La porta del Quirinale a doppia anta che abbiamo vista inquadrata per le consultazioni del Presidente Mattarella , con i corazzieri in alta uniforme a significare la solennità del momento .
La porta di palazzo Chigi (anch’essa inquadrata con un solerte funzionario sull’uscio) in attesa dell’arrivo dei 2 primi ministri (uno entrante , uno uscente ), per il passaggio di consegne , e il rito della campanella .
La porta di Downing street al numero 10 , a un’anta sola , porta come di casa in una via piccola , ma piena di storia e significati , con un bel numero 10 affisso al battente.
E c’è anche la porta di una suite con terrazza , con vista su Roma , dove due quasi coetanei , si sono scambiati il primo appuntamento “al buio “, come testimoniano le foto.
Van di moda le porte, di questi giorni
Simbolo di potere , inquadrate in maniera quasi ossessiva , porte chiuse in attesa di decisioni, porte che si aprono per le dichiarazioni di rito.
In legno , principalmente, che abili ebanisti immaginiamo aver maneggiato con arte .
Chiuse come sinonimo di riservatezza dei palazzi. Ma soprattutto porte aperte a una nuova generazione di quarantenni , al potere in questi giorni : un’ italiana di 45 anni , un “indiano” di 42 , un francese- seppur non nuovo – di 44 .
E ne vedono delle belle le porte , e le maniglie del potere , di questi tempi !
“A porte chiuse “ ( Huis clos), non dimentichiamolo, è anche una famosa opera teatrale di Jean-Paul Sartre.
Ed è anche la fonte di quella che è forse la più famosa frase di Sartre: “L’inferno sono gli altri” (“l’enfer, c’est les autres“).
Ma oggi più che di porte chiuse, e di inferni nascosti dietro quelle porte , preferiamo parlare di porte aperte.
Lasciare le porte aperte a nuove soluzioni , e chiudere le porte a vecchi paradigmi
Porte
Se c’è una cosa che le porte ci insegnano in questi giorni , che siano a 2 ante o a singolo battente , è che la democrazia più che di porte chiuse o porte aperte , è fatta di porte girevoli. C’è chi entra e c’è chi esce , il tutto in simultanea, come accade nei grandi alberghi.
E in fondo è una constatazione rassicurante
Eraldo Mussa