Il CNF e anche Papa Francesco in questi giorni si sono espressi sullo spinoso tema dei suicidi in carcere e in generale sulla difficilissima questione carceraria (e i suoi problemi gravi, annosi e irrisolti). L’Incontro ha proposto nei giorni scorsi una serie di articoli molto interessanti in argomento. La loro lettura mi ha immediatamente fatto sovvenire due belle canzoni: “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De André e “Dalle capre” di Claudio Lolli.

Storia di un impiegato con  gli arrangiamenti di Nicola Piovani

La prima è inserita nel Concept albumStoria di un impiegato” uscito nel 1973. Un disco che mi piace molto con bellissimi arrangiamenti di Nicola Piovani. Racconta una storia immaginata nel quadro del Maggio francese del 1968. Inizia con la folgorante “Canzone del Maggio”, canzone “collettiva”, giocata sul registro del “noi” e del “voi”. Poi diventa una storia individuale ed un’avventura individualistica: quella del “Bombarolo”. Da una parte De André manifesta – mi pare – simpatia per il Movimento del ’68. Dall’altra rivela una siderale distanza rispetto al Movimento reale degli anni ’70 in Italia, come è provato proprio dallo sviluppo individuale, individualistico e avventuristico della vicenda.

Bombarolo individualista una mistificazione orchestrata dal Potere

La figura del “Bombarolo individualista”, teso a compiere il gesto salvifico contro il Potere, è totalmente estranea al Movimento e alle mobilitazioni di massa di quegli anni. Appartiene piuttosto ad una mistificazione orchestrata e propugnata dal Potere con i noti e ripetuti depistaggi delle inchieste sulle stragi.

La strategia della tensione

Ci ricordiamo Gianfranco Bertoli, l’autore dell’attentato davanti alla Questura di Milano in occasione della cerimonia per commemorare il Commissario Calabresi nel maggio 1973? Si proclamò anarchico individualista e si scoprì che non era né anarchico né individualista, ma – alla fin fine – legato a Servizi Segreti. Si trattò di una delle tappe della Strategia della tensione inaugurata con la Strage di Piazza Fontana. Guarda caso proprio in quella occasione fu ordita la montatura a carico di Pietro Valpreda, additato come anarchico individualista bombarolo e poi totalmente scagionato. Come sappiamo, ci sono voluti decenni per far emergere la verità, almeno a frammenti: scabrosi frammenti.

Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va…

Con la canzone finale “Nella mia ora di libertà” si ritorna al “noi”: “E adesso imparo un sacco di cose / in mezzo agli altri vestiti uguali / tranne qual è il crimine giusto / per non passare da criminali / (…) di respirare la stessa aria dei secondini non ci va / e abbiam deciso di imprigionarli / durante l’ora di libertà. / Venite adesso alla prigione / state a sentire sulla porta / la nostra ultima canzone / che vi ripete un’altra volta: / per quanto voi vi crediate assolti / siete per sempre coinvolti./ Per quanto voi vi crediate assolti / siete per sempre coinvolti”.

Gli anni delle molte rivolte carcerarie

Il riferimento alla rivolta carceraria è a mio modo di vedere l’unico elemento oggettivamente legato alla realtà italiana di quei tempi, in cui le rivolte nelle carceri si sono susseguite. Il mio pensiero non può non andare alle pazzesche circostanze della primavera del 2020 e a quei tredici morti nelle carceri in rivolte cui è stata vergognosamente messa la sordina in corrispondenza della pandemia.

Ho visto anche degli zingari felici…

Claudio Lolli con la sua “Dalle capre” ha, invece, imperniato una canzone sui pensieri di un carcerato nei confronti del suo secondino. “Lo so, lo so che vieni dalle capre / fin qui a fare questo bel mestiere, / lo so che neanche a te poi piace, / di vivere facendo il carceriere”.
Il disco è “Canzoni di rabbia” del 1975. Lavoro intessuto di ricchi arrangiamenti che precede solo di un anno l’autentica rivoluzione copernicana costituita dalla suite “Ho visto anche degli zingari felici”.

Finisci a far la guardia a un tuo compare per quattro soldi…

Lolli aveva scritto la canzone dopo aver passato qualche giorno ospite delle patrie galere, giovanissimo studente – raccontava – arrestato in flagranza per “oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale”. Un capo di imputazione “classico” di quegli anni. Non posso non sorridere) per aver reagito ad una richiesta di documenti con modi bruschi e arroganti da parte delle Forze dell’Ordine su un autobus di Roma.  “Lo vedo che la faccia ti diventa / giorno per giorno sempre più smarrita / man mano che ti accorgi / che ti manca proprio la chiave della tua vita. / (…) Finisci a far la guardia a un tuo compare / per quattro soldi, un po’ di vino e pane, / finisci che se prima eri pastore / ti trovi dopo a fare solo il cane”.
Il ritornello – “Se a casa noi non ci torniamo più / dentro tutta la vita ci sei anche tu”. Non ha bisogno di commenti.

Claudio Zucchellini

Claudio Zucchellini

Avvocato, Consigliere della Camera Civile di Monza, attivo in iniziative formative per Avvocati, Università, Scuole e Società Civile.

Discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *