Quali sono le principali aspirazioni e preoccupazioni degli italiani post voto? Nel brano qui di seguito, il sociologo e giornalista italo svizzero Nestar Moreno Tosini , presenta, in esclusiva per L’Incontro, i risultati di una sua indagine sul tema, condotta nella settimana successiva alla proclamazione dei risultati delle elezioni politiche. Il metodo utilizzato è quello delle interviste personali su un campione composto da 20 individui. Lo studio, pur non basandosi su una rappresentatività statistica assoluta, offre comunque preziose indicazioni sul sentiment degli italiani.
Milo Goj
In vetta ai pensieri degli italiani non c’è più la pandemia, con tutte le restrizioni annesse, né il destino dell’Ucraina. Né tantomeno l’immigrazione, la parità di genere o la sorte delle culture Lgbt. Il tema dominante è: come cavarsela di fronte all’aumento dei prezzi. Se le bollette rappresentano il simbolo di questi rincari, a fare ancora più paura è la spesa di tutti i giorni: dai beni di largo consumo a, per chi se lo può ancora permettere, il conto dei ristoranti e degli alberghi. L’inflazione sta terrorizzando gli italiani. I meno giovani, anche se non hanno una formazione di economia, percepiscono chiaramente che si tratta di un fenomeno diverso da quello che hanno vissuto negli anni Ottanta. All’epoca, all’Università Bocconi insegnavano che, sino al 10%, l’inflazione poteva considerarsi positiva, perché “oliava” i mercati. Era infatti un’inflazione da domanda. I prezzi crescevano perché crescevano i consumi.
Il meccanismo della “scala mobile”
Gli over 50 ricordano anche che all’epoca esisteva un meccanismo, chiamato “scala mobile“, per cui salari e pensioni aumentavano in funzione della crescita dei prezzi. In questo modo il potere d’acquisto non veniva eroso. Pur rendendosi più o meno conto dei vincoli posti dalla Ue e dalla perdita della sovranità monetaria, il campione sente forte l’esigenza di trovare un meccanismo del genere. “Se i prezzi continuano a salire, mentre gli adeguamenti di stipendi e pensioni sono risibili, gran parte della popolazione avrà problemi non di perdita di benessere, ma addirittura di sopravvivenza “.
Necessità di alternative
Certo, la maggior parte degli intervistati ritiene che la colpa di questa inquietante situazione sia esogena. Pensano soprattutto alla guerra tra Russia e Ucraina, anche se una minoranza accusa genericamente la speculazione internazionale. Però questa giustificazione non è, almeno di pancia, sufficiente. “Guerra o non guerra, Bruxelles o non Bruxelles, lo Stato non può permettere che i suoi cittadini non siano più in grado di riempire i carrelli dei supermercati. Se non possono più adeguare stipendi e pensioni al costo della vita perché non si può più stampare moneta, allora si trovino alternative come buoni spesa”, è il leit motive più ricorrente.
Alcuni intervistati (non mi è dato sapere se influenzati o meno da opinionisti pubblici) hanno sostenuto che questa folle corsa dei prezzi rappresenta scientemente un attentato ai diritti dei lavoratori e dei pensionati (che dovrebbero essere ex lavoratori). Le oligarchie, non potendo (almeno finora) avviare riduzioni di massa dei salari e delle pensioni, ne erodono drammaticamente il potere d’acquisto. Alla fine il risultato è lo stesso.