E’ in corso una formidabile campagna elettorale a livello mondiale, neanche tanto sotto traccia. Non ne parlano in molti anche se sono in ballo i destini geopolitici del futuro del Villaggio Globale. A vent’anni esatti dall’incontro a Pratica di Mare, nel maggio del 2002, tra Bush e Putin con Silvio Berlusconi nel ruolo di ispiratore, promotore e realizzatore di quell’evento che avrebbe potuto cambiare le sorti del pianeta, Stati Uniti e Cina cercano di riprendere “il filo” dei ragionamenti. Ovviamente immaginando un futuro a breve-medio termine con due ottiche diverse.
A caccia di consenso e nuovi alleati
La campagna elettorale per strappare i consensi dei vari alleati storici o prospettici è in piena esecuzione. I due leader, da una parte Xi Jinping e dall’altra Joe Biden, direttamente o tramite i propri fidati ministri degli esteri, stanno percorrendo migliaia di chilometri intorno al mondo per “comprare” il consenso e le alleanze di molti paesi. Stanno tessendo la tela delle nuove geo-mappe, in vista di una nuova “Guerra Fredda” post conflitto russo-ucraino. Insomma, il “Grande Gioco” è in pieno svolgimento. Alla sfida occidentale guidata dagli Stati Uniti e denominata IPEF (Indo Pacific Economic Framework) ha risposto subito la Cina con il CDV (Common Development Vision).
Se gli Stati Uniti vogliono in qualche modo arginare l’ascesa cinese nell’Indo-Pacifico, i cinesi, stanno approfittando della “distrazione” russo-ucraina per consolidare la loro area di influenza politica ed economica proprio nel Pacifico. Il piano d’azione immaginato e ufficializzato da Xi Jinping lo scorso aprile, prevede una strategia a cinque anni. Questo da un lato permetterebbe a Pechino di addestrare le polizie locali degli alleati sul fronte della sicurezza interna. Dall’altro lato, di consolidare una cooperazione in diversi settori dall’informatica fino alle infrastrutture fisiche e digitali.
Puntare su stabilità politica, lauti affari e sicurezza militare
Entrambi gli schieramenti puntano sullo stesso slogan elettorale “Global Security Initiative”, una promessa di stabilità politica, lauti affari, sicurezza militare. Il presidente americano Joe Biden ha incontrato nelle ultime due settimane, a Tokio, al vertice del Quad i capi di stato di Giappone, India e Corea del Sud, pianificando collaborazione militare e aiuti economici. La notizia è circolata proprio in queste ore.
Il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha iniziato un lungo viaggio attraverso otto paesi e che durerà dieci giorni, fino al prossimo 4 giugno. Il braccio destro di Xi visiterà i governi delle tante micro isole del Pacifico come le Figi, le Kiribati, la Papua Nuova Guinea, la Samoa, Timor Est, Tonga, Vanuatu, le isole Cook, Niue e gli stati federati della Micronesia. In questi dieci giorni Wang Yi avrà colloqui con i capi di stato di questi piccoli paesi per garantire loro sicurezza e sviluppo del business.
La Cina punta a soppiantare il ruolo degli Usa
Dobbiamo tenere conto che la Cina recentemente ha già ottenuto un grande risultato politico, apparentemente marginale ma sostanzialmente importantissimo come segnale per scalfire l’unità dell’alleanza dei paesi amici degli Stati Uniti. Ha concluso il primo accordo politico e militare con le isole Salomone, un ex alleato di Washington. “Il più grande errore strategico dell’Australia dalla Seconda guerra mondiale” ha dichiarato la ministra degli esteri australiana Penny Wong, rappresentante del neo eletto governo laburista locale.
Il “forellino” della diga delle isole Salomone, a soli duemila chilometri dalla costa orientale australiana, potrebbe innescare un effetto domino. E assicurare a Pechino tutta una serie di nuovi alleati in quello scacchiere. Il timore di Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda risiede proprio nel considerare tale accordo come il primo passo di Pechino per costituire una rete di basi militari nel Pacifico, a pochi passi dall’Australia e dalla Nuova Zelanda. Si stanno riscrivendo dunque le alleanze, le regole del gioco, la governance del mondo nel post guerra russo-ucraino.
Europa distratta e sonnambula
L’ISPI (l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) ha lanciato un grido di allarme, cercando di svegliare i distratti e sonnambuli media europei, tutti concentrati sul conflitto ucraino. La Cina, il disegno è ormai chiarissimo, propone una serie di nazioni, anche molto piccole, il format messo in pratica in Africa. Ovvero garantire sicurezza, protezione e investimenti per soppiantare il ruolo americano di garante della pace e dei traffici.
I sei punti del piano cinese per conquistare i piccoli Stati
Cercando di leggere tra le righe dei comunicati ufficiali si rileva che il piano cinese si basa su sei punti. Primo sicurezza comune e sostenibile. Secondo rispetto di sovranità e integrità di tutti gli stati con il relativo principio di non-interferenza. Terzo rispetto del ruolo dell’Onu e “rifiuto della contrapposizione tra blocchi”. Quarto rispetto delle istanze di sicurezza di ogni paese. Quinto risoluzione delle differenze di visione o dei possibili contrasti, con il dialogo politico e senza il ricorso a sanzioni economiche. Sesto coordinamento collegiale sul terrorismo, la cyber security e i cambiamenti climatici. Una piattaforma affascinante, per certi versi quasi incredibile se teniamo conto che è stata scritta a Pechino da un governo autocrate e poco rispettoso dei diritti civili e politici in generale.
Nella corsa tra Cina e Usa, l’Europa non c’è
I pilastri del progetto americano, denominato IPEF, sono quattro. Immaginano e disciplinano una economia mondiale “connessa”, “giusta”, “resiliente” e “pulita” con l’obiettivo di una crescita globale inclusiva, tutela del clima e lotta alle disuguaglianze. L’immagine dei due ministri degli esteri Wang Yi e Antony Blinken che negli stessi giorni, quasi gomito a gomito, sorvolano lo stesso oceano e si dividono le visite istituzionali con i piccoli staterelli delle isole del pacifico, è significativa per farci capire cosa stia succedendo nel Far East e quale sia la posta in gioco. In questo ridisegno delle geo mappe del mondo, da europei, ci dovremmo preoccupare molto della nostra latitanza, più o meno consapevole, in questo “Grande Gioco”.
Nei prossimi mesi vedremo se Biden e Xi, come ha osservato Maurizio Molinari su La Repubblica, convergeranno verso una real politik ispirata agli scritti dell’ex segretario di stato americano Henry Kissinger, l’artefice del disgelo tra Nixon e Mao negli anni ’70. In caso contrario, ci saranno problemi per tutti! Sarebbe auspicabile che Bruxelles non stesse alla finestra.
Riccardo Rossotto