I Quadrumviri (secondo l’accezione romana antica cittadini scelti a formare il gruppo direttivo di un ente o una istituzione) fascisti furono Italo Balbo, Emilio De Bono, Cesare De Vecchi e Michele Bianchi. Eredi del Quadrumvirato romano, vennero nominati dal Capo del Movimento fascista Benito Mussolini a Milano il 16 ottobre 1922 nel corso della riunione del gruppo dirigente. Lo scopo era quello di avere guide fidate delle truppe nella marcia che avrebbe dovuto aver inizio verso Roma il 27 dello stesso mese, tesa alla presa del potere del Paese.
Italo Balbo
Il più noto, famoso e celebrato fra i Quadrumviri fascisti fu Italo Balbo nato a Quartesana (Ferrara) il 6 giugno 1896. Partecipò alla Prima guerra mondiale come volontario raggiungendo, nel 1917, il grado di Tenente nel Corpo degli Alpini. Lasciato l’Esercito, nel 1920 aderì al P.N.F. (Partito Nazionale Fascista) e alla Massoneria della Comunione di Piazza del Gesù a Roma (Loggia “Giovanni Bovio”) da cui uscì (in”sonno”) nel 1923. Grazie alla sua esperienza militare, nel 1921 Mussolini lo nominò Comandante generale delle Squadre d’Azione fasciste dell’Emilia Romagna. Nel 1922 in tale veste fu scelto come Quadrumviro per la Marcia su Roma.
Comandante della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
Laureatosi in Scienze politiche e Sociali presso l’Università di Firenze (1924), fu eletto Deputato del Regno d’Italia nella 27^ (1924), 28^ (1928) , 29^(1924) e 30^ (1939) Legislatura nel Gruppo parlamentare fascista di cui fu anche Consigliere. Membro del Gran Consiglio del Fascismo (massima carica nel Partito) nel 1923, Comandante generale della M.V.S.N.. La Milizia volontaria per la Sicurezza Nazionale, forza militare del Partito Fascista non apparteneva alle Forze armate era deputata al mantenimento dell’ordine pubblico nel 1923/24. Fu Sottosegretario al Ministero dell’Economia (1925/26) e dell’Aeronautica (1926/29), Ministro dell’Aeronautica (1929/33).
Ideatore delle trasvolate atlantiche
Ideatore e comandante delle Trasvolate atlantiche con idrovolanti a Rio de Janeiro (1930) e negli Stati Uniti (1933) fu nominato Generale di Squadra Aerea dopo la prima e Maresciallo dell’Aria. Governatore della Libia unificata (1934) vi morì, nel corso della Seconda guerra mondiale, il 28 giugno 1940 in circostanze mai completamente chiarite. La sua salma è stata trasportata e inumata nel cimitero di Orbetello accanto a quelle dei componenti dell’equipaggio del suo aereo abbattuto. Decorato con Medaglia d’oro al V.M., Medaglia d’oro al Valor Aeronautico, due Medaglie d’argento al V.M. e una di bronzo al V.M.
Cesare Maria De Vecchi
Cesare Maria De Vecchi, nato a Casale Monferrato il 14 novembre 1984, partecipò alla Prima guerra mondiale con grado di Sottotenente. Nominato Capitano d’Artiglieria (1918), a guerra finita aderì al Movimento fascista. Presidente della A.N.C. (Associazione Nazionale Combattenti) (1919) fu nominato da Mussolini Comandante generale delle Squadre d’azione fasciste del Piemonte (1921). E successivamente Quadrumviro nel 1922. Dopo l’ascesa al potere del Fascismo, fu eletto Deputato del Regno d’Italia nella 26^ Legislatura e nominato Sottosegretario al Ministero del Tesoro. Nel 1923 fu aggregato al Gran Consiglio del Fascismo, nominato Sottosegretario al Ministero delle Finanze, e nominato Comandante generale della M.V.S.N. nel 1924 (che lasciò l’anno dopo).
Dalla Somalia ad Ambasciatore in Vaticano
Il Re Vittorio Emanuele III lo nominò Conte di Val Cismon nel 1925 e nel 1930 conseguì a Roma la Laurea in Giurisprudenza, Lettere e Filosofia. Inviato in Somalia come Governatore vi rimase sino al 1928 allorché fu inviato come Ambasciatore in Vaticano, incarico che conservò sino al 1935. Ministro dell’Educazione Nazionale dal 1935 al 1936, Governatore delle Isole del Dodecaneso dal 1936 al 1940, durante la II guerra mondiale assunse il comando delle truppe italiane in Friuli. Ebbe il grado di Generale di brigata (1942) e poi di quelle in Toscana come Generale di divisione (1943). Durante la seduta del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943 votò l’Ordine del Giorno Grandi che – fra l’altro – esautorava Mussolini dal comando delle Forze Armate.
Visse in Argentina e fu sepolto a Rodi
Rimasto al comando delle truppe in Toscana, al sorgere della R.S.I. (Repubblica Sociale Italiana, fascista) si rese latitante e nel Processo di Verona contro coloro che avevano votato contro il Duce. Fu imputato di alto tradimento e condannato a morte in contumacia. Protetto dal clero salesiano sino alla fine della guerra, nel 1947 si recò con la moglie in Argentina. Rientrato in Italia nel 1949 vi morì il 23 giugno 1959 a seguito di improvvisa emorragia cerebrale. Secondo suo desiderio fu sepolto nell’isola di Rodi. Decorato con tre Medaglie d’argento e due di bronzo al V.M.
