Su richiesta del direttore, il professor Milo Goj, ho sviluppato, per L’Incontro, un’indagine destinata a fare chiarezza sul tema “come mai le uniche 5 donne arrivate, nei maggiori Paesi dell’Europa occidentale, a presiedere un governo sono tutte rappresentanti di partiti o coalizioni di Centrodestra?”. Quesito reso ancora più intrigante in quanto nell’immaginario collettivo l’emancipazione della donna è considerata una battaglia di sinistra o comunque progressista.
I Paesi considerati sono stati: Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna e Germania (precedentemente, Repubblica Federale Tedesca). Le cinque donne premier considerate sono
Margaret Thatcher,
Teresa May,
Liz Truss (UK, tutte e tre del Partito Conservatore),
Angela Merkel (Germania, Cdu ) e
Giorgia Meloni (Italia, FdI) Non sono comprese le francesi Edith Cresson (socialista) ed Elisabeth Borne (macroniana), che pure sono state (o sono) Primo Ministro, in quanto in Francia gran parte del potere esecutivo è di fatto (se non di diritto) appannaggio del Presidente della Repubblica.
L’indagine
Il mio è uno studio di natura qualitativa e non quantitativa. Si basa su 50 interviste realizzate tra il 26 e il 31 ottobre scorso a laureati in scienze politiche, storia, economia, sociologia e filosofia (o materie di queste aree). L’indagine, pur non potendo vantare una rappresentatività statistica assoluta, offre comunque indicazioni significative. Per prima cosa l’indagine ha voluto verificare se il fatto che le cinque donne “premier” fossero tutte di Centro destra (Cdx) sia casuale. Una certa casualità è stata riscontrata. Se in Francia la candidata della “gauche” Segolène Royal nel 2007 avesse battuto Nicolas Sarkozy, staremmo a raccontare tutta un’altra storia. Tuttavia l’opinione prevalente è che la casualità conti sino a un certo punto. Cinque su cinque non può essere una combinazione casuale.
Ma la difficoltà a individuare le ragioni per cui tutte le donne giunte ai vertici dell’esecutivo appartengano all’area Cdx non sta solo nel capire quanto conti “l’effetto caso”. Ci sono altri aspetti di cui tenere conto, che concorrono a rendere difficile considerare le cinque protagoniste come parti di un sistema omogeneo. Il primo è quello cronologico. Tra l’insediamento del primo governo Thatcher e quello del governo Meloni sono passati più di 40 anni. La società, la cultura (intesa nel senso più ampio), il quadro politico ed economico del 1979 sono profondamente diversi rispetto a oggi. Basti pensare che Iron Lady divenne primo ministro 10 anni prima della caduta del Muro di Berlino. Altro aspetto è la collocazione e la storia politica. Difficilmente Angela Merkel può essere assimilata a Margaret Thatcher, e nemmeno a Giorgia Meloni (almeno per ora).
Il Cdx non osteggia le donne, anzi
Gli intervistati, proprio per tutte queste argomentazioni, ammettono che i loro pareri sono frutto più di ipotesi e di suggestioni, che di certezze.
Detto questo, l’opinione più ricorrente è quella che, superata l’epoca delle suffragette, la “Sinistra” si sia occupata più di temi generali, di battaglie ideali, che di situazioni concrete. La cultura di Destra può avere una visione più tradizionale della famiglia e del ruolo della donna, ma oggi non pone in discussione (salvo casi estremi e comunque sporadici) che una persona possa intraprendere qualsiasi carriera indipendentemente dal sesso. Di conseguenza, nei partiti di Cdx le donne non sono state osteggiate. Anzi, a volte sono state agevolate, proprio per far vedere che una posizione tradizionale sulla famiglia e, in generale, sui valori, non significa avere un atteggiamento retrogrado. Da parte loro, le rappresentanti politiche del Cdx hanno voluto presentarsi tendenzialmente, come “persone”, a significare che quello che conta non è il sesso, ma quello che si pensa e si fa. In questo modo, evidentemente, sono risultate convincenti di fronte all’elettorato.
Una ventata di rivoluzione
Che ha visto in loro politici concentrati su problemi concreti, ma che, al tempo stesso, essendo di genere femminile, in un mondo dominato dagli uomini, portavano, pur senza ribadirlo, una ventata di freschezza e di innovazione. Alcuni intervistati hanno fatto notare come a volte le donne di destra impegnate in politica, si presentino come rivoluzionarie, o, comunque, come elementi di rottura nei confronti dello status quo. È il caso di Thatcher e, sia pure in modo diverso, di Meloni. Non di Merkel. Il fatto stesso di essere donne rafforza questa immagine. Iconica la foto della Lady di Ferro che spiccava con un tailleur azzurro, in mezzo a parlamentari in completo scuro. Una mise anticonvenzionale, l’emblema di una rottura.
Dalla ricerca è poi emerso come le rappresentanti politiche di sinistra vivano una contraddizione che le penalizza. Hanno una visione pro immigrazione e comunque poco o per niente punitiva nei confronti dei clandestini. Ma l’immigrazione clandestina, a torto o a ragione, è considerata di matrice islamica. Quindi portatrice di una cultura che discrimina le donne, almeno secondo i parametri occidentali.
Infine nei colloqui si è discusso sull’esistenza di un rapporto tra il fatto che la maggioranza delle donne “premier” di
Cdx fosse inglese (tre su cinque) e la lunghissima presenza di un regnante donna,
Elisabetta II. Per diversi intervistati, un rapporto, magari inconscio, potrebbe esserci. Per quanto possa essere super partes, una monarchia viene vissuta come un’istituzione “di destra”. Una regina che, rappresentava (regnando, ma non governando) egregiamente, con forte consenso e ammirazione, la Gran Bretagna, in qualche modo, probabilmente subliminale, creava un sentiment propizio per una Premier donna di destra.
Nestar Moreno Tosini