Estate ’59.
Reduce dal premio Nobel e da tante altre cose, Hemingway, appassionato di corride, accetta l’invito della rivista Life per scrivere una cronaca della stagione delle corride, la Temporada, che va da marzo ad ottobre. Diciamo la verità, un “marchettone” dell’epoca! Nascono così una serie di articoli che diventeranno poi una “Estate pericolosa”, pubblicato nel 1982. È il diario di un viaggio di otto mesi tra le terre di Spagna, tra corride, paesaggi, soste, alberghi, vino tinto, tanto, e sangue, eroi , corse nella notte…il tutto a bordo di una Lancia, una Aurelia berlina. È un omaggio – gratuito e inaspettato – a una marca automobilistica da parte di un testimonial d’eccezione. Dopo “il vecchio e il mare” … il “vecchio e la Lancia”, ci verrebbe da dire. Il volume fa parte delle Edizioni Oscar Mondadori. Ecco l’intervista di fantasia.

1- Mister Hemingway, Lei nel ’59 va in Spagna per la rivista Life e il viaggio inizia subito con una Lancia …curioso no ?

Sbarcammo a Le Havre in un casino di fotografi e giornalisti d’ogni tipo e vi trovammo Mario Casamassima con una vecchia Lancia . Mario era un corridore automobilistico, un regista televisivo alle prime armi e sapeva caricare il portabagagli sul tettuccio della Lancia come il dorso di un mulo, assicurare le valigie con una fune e sorpassare, nonostante la resistenza opposta all’aria da quella gobba, ogni prodotto messo in strada dalla Mercedes. ( pag 15-16).

2 -Un consiglio di viaggio, Sig Hemingway, per chi mai volesse mettersi in viaggio in compagnia, c’è un suggerimento particolare che ci vuole dare … ?

Se volete viaggiare in allegria, come piace a me, trovatevi dei bravi italiani come compagni di viaggio. Noi eravamo con due dei migliori con una buona Lancia ben stagionata che si arrampicava sul versante della verde vallata del Bidassoa tra i castagni e la nebbia sempre più rada, tanto da farmi capire che dopo il Col de Velate, quando avremmo iniziato la tortuosa discesa verso l’ altopiano di Navarra, il cielo sarebbe stato sereno. (pag 5).

3 – E invece quell’autista… quello del segno della croce … ci dica di lui

Avevamo caricato i bagagli e stavamo uscendo dal cortile per immetterci nel viottolo che portava all’autostrada quando l’autista si fece il segno della croce.

– C’è qualcosa che non va? gli chiesi.

Si era già fatto il segno della croce la prima notte che avevamo viaggiato da Algeciras a Malaga, e allora io avevo pensato che dovevamo essere passati davanti a un luogo dove era successo qualcosa di terribile e che per questo lui avesse tenuto quell’atteggiamento di doveroso rispetto. Ma adesso era uno splendido mattino, e si partiva su una bella strada per una breve corsa fino alla capitale, e io sapevo dalla sua conversazione che quell’uomo non era particolarmente devoto.

– No nulla – disse

– Solo che si arrivi sani e salvi a Madrid –

Non t’ho assunto per guidare a furia di miracoli, pensai, ne esclusivamente per intervento divino. Il guidatore dovrebbe contribuire con una certa dose di metier e di sicurezza, e controllare accuratamente le gomme, prima di invitare Dio a fare da secondo pilota. (Pag 26-27).

4 – E come finì ?

Arrivammo sani e salvi a Madrid dopo un viaggio azzardoso per la Mancia e le steppe della Nuova Castiglia e l’autista, senza pregiudizio, fu rispedito a Malaga quando scoprimmo davanti all’ingresso dell’hotel Suecia che non sapeva parcheggiare una macchina in città. Alla fine gliela parcheggiò Bill Davis, che prese il suo posto al volante per il resto dell’anno. (Pag 27).

