Organizzare un trekking di tre giorni al mare poteva sembrare una follia in questa estate torrida. Eppure, dopo due anni di chiusure prolungate e ripetute, di estati con mascherina e timori comprensibili, la voglia di partire è tanta, un bisogno fisico oltre che psicologico.
L’auto resta in garage, con biglietti ferroviari online e un Intercity puntualissimo partiamo destinazione Framura, piccolo paese nella Liguria di Levante. Al nostro fianco due zaini sotto i dieci chili, giusto l’occorrente per mantenere un minimo di confort, gli hotel già prenotati ci consentono di viaggiare con relativa leggerezza. A Framura sono curioso di vedere il tratto di pista ciclo-pedonale costruita sul sedime della vecchia ferrovia. Siamo ricchi di rotaie abbandonate, negli anni alcune sono già state recuperate con successo, vere e proprie greenways. Come la Airasca –Moretta non lontano da Torino o quella della val Brembana nella bergamasca.
L’Agenda ONU 2030 ha dato indicazioni precise
Non so valutare quale sia il ritorno di questi investimenti, ma certo consentono di bonificare aree di incuria, accendere una luce su territori talvolta marginali e creare nuove opportunità di lavoro nell’ambito di un turismo più sostenibile. “Entro il 2030, elaborare e attuare politiche volte a promuovere il turismo sostenibile, che crei posti di lavoro e promuova la cultura e i prodotti locali” (Sustainable Development Goals 8.9), è l’indicazione dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile.
“Nel cielo della cava rigato all’alba dal volo diritto delle pernici…”
Il tratto Framura-Levanto è attivo dal 2011, 5,5 chilometri fianco mare. Preferiamo partire con calma, al fresco delle gallerie, riabituarci allo zaino in spalla, ritrovare il giusto passo. Il percorso è assolutamente gradevole, poco trafficato, giusto qualche bici, nessuno a piedi. Ogni tanto, alla nostra destra, si aprono finestre vista mare, un primo assaggio. Breve sosta a Levanto per un pezzo di focaccia e per ricaricare le borracce, l’acqua non basta mai e quella della fontana è piacevolmente fresca. Iniziamo a salire puntando Punta del Mesco, prima camminando tra case sempre più rade e poi immergendoci nella natura. Il caldo ci rallenta, l’aria si fa pesante, gli odori sono quelli della macchia mediterranea. Arrivati lassù osserviamo il percorso che ci attende per i prossimi giorni. Il lungo tratto di costa, i piccoli borghi che la punteggiano, le aree ancora coltivate e l’azzurro del mare riempiono gli occhi. Seduti all’ombra dei lecci è il momento di seguire il consiglio di un amico e di leggere la poesia che Montale ha dedicato a quel luogo: “Nel cielo della cava rigato all’alba dal volo diritto delle pernici…”.
… a ogni passo si sollevano sbuffi di polvere
La discesa su Monterosso è bella ripida, il sole non dà tregua, come prima tappa può bastare. Entriamo di fatto nelle Cinque Terre e nel parco nazionale che le tutela, patrimonio UNESCO dal 1997. In questi paesi sono passato diverse volte ma mai li avevo affrontati a piedi, godendo di panorami del tutto nuovi. I sentieri sono in ordine, lunghe e ripide scalinate ci costringono a un cammino diverso da quello a cui siamo abituati in montagna, è un continuo salire e scendere. Ogni sera arriveremo in albergo con le gambe ricoperte di terra, non piove da troppo tempo e a ogni passo si sollevano sbuffi di polvere.
Il giorno dopo partiamo presto, il cielo è terso e per adesso il sole non brucia la pelle, il botteghino per il ticket del sentiero è ancora chiuso, pagheremo all’uscita. Sosta dissetante a Vernazza, pranzo a Corniglia, risalita a Volastra, il sentiero in mezzo alle vigne a picco sul mare, e discesa finale su Manarola.
Slow tourism tra cisti e corbezzoli
Ogni giorno conosciamo la meta, le nostre forze dettano i tempi e se uno scorcio ci rallenta, una casa o una pianta ci invitano alla sosta poco male, siamo liberi, non è una gara, l’unica tabella di marcia è il buon senso. Slow tourism. Tra cisti e corbezzoli non siamo i soli a camminare e nonostante i treni e le barche consentano visite più agevoli molti come noi, innanzitutto stranieri, hanno deciso di andare a piedi per assaporare dall’alto tanta bellezza. Dall’alto. Perché in basso, nei piccoli borghi affastellati attorno a un’unica via centrale e a un reticolo di viuzze la situazione sembra ben diversa. Momenti di caos totale in cui è difficile muoversi si alternano a pause di pace, specie di mattina. Siamo in estate, è comprensibile, e questi paesi dal fascino fuori discussione sono presi d’assalto da nuvole di turisti, arrivati fin qui con ogni mezzo, treno e barca, ma anche auto, van e pullman.
Alle Cinque Terre il territorio è fragile
Gruppi che si muovono compatti seguendo le guide finiscono per intasare i pochi spazi disponibili. Se le ricadute economiche sono evidenti, che costi ha il successo di un luogo? Penso a Venezia e alle discussioni sul numero chiuso. Ricordo Barcellona e il tentativo di ridurre la pressione sulla città indirizzando i turisti verso i territori limitrofi con progetti legati al cibo. Alle Cinque Terre il territorio è fragile, alcuni sentieri sono chiusi e la manutenzione costa, le tratte a pagamento contribuiscono al loro mantenimento. E i paesi? Tutti dovrebbero poterli visitare. È il “come” che andrebbe un minimo regolato. Me lo conferma l’albergatore con cui mi fermo a scambiare due parole davanti a un caffè di prima mattina. Con il covid avevano sperimentato un turismo meno caotico e si erano illusi che potesse diventare un nuovo standard. In questa estate 2022 tutto sembra essere tornato come prima.
Un tuffo in mare e una birra media per festeggiare il nostro viaggio
Terzo giorno, ci raggiunge una coppia di amici dopo un viaggio eterno in auto da Milano. Calpestiamo centinaia di scalini in salita e poi in discesa tra Manarola e Riomaggiore in mezzo a orti e fasce coltivate a vite, le gambe a pezzi fin dal mattino. Risaliamo in cresta fino al colle del Telegrafo, alti sul mare, e attraverso boschi di castagni e di sughere passiamo da Campiglia. Poi con un lungo traverso e alcuni passaggi aerei planiamo finalmente su Portovenere. Il tempo ci dà una mano, benediciamo qualche nuvola e spruzzi di pioggia rinfrescanti. Districandoci tra turisti in ciabattine, freschi sposi e invitati vestiti a festa saliamo in barca con i nostri zaini impolverati e ritorniamo verso il punto di partenza. Come in un flashback a filo d’acqua ripercorriamo i tre giorni di cammino. Il tuffo in mare e una birra media festeggiano il nostro viaggio. Sostenibile? Giudicate voi. Io l’ho trovato spettacolare.
Alfredo Valz Gris