L’eliminazione di Ayman al-Zawahiri, numero 2 di Al-Qaeda, braccio destro e ideologo di Osama Bin Laden da parte delle forze speciali statunitensi a Kabul, ci propone un tema interessante: l’utilizzo dei droni telecomandati in operazioni di guerra. E di pace. Sulla storia dei droni e i loro innumerevoli utilizzi pubblichiamo un interessante e attento articolo del nostro collaboratore Gustavo Ottolenghi, esperto di scenari di guerra e appassionato di strategie militari.
Dagli Stati Uniti alla Federazione russa li utilizzano tutti
L’impiego dei droni moderni in campo bellico è avvenuto ad opera degli U.S.A. nella guerra del Vietnam (1955/1975), Libano (1982), guerra del Golfo (1990/1999) ed in quella contro i talebani in Afghanistan (2010).
Dalla Federazione russa in quella con la Georgia (2008). Dall’Azerbajan contro gli armeni (2020 ). E da Israele contro la Siria (2020). Più recentemente ancora, nel conflitto russo-ucraino, si è vista la messa in campo dei più aggiornati e sofisticati di tali mezzi. I “Droni” (dall’inglese”drone” che significa “fuco”, maschio delle api, il cui ronzio in volo evoca quello del motore del drone) sono apparecchi volanti caratterizzati dall’assenza di pilota a bordo. Guidati da un computer sul mezzo e radiocomandato da un pilota lontano da esso. Sono classificati in vario modo. Come APR (aeromobili a pilotaggio remoto), ROA (remotely operate aircraft), RPV (remotely pilote vehicle). E ancora RPA (remote pilote aircraft), o UAV (unmanned aerial vehicle).
Arrivano ovunque e operano in cielo e in terra
A seconda del loro raggio d’azione vengono distinti con le sigle MALE (medium altitude long endurance) e HALE (high altitude long endurance). Inoltre per la loro funzione e il loro impiego bellico, come UCAV (unmanned combat aerial vehicle) e TUAV (tactical unmanned serial vehicle). In riferimento alla loro attività sono distinti in droni a uso civile o a uso militare e possono operare in terra e in mare, di solito in casi di missioni gravose o pericolose, in zone impervie o inaccessibili.
A pale o planari possono avere diverse forme
Strutturalmente si distinguono in droni “a pale” e in droni “planari”. I primi, a seconda del numero di pale inserite nel rotore (elemento meccanico che ne regola il movimento), comprendono elicotteri (se hanno un rotore con sole due pale), tricotteri, quadricotteri, esacotteri e ortotteri (se dotati di rotori con più pale). I secondi, planari, sono progettati per planare (atterrare) e sono privi di pale. Vengono costruiti nell’ottica di poterli ricuperare o di doverli perdere in missione. Sono costruiti in materiali leggeri (acciaio, alluminio, fibra di carbonio, plastica) e si muovono grazie a batterie (generalmente ai polimeri di litio) che alimentano i rotori. Hanno forme variabili: triangolari, poliangolari, circolari, ovali, allungati, sigariformi, con teste simili a quella di una balena. Oppure ripetono l’aspetto di aerei di linea con ali e carrello.
Venti ore di autonomia a 5 mila metri di altezza
Il loro peso è compreso tra tra pochi grammi e 600 chilogrammi. La loro altezza può raggiungere i 4 metri, la maggior apertura delle loro ali è di 20 metri. L’autonomia massima di volo è di 20 ore e la massima altezza raggiungibile è 5 kilometri. In campo civile trovano impiego nell’industria di giocattoli e del tempo libero, ma soprattutto in tutti i casi di operazioni di utilità pubblica per i quali i siano necessari rilievi aerofogrammimetrici quali interventi di soccorso.
Ma anche ricerca di dispersi, consegna di materiali e medicinali, ispezione di linee aeree, di impianti fotovoltaici e eolici, di oleo e gasdotti, prevenzione e spegnimento di incendi, controllo dell’immigrazione clandestina, monitoraggio di siti archeologici e dei movimenti della fauna selvatica, tutela dell’ambiente terrestre e marino, documentazione di danni da terremoti e inondazioni.
Ricercano dispersi, consegnano medicinali, ispezionano impianti fotovoltaici e eolici
In campo militare i droni svolgono missioni ISTAR (Intelligence, Surveillance, Target Acquisition, Reconnaisance) mediante documentazioni fotografiche o televisivel di postazioni, di movimento truppe, di obbiettivi fissi e mobili. Vengono impiegati in operazioni di bombardamento di obbiettivi nascosti, di correzione di tiro di postazioni a terra, e in attacchi al suolo con i droni spalleggiabili, portati e manovrati cioè anche da un solo uomo.
