Rullare di tamburi: la tecnologia sarà in grado di introdurci in esperienze sensoriali artificiali, ma indistinguibili da quelle reali!
Leggo del metaverso e mi viene in mente la bambola gonfiabile. Sì, quella bambola gonfiabile che galleggiava tristemente nel porticciolo di Bellagio una mattina d’autunno di qualche anno fa. Nel grigiore del lago, sotto un cielo livido, ondeggiava quella triste mollezza scomposta nel suo rosa rimarcato e innaturale.
Era tutta orifizi ostentati
Che disagio! Tutto ciò che sa di realtà virtuale mi insospettisce. Mi innervosisce. Anzi, a dirla tutta, mi intristisce. Trovo che la realtà virtuale suoni simile all’oppio dei popoli. Sappia di paradiso artificiale. Siccome dietro non ci sta un accidente della natura, uno scherzo del destino, un poker servito, ma ci sono infrastrutture tecnologiche complesse e costose, una tecnica pensata, “mi puzza” di fregatura. Qualcuno ha interesse, schietto interesse economico e di potere, a spingere in quella direzione perché ci si astragga. E perché ci si dimentichi, perché ci si sbalzi al di là della vera, effettiva, materiale, sana, godibile o dolorosa realtà materiale.
L’amore o la bambola gonfiabile?
Il sesso coi suoi coinvolgenti, torridi, liquidi turgori contrapposto a gommosi gonfiori. L’incontro, lo scambio, la comunità o la solitudine delle amicizie virtuali in luoghi virtuali tra persone finte o che si fingono, che si gonfiano il petto a colpi di like? Responsabilità, peso e impegno nella diversità o capricciosa soppressione con un click?
Metaverso: una prospettiva agghiacciante…
Mi stupisce, anzi mi atterrisce, l’entusiasmo acritico con cui tanti sembrano accogliere l’espandersi di questa prospettiva agghiacciante. Ineluttabile sì o ineluttabile no, agghiacciante rimane. Mi perplime leggere che giovani imprenditori innovativi siano lì, tutti eccitati, a fare o studiare proiezioni su quanto tempo l’umanità passerà nei prossimi anni dentro il metaverso.
Il mio io-giurista sorride…
Mi chiedo dove abbiano la testa, dove abbiano il cuore. Mi chiedo se abbiano sangue nelle vene o cos’altro. E se non si domandino mai se ci sia differenza fra burro e cannoni. Il mio io-giurista (sorrido…) pensa all’art. 4 della Costituzione. “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
La libera iniziativa privata non può ostacolare l’utilità sociale
Qualcosa di interessante ci detta anche l’art. 41 secondo cui la libera iniziativa privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Mi viene in mente un amico che ha un ristorante a 1000 metri con una meravigliosa vista sui due rami del Lago di Como. Mi ha raccontato che anni fa gli era stato proposto di collocare due slot-machines, una vera novità in quel tempo, nel suo frequentatissimo locale. “Con tutta la gente che ci viene e dividendoci l’incasso al 50%, faremmo un sacco di soldi. C’è gente che si rovina con queste macchinette”, fu l’argomentare del proponente.
No, le slot machine proprio no…
Il mio amico non ebbe dubbi. “Non mi interessa, voglio che nel mio ristorante le persone vengano, mangino bene, respirino aria buona e facciano una passeggiata nei boschi o salgano su in vetta”. Discorso chiuso. Mi chiedo se per gli apologeti del metaverso la prospettiva di business, il “fare il grano”, assorba e superi qualsiasi altra considerazione, qualsiasi diverso valore.
Sì, “Tra le vite artificiali e le morti naturali è difficile salvarsi”, come cantava in tempi ancora non sospetti il grande Claudio Lolli.
Claudio Zucchellini