro, ha diretto nella sua carriera altri giornali prestigiosi, come Espansione, Harvard Business Review (versione italiana), Sport Economy, Il Valore,...

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