Possono essere sfruttati come “droni bersaglio” per attirare l’attenzione del nemico su zone prive di interesse strategico e poterlo successivamente colpire. O come “loitering munitions” (munizioni circuitanti) alla ricerca di postazioni nemiche in zone difficilmente raggiungibili via terra. Oppure come “sciami” cioè in folto gruppo, per disorientare le difese nemiche.
Attualmente i droni vengono prodotti in 54 Nazioni. Alcune (Armenia, Croazia, Finlandia, Georgia, Libano, Malesia, Peru, Slovenia, Tunisia) contano solo una fabbrica. Mentre altre ne hanno ognuna alcune decine (U.S.A. oltre 100, Federazione Russa 55, Cina 41, Pakistan 38, Israele 37, Gran Bretagna e Brasile 32, Germania 28).
Tecnologie avanzate per Russia e USA. Ma non solo
Assai numerosi sono i tipi di droni che sono prodotti da tali Nazioni. I più importanti ed efficaci sono quelli militari della Federazione Russa e degli U.S.A.. Russi sono attualmente i droni da ricognizione Lavochkin LA 17, Tupolev Strizh e Reys (di vecchia produzione) e i moderni Zastava 3, Eleron 3V, Takhion, Tipchak, Zala 421 e Granat 1. Oppure da combattimento Kub-la Zala, V Tol Zala, Sirlus, Luch Korsar, Grom, Lavochkin 47, Skat 3, Mikojan. E soprattutto Okhotnik S70, Orion Kronstadt 2 , Ferpost R e Orlan 30, armati con missili a testata termobarica e bombe teleguidate o a caduta libera.
I più diffusi droni statunitensi da ricognizione sono il Fire Scout MQ8, il Kamok, il Yellow Stripe, l’ Hell’s Wings, l’SP2 Knock e gli X 37 e X47B Grumman e il Phoenix Ghost. E, da combattimento, i Predator 9 (MQ 9 Reaper) e C (Avenger), i Blak Hornet 3, i Global Hawk, gli Shadow 200, i Grey Eagle MQ1, i Mojave. I Raven spalleggiabili e gli Switchblade armati con missili Hellfire di nuova generazione. Anche altre Nazioni hanno prodotto droni militari, fra le quali la Francia (lo Sperwer B), la Slovenia (il Bramor), la Cina (il Dij Mavic).
Decine di sigle, nomi e progetti
Inoltre l’lran (gli Shahed 141 e 197 e l’ Ababil 2), la Turchia (il Bayraktar TB2). E soprattutto Israele (il Sarcher II , il Mastiff 10, lo Scout 1, l’ Heron TP, l’Hermes 900 FE e il Bird Eye 400). Altri droni vengono prodotti in collaborazione tra varie Nazioni, come lo Skyweller (Italia, Spagna, U.S.A.) alimentato a energia solare, l’Eurodrone (Germania, Italia, Francia, Spagna). Inoltre il Neuron (Francia, Svezia, Svizzera, Italia, Grecia), l’Euromale RPAS (Germania, Francia, Italia, Spagna) e il Male 2025 (Germania, Francia, Italia, Spagna).
Le aziende leader sono americane
Le più importanti aziende produttrici di droni sono le statunitensi GAAS General Atomics, Nortropp Grumman, Boeing, Aero Vironment, AAI Textron. Le israeliane Gadfin, Elbit Systems, Tadiram, IAI (Israeli Aerospace Industries). La turca Baykar, le russe Zala, Grom, UZGA e la DMZ del gruppo Kronstadt, l’iraniana Al Ben Ashj, la francese Dassault. Poi la svedese SAAB. Ma anche la svizzera Ruag, greca Hai, slovena Astral, le tedesche Daimler Benz, Gross Aerospace, ThyssenKrupp, Henkel.
In Italia un mercato conteso tra una decina di produttori
In Italia le più importanti sono Piaggio Aerospace, Alpi Aviation, Vitrociset, Italdron, Aermatica, Alenia Aeronautica. E soprattutto la Leonardo Finmeccanica e la Selex Avionica Galileo, che complessivamente producono oltre 1500 droni all’anno. In prevalenza del tipo a uso civile, internazionalmemte riconosciuti come di alta tecnologia e qualità.
I principali tipi di droni prodotti dall’Italia sono i minidroni Asio B e Spyball 3 spalleggiabili, gli Eachine 520S, i Tomzone. Per uso militare, i Mirach 26, 30 e 150 della Selex Galileo. Anche il Crex B e il Falco Explorer della Leonardo, i P1HH Hammer Head della Piaggio, lo Strix spalleggiabile della Alpi Aviation, il Sixton della Vetrociset. Attualmente (2020) l’Esercito italiano ha una dotazione di oltre 30.000 droni di varia provenienza, 2/3 dei quali di produzione nazionale e 1/3 di produzione U.S.A. (Reaper, Global Hawk, Shadow 200, Raven) oltre a due Bramor C4 sloveni.
Gustavo Ottolenghi