5 – Una sosta tra le tante… ci dica di quel vinello che non ricordo come si chiami… quella volta che ?

Alle prime luci del mattino Bill e io partimmo per tornare in macchina a Madrid. Le ragazze avrebbero dormito fino a tardi e poi sarebbero andate a Malaga con la piccola Volkswagen grigia lungo la bella strada che passa da Antequera, per raggiungerci più tardi a Granada…Viaggiando verso Madrid tra nuvole basse e sotto una pioggia sferzante, del paesaggio non si poteva vedere niente, tranne che in qualche squarcio di sereno … Ci fermammo a far benzina e a bere un bicchier di vino e a mangiare una fetta di formaggio e qualche oliva nel bar della stazione di servizio, e a ordinare una tazza di caffè nero. Bill non beveva mai vino quando guidava, ma io tenevo in fresco nella borsa del ghiaccio una bottiglia del leggero rosado di Campanas e con quel vino innaffiavo un po’ di pane con una fetta di formaggio mancego. (Pag 38-39).

6 – Preferisce viaggiare di giorno o di notte … ?

Non ho mai gradito mettermi in viaggio dopo una corrida, ma avevamo i tori l’indomani alle cinque ad Alicante sul Mediterraneo e il giorno successivo alle sei a Barcellona e l’altro ancora alle cinque a Bourgos. Bisogna vedere le distanze su una mappa con le curve di livello e conoscere le strade per sapere cosa vuol dire… Gran parte della strada per Teruel non è mai stata rifatta a dovere dopo la Guerra Civile.

Era un nastro d’asfalto stretto e tagliuzzato, rischioso da percorrere di notte a qualsiasi velocità, ma era anche l’unica via che avessimo per raggiungere il Mediterraneo. La percorremmo al buio, alla massima velocità consentita dalla sicurezza, o anche un po’ oltre, e ci trovammo tutti al Government Hotel nella parte settentrionale di Teruel…

– Riuscirai a dormire, adesso, di qui in avanti?

– Certo. Abbasserò il sedile e dormirò fino ad Alicante.

Per me è meglio viaggiare di notte e dormire di giorno. Se dormi di notte puoi svegliarti in preda allo spavento. Se ti svegli di giorno ti svegli contento. ( Pag 69-70).

7- E ci dica dello strano soprannome dato alla vostra Lancia.

La Lancia che avevamo battezzato “ la Barata“, l’economica, filava ch’era un piacere divorando la ben nota via del nord. Ci fermammo nella vecchia taverna di Burgos affinché il nostro ex-autista Mario, che aveva portato la Lancia da Udine, potesse mangiare le trote del torrente che, scendendo dai monti della Castiglia, passa oltre la città. …

Mario compì molto in fretta la distanza tra Bourgos e Bilbao. Era un pilota da corsa e questo, in teoria, avrebbe dovuto rassicurarci, ma ogni volta che guardavo il tachimetro mi sentivo il sudore scorrere sui fianchi.

Su la Barata c’erano tre clacson. Uno voleva dire largo che arriviamo. Funzionava benissimo, ma dopo il nostro passaggio vedevo gli asini, le capre e i loro padroni che continuavano a guardarsi intorno aspettando l’arrivo del treno. (Pag 133)

7 bis – Abbiamo iniziato la nostra intervista parlando della sua Lancia, che sarà anche stata stagionata ed economica, ma a un certo punto del viaggio vi fa fare pure bella figura …chiudiamola con un elogio…

Prendemmo delle buone stanze al Carlton, che è un ottimo albergo. Quella di Bilbao è una feria molto importante, seria e danarosa come non ce ne sono altre, e i toreri portano giacca e cravatta. Eravamo in tournée da tanto tempo che ci sentivamo fuori posto in quel’ atrio elegante, ma la Barata salvò il nostro prestigio. Era la più bella macchina della città.” (pag 134) (foto archivio RCS).

Eraldo Mussa

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