Emilio De Bono
Emilio De Bono, nato a Cassano d’Adda (Milano) il 19 marzo 1866 frequentò l’Accademia Militare di Modena negli anni 1880/84. Sottotenente (1884), Capitano (1900), Tenente colonnello (1912), Colonnello (1915), Maggior generale (brigata 1916), Tenente generale (divisione 1918). Durante la Prima guerra mondiale comandò (1916) la Brigata Savona e quindi quella Trapani. Dopo la guerra fu a capo del IX Corpo d’Armata a Verona (1918) e successivamente del XXI Corpo d’Armata in Carnia (1919). Posto in Ausiliaria nel 1920, aderì alla Comunione massonica di Piazza del Gesù di Roma, ove incontrò Italo Balbo. Nello stesso anno si iscrisse al P.N.F.
Comandante generale delle Squadre di Azione Fasciste in Lombardia
Per il suo prestigio militare fu nominato da Mussolini, nel 1921, Comandante generale delle Squadre di Azione Fasciste in Lombardia, Quadrumviro nel 1922. Membro del Gran Consiglio del Fascismo fu Comandante della M.V.S.N., Direttore generale della Pubblica Sicurezza e Capo della Polizia nel 1923. Da tutti questi incarichi si dimise l’anno successivo a seguito dei sospetti insorti sul Partito dopo il delitto Matteotti (18 giugno 1924). Governatore della Tripolitania (1925/1929), Ministro delle Colonie (1929/1935), fu nominato Commissario per l’Africa Orientale Italiana e Governatore dell’Eritrea nel 1935 e l’anno successivo Maresciallo d’Italia.
Arrestato e processato fu condannato a morte per alto tradimento
Durante la II guerra mondiale comandò il Gruppo Armate Sud. Nella riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943 votò l’Ordine del Giorno Grandi e a settembre, con l’avvento della R.S.I., fu arrestato e processato a Verona. Condannato a morte per alto tradimento l’8 gennaio 1944, venne fucilato a Verona l’11 gennaio. Insieme lui anche Galeazzo Ciano, Luciano Gottardi, Giovanni Marinelli e Carlo Pareschi. Venne sepolto nella sua città natale di Cassano d’Adda. Decorato con una Medaglia d’argento al V.M. e una Croce di guerra.
Michele Bianchi
Michele Bianchi, in quanto il meno noto fra i Quadrumviri fascisti, richiede un ricordo più dettagliato. Nato a Belmonte Calabro (Cosenza) il 22 luglio 1882, compì gli studi primari a San Demetrio Corone (Cosenza) e poi al liceo “Bernardino Telesio” del capoluogo. Iscrittosi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma nel 1902, nello stesso anno intraprese la carriera di giornalista come pubblicista presso la “Cronica di Calabria”. Seguirono l’incarico di redattore presso l’”Avanti” socialista 81903) e di direttore del settimanale “Gioventù socialista”, del quotidiano “Lotta socialista” a Genova (1905). E poi di “Divenire sociale” a Napoli (1907). Assunse quindi la direzione del settimanale (poi quotidiano) “la Scintilla” di Ferrara, del “Piccolo” di Trieste (1912), di “La Battaglia” (1913). E infine la redazione del “Popolo d’Italia” organo fascista (1915). Nel corso di queste attività fu più volte (1905 e 1911) arrestato per i suoi articoli antimilitaristi.
Segretario politico del primo Fascio di Azione rivoluzionaria
Iscritto al Partito Socialista nel 1903, Segretario delle Camere del Lavoro di Genova e Savona (1904), divenne Segretario politico del primo Fascio di Azione rivoluzionaria (1914/1919). Divenuto fervente interventista, partecipò come volontario alla Prima guerra mondiale come sergente di artiglieria (1915) meritando la Croce di guerra e contraendovi la infezione tubercolotica (che non l’abbandonò sino alla morte). Il 23 marzo 1919 partecipò alla storica adunata fascista a Piazza San Sepolcro a Milano. E, nel 1921, aderì al Partito fascista di cui, come “sansepolcrista”, divenne il primo Segretario generale (carica dalla quale si dimise due anni dopo).
Aderì alla Pantarchia
Questo titolo gli valse alla nomina, nel 1922, a Quadrumviro e componente (con Achille Starace, Attilio Feruzzi, Giuseppe Bastianini e Giovanni Marinelli) della “Pentarchia”, Organo deputato alla maggior parte delle funzioni dirigenti del Partito fascista. Si iscrisse alla Comunione massonica di Piazza del Gesù a Roma, senza peraltro mai incontrarvi né Balbo né De Bono. Fu nominato Membro del Gran Consiglio del Fascismo (1923) nel maggio successivo nel corso della crisi per il delitto Matteotti. Si schierò a favore dell’innocenza di Mussolini nell’accaduto. Deputato del Regno d’Italia nella 27^ Legislatura, circoscrizione calabra (1924), vi fu confermato nelle successive del 1928 e 1929.
Stimato da Mussolini
Sottosegretario al Ministero dei Lavori pubblici nel 1925 e al Ministero dell’Interno nel 1929. Unitosi a Maria De Seta dei nobili Pignatelli, non ne ebbe figli. Venne a morte il 3 febbraio 1930 a causa dell’aggravarsi della sintomatologia tubercolotica e Mussolini lo esaltò nel Foglio d’Ordini del P.N.F. (organo che porta direttive e notizie del Partito fascista). Fu sepolto il 28.10.1932 – anniversario della Marcia su Roma – nel Monumento (alta colonna rivestita in travertino con una croce a quattro bracci) eretto sul colle Bastia a Belmonte calabro dal P.N.F. locale.
Gustavo Ottolenghi